Dello zampone si mangia tutto

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Cotenna compresa

Lo zampone è uno dei tanti fiori all’occhiello della tradizione gastronomica mirandolese; a dire il vero, oggi il 95% degli zamponi posti in commercio dai produttori di quasi tutta l’area padana si trova nei negozi specializzati e nei supermercati nella versione del precotto.

Lo zampone (assieme al cotechino) è uno di quei prodotti che le industrie fanno cuocere al punto giusto, poi vengono pastorizzati fino a perdere ogni traccia microbica, tanto che, avvolto nella carta stagnola, può durare tran­quillamente anche per più di un anno. Un tempo, invece, lo zampone richiedeva una cot­tura lunga e complicata: bisognava metterlo a bagno nell’acqua tiepida nella serata prece­dente il consumo, affinché la cotenna non dovesse rompersi durante la fase della cottura. Poi, il mattino seguente, lo zampone veniva collocato in acqua fredda nella apposita tradi­zionale zamponiera, una sorta di casseruola a forma ovale, in modo che l’acqua, ancora fredda, potesse coprire interamente il prezioso salume.

In tutte le case della buona borghesia e della nobiltà era presente una bella zampo­niera di rame, che veniva gelosamente pulita e affidata alle cure della padrona di casa.

Tornando alla cottura dello zampone, l’immer­sione doveva avvenire in acqua fredda, che veniva poi scaldata a fuoco lento. Una buona cottura dello zampone doveva durare almeno quattro ore e ogni tanto era necessario control­lare la possibile rottura della cotenna. Ecco perché era indispensabile il fuoco lento. Poi il fuoco, dopo la lunghissima cottura, veniva spento e con molto attenzione la razdóra toglieva lo zampone dall’acqua e lo poneva ad asciugare per alcuni minuti. A conclusione di tutto questo rituale, lo zampone veniva tagliato a fette non troppo sottili; forse quello che stiamo per dire potrà scandalizzare qualche giovane consumatore, ma dello zampone si mangia tutto, anche la cotenna, cioè la cosid­detta pelle: i buongustai della Bassa sono solito apprezzare non solo la cotenna ma anche quei pezzi di cotenna che stanno accanto agli unghietti del maiale.

Ad ennesima conferma del fatto che del povero suino non si butta via proprio nulla. Oggi, come accennato, la stra­grande maggioranza degli zamponi che si tro­vano in commercio fa parte della categoria dei precotti. Niente paura, lo zampone, anche nella versione precotta, non perde assolutamente nulla della sua bontà e dei suoi magnifici sapori. L’unico dispiacere dei vecchi mirandolesi deriva dal fatto che ormai questo prelibato salume si produce in quasi tutta Italia e non sempre gli zamponi che escono dalle fabbriche dell’Italia del Centro-Sud hanno la stessa qua­lità di quelli prodotti nelle aziende dell’Emilia o della Lombardia.

Da questa considerazione nasce il successo degli zamponi e dei cotechini targati Modena, che di recente hanno ottenuto il riconoscimento comunitario della IGP, che significa Indicazione Geografica Protetta, un marchio di sicura garanzia che ovviamente vale in tutti i paesi dell’Unione Europea. Per conclu­dere la lunga parentesi dedicata allo zampone, è giusto ricordare che qualche presunto buon­gustaio consiglia di non acquistare lo zampone precotto tagliato a fette. Probabilmente questi scettici hanno ragione: semmai sarebbe da mangiare così com’è, senza scaldarlo, come una normale fetta di salame. Ma una fetta di zam­pone freddo sarebbe come un’automobile senza motore, non vale nulla.

Tratto da “La cucina mirandolese” di Giuseppe Morselli – Edizioni CDL

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