San Martino Spino – Portovecchio e i cavalli

Commenti (0) San Martino Spino dei cavalli (V°Dep.All.Cavalli)

San Martino Spino: Centro Allevamento Quadrupedi anni 30-Militari

San Martino Spino Centro Allevamento Quadrupedi anni 30 Militari
San Martino Spino Centro Allevamento Quadrupedi anni 40 partita di tennis nel campo

La località era già nota ai romani. Posta alla confluenza dei fiumi Bondeno e Burana ebbe forse un palazzo-castello sulle fondamenta del quale, nei secoli XVI, XVII e XVIII fu innalzato l’edificio at­tuale. La denominazione Portovecchio deriva dal tempo in cui l’ap­prodo cadde in disuso. Certamente il luogo ha costituito il centro amministrativo più importante (fin dal medioevo) perchè posto in zona di confine.

Anche Borso d’Este, il 7 luglio 1461 si fermò qui per comperare un puledro (Gandini: Viaggi, cavalli, bardature e stalle degli Estensi, Bo­logna, edizione Fava e Baragnani, 1892).

Furono i Pico a organizzare l’allevamento di cavalli di San Marti­no, o meglio, a sfruttarlo per i loro commerci, da Portovecchio, Po­vertà, Arginone e dalla loro villa (casa Tioli). Anche al tempo di Ales­sandro II (1641 – 1691), ricco duca mirandolese, colui che si poteva permettere una corte nobile di cinquecento persone, di alto lignag­gio, di armare duecento fanti e duecento cavalieri, erano note pre­stigiose razze di cavalli: la Corsiero, la Zanetta e la Villana. Un gene­rale tedesco comprò un cavallo nominato Baimoroso per la cifra di 600 ongari. Il nobile Morosini pagò un Corsiero 900 zecchini, il ve­scovo di Trento spese per un bell’esemplare 800 ongari.

I Pico, che avevano speciali riserve di caccia e pesca a San Martino Spino, e qui una seconda villa (l’attuale Villa Tioli, donata ai Tioli per il buon servito nel 1695) ospitavano spesso i signori di Manto­va, Modena, Guastalla e Novellara. Dopo il 1750 furono i nobili Menafoglio a sistemare e a costruire nella tenuta di Portovecchio, il cui palazzo diventò una specie di castello dalle robustissime mura.

Più di un alluvione colpì Portovecchio, punto all’estremo nord del paese. Nel 1796 la rivoluzione francese cancellò tutti i feudi e anche Portovecchio passò al dipartimento del Panaro. Nel 1815, col ritor­no degli Estense a Modena, passò alla Camera ducale, quindi allo Stato italiano (1859-’60). L’erario lo tenne fino al 1862, quando fu acquistato dal barone Vincenzo Beiinda, che lo conservò fino al 1880. Grande movimento nel 1881, con la costruzione delle tettoie, appal­tate a Paolo Zoboli di Modena, con un primo stanziamento di spesa di 100.000 lire. Già erano 350 nella tenuta i cavalli allevati; nel 1885: 600; nel 1889: più di 800.

Con le tettoie furono costruiti i barchessoni, capolavori di ingegne­ria militare, unici in Italia. Il Palazzo Portovecchio fu restaurato nel 1855 con 60.000 lire. Ogni tettoia per i cavalli costò 35.000 lire. L’insediamento del Deposito Cavalli si ebbe nel 1883. Portovecchio era diventato proprietà del Ministero della Guerra nel 1882. L’annuncio della fondazione si ebbe dal cavalier Luigi Gregori, che inviò alla direzione del Panaro la seguente lettera, pubblicata nel n. 208 del 31 luglio 1882, ripresa dall’Indicatore di agosto dello stesso anno: “Egregio Direttore, credo di poterle dare ormai come certo, che nella tenuta di Portovecchio, presso Mirandola, verrà istituito un grande deposito d’allevamento equino, per questo Ministero della Guerra…”.

Il “5° Deposito” fu legalizzato con regio decreto del 19 aprile 1883 e si attivò dal 1° maggio di quell’anno. In quanto ad amministrazione fu simile ai depositi di Grosseto e Persano, ma si distinse per il sistema di allevamento, in quanto i puledri erano cre­sciuti con il metodo “semibrado”, come lo era a Palmanova. Di mas­sima importanza nel primo ventennio di questo secolo il deposito risentì molto dell’istituzione del centro di Lipizza (la Lipizziana era una razza in auge anche a San Martino e forniva quei bellissimi ca­valli bianchi, ora addestrati per esibizioni, un tempo cavalcatura idea­le per gli ufficiali).

L’11 marzo 1926 l’allevamento cambiò denominazione. Divenne il “Deposito Quadrupedi di Mirandola”; dal 1° maggio 1933 fu chia­mato “Centro Rifornimento Quadrupedi di Mirandola”. Il numero massimo dei capi allevati, durante l’ultimo conflitto mondiale, fu di circa 7.000 esemplari, moltissimi dei quali stalloni per il tiro ra­pido, e muli. Portovecchio alloggiò circa quaranta famiglie, occupò una cinquantina di impiegati, butteri e infermieri e fino a duecento stagionali. Ricchi i prati stabili, che venivano integrati con fieni, produzione di avena e approvvigionamenti di carrube. Trasferendosi il centro a Grosseto si segnò una forte emigrazione da San Martino Spino, dopo il 1954, anno in cui si trasformò la tenuta in “Centro logistico militare”, con pochi ufficiali, maestranze e guardie giura­te. Gli erbai furono trasformati in terreni coltivati, gran parte dei quali passati alla cooperativa “O. Focherini”, che li detiene nella zona che va da Via Zanzur all’Arginone, mentre viene ora concessa per la coltivazione in appalto l’area all’interno dei “cancelli” e della Masetta.

DIRETTORI DEL CENTRO DELLA FONDAZIONE
(del deposito e rifornimento quadrupedi)

Capit. Andrea Armano dal 19/4 /1883
Capit. Angelo Vendramin » l°/8 /1884
Ten.Col. Pietro Sosso » 12/3 /1889
Magg. Giulio Petrilli » 24/2 /1890
Magg. Giuseppe Valloire » 16/6 /1892
Capit. Onofrio Della Martina » 31/7 /1896
Capit. Felice Eydallin » 13/1 /1897
Capit. Luigi Mazzoldi » IV10/1901
Capit. Carlo Maccaferri » IVI /1906
Magg. Felice Fortunati » 16/5 /1907
Colonn. Pietro Alessi » 9/4 /1914
Colonn. Vittorio Cardassi » 15/7 /1929
Colonn. Pietro Forneris » 15/10/1930
Colonn. Amedeo Zaffuto » 15/12/1933
Colonn. Oreste Caselli » 16/1 /1943
Ten.Col. Luigi Torchi » 12/9 /1950
Ten.Col. Antonio di Tocco » 1°/10/1954

Vari comandanti, con diversi gradi, da generali a marescialli, han­no diretto il Centro logistico dal 1954 in poi. Qui il degrado dei beni immobili è stato più lento per la presenza di un’amministrazione mi­litare rispetto a quello registrato nell’area della “Focherini”, dove sorgono i barchessoni e le tettoie, che necessitano di manutenzione e restauri come indicato dalla Sovraintendenza ai monumenti e da Italia Nostra.

Tratto da: Storia di Spino e San Martino

Autore: Sergio Poletti

Anno 1986

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *