Mirandola negli anni 50 – Cucine “all’americana” e televisori (quasi per tutti”)- Lambrette, vespe e la mitica 600. Cap.II°

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Cucine ‘‘all’americana” e televisioni (quasi) per tutti

Nei primi anni Cinquanta, a Mirandola due terzi della popolazione attiva è formata da uomini, mentre le donne sono in gran parte dedite alle attività domestiche ed alla cura dei figli. Anche in questo caso, tuttavia, non mancano i segnali di cambiamento: le casalinghe, che nel 1951 sono 4.884, calano a 4.462 dieci anni dopo, un dato che potrebbe sottendere il progressivo ingresso delle donne in ambiti lavorativi non domestici.                                                                                                                            Le spinte al cambiamento sembrano inarrestabili e toccano ogni strato sociale ed ogni aspet­to della vita quotidiana. Il graduale aumento del benessere, che diventerà vero e proprio “boom” soltanto alla fine del decennio, porta a modificare gli stili di vita, l’abbigliamento, l’alimentazione. La carne si fa largo sulla tavola dei mirandolesi: il consumo prò capite passa dai 22,4 kg del 1959 ai 24,8 kg del 1961, per arrivare ai 34,1 kg del 1967. La carne viene preparata soprattutto in “fettine”, veloci da cucinare rispetto ai più laboriosi umidi e stufati e quindi più rispondenti ai ritmi accelerati degli orari di fabbrica. Aumenta il consumo di carne bovina, ma soprattutto quello di cavallo e di maiale.

I giovani frequentano i bar, ascoltano musica dai juke-box, vanno al cinema e la domenica si ritrovano alla sala da ballo “Garden”. E fumano parecchio. Il consumo di tabacco a Mirandola aumenta da un valore complessivo di 193 milioni di lire nel 1951 -52 a 301 milioni nel 1961 -62

Il focolare domestico non è più rappresentato dal camino ma dalla cucina, che la diffusione del gas metano avrebbe contribuito a trasformare. Al fornello a gas appoggiato su un mobiletto su­bentra la cucina “all’americana”, che va corredandosi di elettrodomestici di ogni tipo. Sono questi cambiamenti che consentono alla Fonderia Ghisa Mirandola, in quegli anni collegata ad importanti industrie italiane di elettrodomestici e riscaldamento, di crescere ed aumentare fatturato e numero di dipendenti. Lavorare in Fonderia, per i giovani mirandolesi, rappresenta ormai una garanzia per il futuro.

Ma verso la fine degli anni Cinquanta è anche un altro focolare a scaldare le sere dei mirandole­si: la televisione. Le trasmissioni in Italia iniziano ufficialmente la mattina del 3 gennaio 1954, dopo alcuni anni di sperimentazioni. A Mirandola il numero degli abbonati alla tv subisce un’impennata, passando dai 284 del 1957 ai 651 del 1959, anno che vede la città dei Pico soccombere a Vasto in una puntata della popolare trasmissione “Campanile Sera” di Mike Bongiorno. Nel 1961 gli abbonamenti alla televisione diventano 1.272 e nel 1966 addirittura 3.897, collocando Mirandola al terzo posto (dopo Modena e Carpi) come numero di abitanti per abbonamento tv (5,6). In pratica, due famiglie su tre possiedono un abbonamento. Continuano a crescere, nel frattempo, anche gli abbonamenti alla radio (dai 3.945 del 1957 si passa ai 5.660 del 1966) e al telefono, che fino all’inizio degli anni Cinquanta non era presente in tutte le frazioni.

Lambrette, vespe e la mitica 600

Con il graduale aumento del benessere cominciano a diffondersi nuovi mezzi come la Vespa e la Lambretta, che sostituiscono progressivamente la bicicletta negli spostamenti per il lavoro e lo svago. Tra gli appassionati dell’uno e dell’altro modello si crea una bonaria rivalità, che ricorda quella delle popolarissime sfide tra Coppi e Bartali.

Sul finire degli anni Cinquanta, ad accendere la passione è anche la Fiat 600, prima utilitaria a divenire concretamente il simbolo di un’aspirazione di massa. A rendere possibile quello che per gli stipendi medi resterebbe comunque un sogno sono soprattutto l’acquisto a rate e le cambiali. La 600, presentata il 10 marzo 1955 ed immessa sul mercato al prezzo di 590 mila lire (circa ottomila euro di oggi), viene venduta in 2.700.000 esemplari, diventando la prima utilitaria italiana a larga diffusione. Nel 1957 alla 600 viene affiancata la più economica Fiat 500, che contribuisce a sua volta a realizzare l’ambizioso progetto del direttore della Fiat Vittorio Valletta di «mettere gli italiani su 4 ruote».

In provincia di Modena tra il 1954 ed il 1961 le auto in circolazione quadruplicano, collocan­do la provincia al primo posto, insieme a Bologna, nella classifica di auto per abitanti (una ogni 14 nel 1 9 6 2). La “capitale modenese dell’automobile” è però Carpi, dove il settore della maglieria sta fortemente trainando i consumi: non è dunque un caso che la ditta Mario Grossi, per espandersi, decida di aprire una seconda concessionaria Fiat proprio nella città dei Pio, in viale Nicolò Biondo.

L’altra faccia della motorizzazione è rappresentata però dagli incidenti stradali, che a loro volta subiscono un’impennata, imponendo alle amministrazioni pubbliche una maggiore attenzione alla manutenzione delle strade e alla regolazione del traffico. Alla fine del 1967 l’Amministrazione di Gherardi decide di installare due semafori a nord dell’abitato (uno in fondo alla piazza, nei pressi della Chiesa della Madonnina e l’altro in corrispondenza dell’incrocio del Dancing “Garden”); ma la realizzazione dei due impianti, cui seguirà quello a sud del capoluogo, presso le Scuole Elemen­tari, dovrà attendere fino al 1970, per le polemiche sollevate in città.

Fabio Montella

Tratto da: Un secolo di imprese – 100 Anni di attività economica a Mirandola attraverso i documenti.

Edito da: Comune di Mirandola e Centro Studi Numismatici e Filatelici di Mirandola.

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