Fonderia Ghisa – La scomparsa del mestiere di formatore e l’introduzione dei primi sistemi semiautomatici di formatura – Capitolo sesto

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La scomparsa del mestiere di formatore e l’introduzione dei primi sistemi semiautomatici di formatura

Nel giro di pochi anni (1952) viene introdotta la prima coppia di Meriglier che introdurrà il primo sistema di formatura semiautomati­co.

Al posto del formatore si affermeranno altre professionalità con compiti di controllo, mantenimento, funzionamento e manu­tenzione dei più moderni impianti.

In poco tempo si assisterà alla scomparsa del mestiere di formato­re.

La scomparsa di un mestiere faticoso e nocivo come quello del for­matore non è sicuramente negativa, anzi!

È sufficiente sottolineare come la nascita e la scomparsa di un me­stiere non dipende dalla volontà di chi ne detiene l’abilità per prati­carlo, ma da leggi economiche e di mercato, e da sistemi organiz­zativi, che vengono determinati altrove e da altri.

È giusto rimarcare inoltre come la scienza e la tecnica non abbiano sempre operato per la eliminazione e la scomparsa dei lavori più nocivi, pesanti, pericolosi e disagevoli, e come, quando ciò è anche avvenuto, lo stimolo provenisse essenzialmente da ragioni di con­venienza, da esigenze di mercato, di contenimento dei costi.

In generale, l’organizzazione capitalistica del lavoro e la ricerca scientifica hanno fatto passi da gigante in termini di automazione, molto spesso o quasi sempre, dove si registravano convenienze economiche, la necessità di controllo, possibilità di espropriazione del mestiere che favorissero elementi di dipendenza degli operai ri­spetto il sistema delle macchine, lasciando immutate condizioni, modalità di lavoro e mansioni, la esecuzione delle quali è a volte al limite della sopportabilità.

L’introduzione delle formatrici meccaniche e delle Meriglier ac­compagnata da una più attenta, razionale e vigile organizzazione complessiva del lavoro, sono comunque i fattori decisivi del salto imprenditoriale determinatosi agli inizi degli anni ’50 e che farà in­serire la fabbrica nelle “grandi fonderie”, oltre ad aprirle la strada a nuovi e più avanzati processi produttivi e a creare i presupposti per iniziare i lavori del nuovo stabilimento di Via Curiel.

Nel 1954 si dà inizio infatti al progetto di ampliamento: una parte dell’azienda viene trasferita nei nuovi capannoni dove troveranno lavoro, oltre a quelli impegnati nella vecchia sede, una ventina di operai.

Con il 1956 si completerà il trasferimento degli impianti e della manodopera.

Nel 1957-58 viene installato il primo impianto semiautomatico a ci­clo continuo che costituirà un ulteriore avanzamento dei processi di innovazione tecnologica e di automazione.

Se con le formatrici meccaniche era l’operaio ad imprimere il ritmo alla produzione, con l’introduzione del semiautomatico è la veloci­tà della giostra a generare il ritmo degli operai.

Con questo nuovo sistema viene parcellizzato ulteriormente il lavo­ro e attribuite ad ogni operaio, collocato sul perimetro delia “gio­stra”, funzioni specifiche che richiedono una sempre minore pro­fessionalità e abilità.

Da quel momento ogni operaio della linea avrà particolari e specifi­che mansioni: vi è l’addetto alla pulsantiera della formatrice, il sof­fiatore degli eventuali grumi rimasti nella forma, il posatore delle anime, l’addetto alla cernita dei colati.

L’area di intervento del singolo lavoratore nel processo di formatu­ra, viene ulteriormente delimitata affinchè esso si specializzi in particolari mansioni.

Viene comunque, e questo occorre ricordarlo per evitare fraintendi­menti, ridotta di molto la fatica fisica, e per il settore siderurgico dove già insistono dati ambientali nocivi, e negativi quindi per la salute, ciò rappresenta già un risultato di notevole rilievo.

La drastica riduzione della fatica in una situazione di stazionarietà o di non miglioramento dei dati ambientali generali (temperatura, polveri, umidità, ecc.) può rendere più sopportabile il lavoro.

La fine degli anni ’50 non è tuttavia decisiva solamente per il futuro tecnologico dell’impresa; intervengono anche mutamenti di indiriz­zo politico, precedentemente avviati agli inizi degli anni ’50, che sconvolgeranno i rapporti di classe preesistenti tra classe operaia e direzione della fonderia.

La F.G.M. tra la fine del ’58 e l’inizio del ’59 sarà infatti teatro del più lungo e rabbioso scontro tra lavoratori e azienda che si ricordi a Mirandola dail’inizio del secolo.

Per cominciare a parlare della lotta del 1959 occorre tuttavia ac­cennare alla situazione generale che nell’intero paese si era venuta a determinare alcuni anni prima.

Nel momento cruciale e di massima espansione della fonderia, che va dal 1951 al 1958, periodo in cui si operano le due più importanti trasformazioni tecnologiche, (dalia formatura a mano si passa a quella meccanica e si immette il primo impianto semi-automatico) si aumenta il prodotto colato, sia nel tonnellaggio giornaliero che nella produzione oraria individuale, si allarga l’organico, si da vita al nuovo stabilimento di Via Curiel.

Questo periodo corrisponde, o meglio rientra pienamente, in quella prima fase dello sviluppo economico e industriale del nostro paese dall’espansione facile, caratterizzata da un repentino e rapido svi­luppo, soprattutto nelle regioni settentrionali, facilitato anche da condizioni politiche, sociali ed economiche di grande stabilità che formerà le basi per la crescita industriale italiana.

“Nonostante la guerra perduta, l’Italia potrà in quegli anni assicu­rarsi un mercato ampio, ricco e in espansione: un sogno che gli imprenditori italiani per anni avevano vanamente rincorso. Accadde che l’Italia, aprendo, attraverso l’adesione al Mec e gli accordi con gli Stati Uniti, la sua economia alla concorrenza internazionale da un lato contribuì al suo rapido e intenso sviluppo; dall’altro rese piu acuti e stridenti gli squilibri esistenti, accentuando il dualismo accompagnatosi al processo di sviluppo economico dell’Italia uni­taria. Mentre l’industria centro-settentrionale si apriva alla concor­renza internazionale dopo essere stata protetta per un lungo perio­do, durante il quale aveva consolidato le sue posizioni, quella meri­dionale era colta dal nuovo corso della politica estera economica italiana, non piu protezionistica, ma liberistica, nella fase degli ini­zi o in quella della semplice impostazione. L’urto non poteva esse­re piu drammatico e scoraggiante. Lo slancio della vita economica italiana nel primo quindicennio postbellico, determinato soprattut­to dal settore industriale legato alla struttura della domanda e alla tecnologia dei paesi industriali più avanzati, avvantaggiò le regioni settentrionali, dove questo settore era prevalentemente localizza­to, stimolandole a uno straordinario processo di industrializzazio­ne, concentrazione e urbanizzazione.

Proprio questo processo di concentrazione, mentre ha consentito in queste regioni un alto saggio d’incremento del reddito, aggravando il dislivello esistente con le regioni dove il progresso indu­striale e stato piu lento o è mancato del tutto, ha determinato nelle medesime regioni un aumento dei salari”.

E in questo panorama nazionale che si inserisce e si innesta l’espansione e la rapida crescita della fonderia.

La fabbrica da artigiana diventa un vero e proprio complesso industriale.

La nuova direzione composta da Concari (direttore tecnico), Soncini (direttore amministrativo) e Molinari (direttore commerciale genero di Focherini entrato in società nel 1951) ritiene che una grossa impresa si debba condurre sia a livello tecnologico che nei rapporti con le rappresentanze dei lavoratori, in termini “industriali”.

Erano passati i tempi, in cui Italo Focherini di fronte agli operai che erano entrati in sciopero per una vertenza di cui il direttore aveva ritenuto di non informarlo, veniva al balcone prospiciente Via Verdi e chiedeva loro: “Cosa c’è, perchè non siete al lavoro?”

I rappresentanti spiegavano la situazione dopo di che il padrone rispondeva: ”Ma dategliele quelle due lire”.

La fabbrica era cambiata e con essa anche i tempi.

Tratto da: Il Lavoro e la Memoria – Fonderia Ghisa Mirandola 1935-1982

A cura di Vittorio Erlindo

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