Norina, Mamma a Nomadelfia – 1953, Ricordi di Don Zeno

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Don Zeno in questi anni lo vedevamo poco. Era spesso via.

Ci fu un periodo nel quale mi voleva sempre con lui ed erano sempre le ore più impensate. Non preavvertiva mai, arrivava e diceva: «Preparati e vieni con me». Prendevo con me il più piccolo che era Walter, un biondino molto bello e carino e ci teneva compagnia.

Quante volte diceva: «Andiamo nel tal posto», poi invece era tutt’altro.

Poi ci fu il periodo nel quale non andavo più via con lui, ma veniva a cena e la sua cena era alle ore piccole, sempre dall’una alle due e mezza di notte. Solo che la mia famiglia era cresciuta, avevo molti bambini e tanto lavoro, poi non dor­mendo di notte mi ero un po’ esaurita, di mangiare non ne avevo voglia. Un giorno dissi a don Zeno: «Se ti preparo la cena nel forno della stufa, tu puoi venire all’ora che vuoi senza farmi alzare da letto».

Mi disse che andava bene. Gli preparai apparecchiato, misi un biglietto sopra al piatto dove si trovava la cena, (perché era molto distratto) ma alle due sentii bussare alla porta. Era don Zeno, mi disse: «Norina vieni a farmi compagnia. La cena l’ho trovata, ma io con chi parlo?».

La mia proposta era andata male. Mi sedetti al tavolo dove mangiava, lui parlava, parlava, io lo definivo «un vulcano in eruzione».

Ma io più di tanto non riuscivo più a seguirlo, cadevo sul tavolo addormentata. Una di quelle notti mentre lui parlava e io sonnecchiavo, compare davanti alla porta padre Turoldo, era alto quasi due metri. Ebbi quasi paura, nel buio vederlo arriva­re tutto vestito di nero. Don Zeno si alzò, gli corse incontro e padre David Turoldo gli diede una manata sulla spalla che don Zeno quasi finì in ginocchio. Approfittai della presenza di padre David e andai subito a letto. Poi don Zeno capì che pro­prio non ce la facevo più e cambiò gruppo. Non venne più a cena all’Assunta, dove abitavo io, andò al Betlem Alto.

Incontrava continuamente sacerdoti, Vescovi, giuristi, stava scrivendo i suoi libri più belli e si consultava con parecchi.

Parlava sempre, in continuazione, di giorno, di notte sulla nuova civiltà che lui sognava: un popolo fraterno, tutti ugua­li. Sognava che la Chiesa e il Papa un giorno avrebbero rico­nosciuto Nomadelfia e ne parlava con tutti: preti, laici, Vescovi.

Tratto da: Norina – Mamma a Nomadelfia – Autobiografia di una madre di 74 figli.

Edizioni Nomadelfia

Anno 1998

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