Questa mia ultima nota, parrà strano, ma è dedicata ad una lampadina.
Mi è già capitato altre volte affermare che i biscotti di Goldoni sono le mie “madeleines”.
Ancora oggi, intingendoli nel cappuccino, riascolto (sì, avete letto bene, “riascolto” è più corretto) gli odori e i sapori dell’infanzia.
Non so voi, ma a me capita anche con gli oggetti; se vedo una cosa che mi rimanda a un tempo passato, come per magia, del tutto naturalmente, mi parte l’embolia (è così che la chiama mia moglie) dei ricordi.
Che ci posso fare: a son fatt acs’è!
Mi è capitata una cosa del genere riclassificando le foto di Mirandola postate in rete.
Qualche mese fa Paolo, un caro amico di penna (si può ancora, in tempi di internet, dire “di penna”?), allegò una foto con la facciata della casa dove, oltre che esserci nato, ho vissuto la mia giovinezza.
L’attenzione mi è subito scappata sulla lampadina appesa ad illuminare la strada.
Sarà mai possibile dedicare qualche parola, anche solo poche righe, ad una lampadina?
Sol un matt!
Se questa ha rivestito una sia pur minima importanza nel tuo percorso di crescita, se ti permette di ricostruire, ricomponendo e riordinando, pezzi sparsi del tuo vissuto, penso proprio sia doveroso oltre che possibile.
La finestra della mia camera, quella che si vede al secondo piano (con gli scuri aperti) sopra il portone con i campanelli, veniva ogni sera illuminata dal basso da quella lampadina, tirata tra la casa dei Montagna e quella di fronte.
Cosa potrà mai ricordare una semplice lampadina per l’illuminazione stradale?
Il piacere della lettura.
Quanto mi piaceva la sera coricarmi sul letto (era proprio attaccato alla finestra) con la testa al posto dei piedi in modo da fruire, al buio, della luce emanata da quella piccola lampadina.
Amavo leggere immerso nel buio della stanza.
La fantasia, si sa, è amica del buio.
L’immedesimazione nella lettura mi permetteva di viaggiare attraverso luoghi inesplorati e vivere vite mai vissute ma da vivere.
Quella lampadina non ha solo illuminato mille millanta pagine, mi ha anche permesso di spiare e curiosare nelle storie di uomini tra i più diversi, tra costumi e usanze le più svariate, ovunque nel mondo, in ogni luogo e in ogni tempo.
Quella luce mi ha guidato nel mio percorso nel tempo, in quel breve tratto che è stata la mia adolescenza e poi la giovinezza.
Da quella cameretta, coricato sul letto e con le gambe accavallate per aria, ho seguito Passepartout nelle sue peripezie intorno al mondo e il capitano Nemo nel profondo degli oceani, ho rischiato la vita con Yanez in Malesia, ho visto Napoleone mentre abbandonava Mosca (ero Pierre, dietro ai suoi occhiali) e ho assistito alla sua sconfitta a Waterloo (ero con Fabrizio, nascosto dietro agli alberi), ho scoperto Calvino Steinbeck e Faulkner, ho riso fino alle lacrime con Don Camillo e con il buon soldato Svejk.
Mi capitava spesso, coinvolto in qualche lettura intrigante, di anticipare addirittura l’ora del letto, ma non del sonno.
Almeno fino a quando, regolarmente, ad ora tarda, giungeva dalla camera dei miei un perentorio:
-Smorsa la lus. Basta ad lessar, dorum! A lessar a l’orba t’at cunsum i occ!-
E’ proprio vero.
Agh vol sol un matt!
Ecco, caro il mio Paolo, vedi cosa ha potuto far riemergere la tua foto, la foto di una strada, anonima ai più, con una piccola lampadina tesa tra due muri, lassù, stagliata contro il cielo?
Franco Gambuzzi
P.S.: ho ritrovato il post di Giuliana Mecugni del 27 febbraio 2015 con il suo dipinto.
La mia Mirandola, non solo foto
Ho letto sull’Indicatore il ricordo di Franco Gambuzzi della SUA via Milazzo. Molto bello, tanto sentimento e tanta nostalgia. Da bambina e da ragazza non sono mai andata in questo quartiere di Mirandola perché abitavo ed abito tuttora fuori dal centro storico, ma poi da adulta ho avuto modo di frequentare il negozio del bilanciaio e del falegname di tale via e così sono stata via via attratta da questo piccolo borgo da cui si accede anche dal porticato di piazza Costituente. Anni fa partecipai ad un’estemporanea in cui si doveva dipingere qualcosa di Mirandola ed io scelsi proprio via Milazzo. Il risultato é questo che si può vedere ( c’é un po’ d’interpretazione nei colori) e lo dedico volentieri a Franco Gambuzzi che ringrazio per i suoi ricordi