Ieri pomeriggio, mentre mia moglie gironzolava per la piazzola, mi sono regalato un paio d’ore in mezzo alle bancarelle del libro usato in piazza XX Settembre.
Mi è sempre piaciuto soffermarmi tra i banchi a sfogliare vecchi libri e il toccare quelle pagine, lise dall’uso, è parte del piacere stesso di leggerli.
Ieri però ho indugiato presso un banco che esponeva vecchi “giornalini” (avete notato che questo termine, dai bambini di oggi, non viene più usato o ne danno un diverso significato?).
Un colpo al cuore la vista di alcune raccolte del Grande Blek “Macigno”!
Il trapper dal berretto di marmotta che con il dottor Occultis e Roddy erano gli eroi invincibili dei miei sogni di bambino, sempre e costantemente in lotta contro le Giubbe Rosse.
A leggere le mie note precedenti uno penserebbe che questo tipo di lettura non mi appartenesse.
Impressione del tutto sbagliata! Amavo, e amo, i fumetti, il Grande Blek e Capitan Miki in particolare.
Sapeste con che cura raccoglievo e mettevo da parte i miei piccoli risparmi provenienti, oltre che dalle mance, dalle creste che facevo sulla spesa, poca roba, 10 o 20 lire, per potermi permettere le loro avventure.
I miei soldini, quelli delle creste, li nascondevo dietro al piede a U del letto di mio nonno.
A questo proposito mi sovviene di quella volta che, al mio ritorno da scuola, mia zia Anna Rosa, venuta ad aiutare mia madre per le pulizie, mi prese da parte e, sorridendomi complice, nel mettermi nelle mani un gruzzoletto, mi disse: – Trovag un post più sicur! –
A quei piccoli giornalini a strisce, poche paginette ma quanto dense di stupefacenti avventure, e a quegli appuntamenti settimanali è strettamente legato il ricordo dell’Ave.
L’Ave era una donna energica e molto riservata, anche se non ha mai nascosta la sua ferrea fede comunista. Una tutta d’un pezzo. Credo vivesse sola con la figlia, Carla.
Credo, e spero, si capisca che questi sono ricordi frammentari e, in quanto tali, certamente suscettibili di errori e di inesattezze. Prova ne sia che non ho mai saputo, ora che ci penso, come facesse di cognome.
Per me era e rimane l’Ave.
Gestiva con la figlia l’edicola in piazza, proprio quella davanti ai portici dell’Unica.
Anche l’Ave abitava in via Milazzo, nella casa dopo la mia, al primo piano del civico 16.
La sua edicola non era certo bella come quella che c’è ora, era piccola e stretta e non ricordo fosse riscaldata.
Come mi piaceva quando mi faceva entrare a sfogliare qualche giornaletto. Credo proprio che risalga a quei tempi l’attrazione che provo tuttora per le edicole. Che bel lavoro, pensavo allora, fosse fare l’edicolante.
Alla solita e stupida domanda che si rivolge ai bambinetti: – Cosa farai da grande? – per molto tempo la mia risposta fu: – Voglio avere un’edicola! -.
Ogni volta che passavo di là il mio sguardo correva sempre alla sua vetrina, quella verso la bottega di Pinotti, dove esponeva la prima e l’ultima pagina della Domenica del Corriere, quelle con le illustrazioni di Valter Molino. Attraverso quelle due pagine, e a quei disegni, si allargava il mio occhio sul mondo.
Fu da quelle pagine illustrate che seguii, con timore ed apprensione per nuove guerre, la crisi di Suez e l’invasione dell’Ungheria.
Il ricordo dell’Ave però risale a molto tempo prima, quando mia zia Assunta (prima di sposarsi abitava ancora con noi) mi prendeva con sé ed andavamo a casa sua, dove era stata attrezzata una sala con quattro o cinque panche, per le riunioni dell’UDI (Unione Donne Italiane).
Di quelle “riunioni” ricordo il fitto e intenso chiacchiericcio di una sala piena di donne.
Io mi ci perdevo sfogliando e guardando le figure sull’unico giornale sempre presente in quella casa: Noi Donne.
L’Ave è stata il primo diffusore de L’Unità che ricordo venisse a casa nostra.
Aspettavo con ansia il suo arrivo, ogni domenica mattina.
No, non per il giornale, ma per il Pioniere, che veniva diffuso assieme il giornale.
Anche il Pioniere mi piaceva, non finiva mai di affascinarmi stuzzicandomi con le avventure di Cipollino e di Chiodino (fu proprio su quelle pagine che incontrai il mio primo Gianni Rodari).
Uno squillo improvviso mi distoglie dai pensieri. Marisa mi avverte di aver finito i suoi giri.
Ecco come, in una frazione impercettibile di tempo, mi sono trovato a viaggiare partendo dal Grande Blek per arrivare a Rodari, attraverso l’Ave.
Ci sarà mai un percorso logico nei ricordi?
Franco Gambuzzi