Novembre – Si festeggiano i “Santi”e si commemorano i “Morti”

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I “SANTI”

A dire il vero, novembre, assieme a gennaio, è l’unico mese che cominci con una festività, la ricorrenza di Ognissanti. Per chi ama conoscere l’origine delle festività religiose, possiamo dire che Ognissanti è una delle più importanti feste liturgiche della Chiesa, introdotta fin dal secolo XI, con la quale la comunità cristiana commemora tutti quei santi, canonizzati e non, che hanno una propria liturgia (cioè messa e ufficio) durante l’anno liturgico.

Ma per la verità, attorno a questa festa non vi sono grandi tradi­zioni, a parte l’importante rilievo religioso, legato a questa festività. Forse l’unico motivo di interesse riguarda la zona di Finale Emilia, dove inizia in modo ufficiale, si fa per dire, la produzione e la vendita della famosa “torta d’Ebrei”, forse più nota con il nome di “sfogliata” mentre in antico si chiamava anche “tibuia”. È una torta che però non è un dolce, nel senso che si tratta di una pasta sfo­glia, realizzata con un impasto di farina bianca, di strutto, di burro e formaggio.

Questa “torta” era, ma ovviamente senza lo strutto (ricavato dal maiale), la specialità indiscussa della comunità ebraica finalese, che qui aveva perfino la sua piccola università, il suo cimitero e, purtroppo, anche il suo “ghetto”. Senonché un giorno, esattamente nel 1861, uno dei produttori della “torta”, l’israelita Mandolino Ri­mini, ebbe l’idea di convertirsi e di farsi cristiano, ma questo non piacque per nulla ai suoi ex correligionari, che non persero più un’occasione per deriderlo e sbeffeggiarlo. Per una sua dispettosa vendetta, Mandolino Rimini, che dopo il battesimo aveva preso il nome (un po’ lungo) di Giuseppe Alfonso Maria Alinovi, volle ag­giungere alla consueta e “magra” torta d’Ebrei lo strutto, in modo che i cristiani potevano consumarla tranquillamente, ma gli ebrei no. Ad ogni modo, la variante ebbe un grande successo, come lo ottiene ancora ai giorni nostri. Questa “torta d’Ebrei” (o “sfogliata” o “tibuia”) va consumata calda bollente, non è esattamente legge­rissima, ma è terribilmente buona. E poi Finale Emilia è l’unica cit­tadina al mondo che la produce.

La festività di Tutti i Santi era anche, per tradizione secolare, la giornata dei traslochi, soprattutto per i contadini e per i mezzadri, come San Michele lo era per i “cameranti”. In quel giorno (ma an­che un giorno prima e un giorno dopo) si vedevano passare per le strade vecchi birocci carichi di masserizie e di bambini avvolti nelle coperte per recarsi verso una nuova casa colonica. Il fatto è che ai primi di novembre la stagione agricola era perfettamente compiuta, in campagna non c’era più nulla da fare e coloro che avevano avu­to in affitto o a mezzadria un fondo agricolo si trovavano di fronte ad un bivio: o rinnovare il contratto con il proprietario del fondo o cercare un’altra alternativa. Ma chi aveva una famiglia numerosa, soprattutto ricca di bambini piccoli, non era visto di buon occhio dai padroni, poiché questi temevano che le molte bocche da sfa­mare incidessero troppo sui consumi familiari, tanto da indurre il capo famiglia dei contadini e dei mezzadri a “rubare” frumento e grano turco ai danni dei padroni. E quindi trovare l’accordo non era sempre facile, anche per via del canone di affitto. Tanto che, questa non è una leggenda, qualche famiglia di mezzadri era co­stretta a nascondere i bambini piccoli dentro ai tini per evitare che fossero visti dai padroni in visita. E ai bambini veniva detto: guai a chi parla e se vi scappa la pipì fatela nel tino, dopo lo puliremo.

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IL GIORNO DEI MORTI

Se è vero che novembre è un mese per nulla allegro, è altret­tanto vero che la giornata forse più triste dell’anno è probabilmen­te il 2 di novembre, giorno in cui la Chiesa e la tradizione ricorda­no i defunti. È il giorno in cui tutti vanno al cimitero dove riposa­no i loro cari, tutti portano un fiore o una preghiera e le persone anziane rivedono le amiche e gli amici di un tempo e, tra una pre­ghiera e l’altra, si intrecciano conversazioni sul tema dei ricordi del bel tempo che fu. Tanto che talvolta il cimitero si trasforma in un salotto pieno di ricordi e di mezze verità.

Ma c’è un’antichissima tradizione, legata alla festività dei defun­ti, che era abituale un tempo nella zona del Mirandolese: il 2 no­vembre, giorno in cui si onorano i defunti, era buona abitudine al­zarsi tutti di buon mattino e mettere in ordine un bel letto, affinché tutti i morti della famiglia, se lo credevano, potessero riposare nel vecchio letto della loro casa. Oggi questa antica credenza non esi­ste più e chi può non esita a starsene tranquillo a letto anche nel giorno che ricorda i defunti, che, piano piano, non essendo più fe­stivo, si avvia ad essere un giorno come tutti gli altri.

Tratto da: Antiche tradizioni mirandolane

Autore: Giuseppe Morselli

Edizioni Bozzoli

Anno 2006

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