Ingredienti:
PER UN KG DI POLENTA:
400 gr. di farina gialla sale grosso q.b.
Basta un pizzico di sale e poi si versa dolcemente la farina gialla nell’acqua (un litro) della pentola di rame, il paiolo, la stagnàda, già calda (ma non bollente), e anche questa operazione va compiuta con molta calma, per fare in modo che la farina entri nell’acqua poco per volta, al fine di evitare che si formino i grumi, che in dialetto si chiamano balòcch, che renderebbero l’impasto non omogeneo.
In verità, oggi, al posto del paiolo quasi tutti usano tegami larghi con le pareti svasate dal fondo antiaderente. Poi si mescola il tutto piano piano, con un grosso cucchiaio di legno, oggi anche con una frusta d’acciaio, che va usato sempre in un solo senso. Molti usano il senso antiorario. Durante questa operazione è bene avere comunque a disposizione dell’acqua salata bollente pronta per essere aggiunta se l’impasto diventa troppo solido, fiss.
Il tempo di cottura varia anche in relazione alla consistenza che si vuol dare al prodotto: più si cuoce più l’impasto diventa duro (ovviamente per cotture prolungate è necessaraio aggiungere altra acqua); per una polenta morbida sono sufficienti 50 minuti di cottura, ma si può arrivare anche fino a un’ora e tre-quarti.
Quando la polenta è pronta la si può versare, sempre con una certa delicatezza, sopra il tagliere, cercando di mantenere una forma tondeggiante regolare. Poi si deve aspettare un quarto d’ora, perché la polenta resta bollente per parecchio tempo.
Dopo che si è un po’ raffreddata, si può procedere al taglio delle fette. Per questa delicata operazione non si usano coltelli di ferro o di acciaio, perché la polenta l’an pol minga tuccàr al ferr (non può toccare il ferro) bensì, secondo tradizione, e anche per maggiore comodità, il taglio della polenta deve essere effettuato con un filo di refe, un filo di cotone abbastanza robusto.
Poi si porta in tavola ancora fumante, per la gioia di grandi e di piccini.
Tratto da “La cucina mirandolese” di Giuseppe Morselli – Edizioni CDL