Le diete più curiose dei tempi andati.

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……..Cominciamo col raccontarvi il segreto di Catone il Censore (234 – 149 a. C.) che visse fino ad 85 anni e che, se dobbiamo credere ad Orazio, trovò il rimedio migliore per sè stesso ed i suoi familiari nei cavoli appli­cati esteriormente o consumati a tavola innaffiati con del buon vino.

Il segreto di Avenzoar (1091 – 1162), vissuto in Spagna e di cui sap­piamo molto poco, ma di cui ci rimane il trattato “Thesir” (assistenza) dove viene descritto come curare un ernia. Così si legge: “… gli ho consi­gliato di non mangiare altro che pane arrostito e passeri bolliti…”.

La tradizione vede in Avenzoar il primo ad aver prescritto l’alimen­tazione mediante enteroclismi nutrienti per un malato di stenosi esofa­gea.

Ed ora il segreto di come far crescere i denti ai bimbi più in fretta, ce lo svela Thomas Payre (1510 – 60), egli infatti fu il primo che scrisse in in­glese un trattato di pediatria nel quale si legge: ”…per provvedere ad una facile eruzione dei denti si ungono le gengive con le  cervella di una le­pre mescolata a grasso di cappone e miele…” e ancora: ”… il sorgere di vapori puzzolenti dallo stomaco, nella fantasia e nei sensi del cervello, si può combattere con la somministrazione di miele e semi di peonia…”.

Il medico e storico ravennate Gerolamo Rossi, nel “De distillatione” (1582), consigliava l’acqua di pane come rimedio per la sordità.

Impiastri di mollica di pane caldo appena usciti dal forno venivano usati un pò dappertutto contro i reumatismi. Il “pancotto” o “levato” cotto in acqua senza sale con un poco di botiro e zuccaro si concede ai pleuritici, alle febbri ardenti, alle continue, alle quarantene… et questo pan cotto per essere refrigerativo e mollificativo e massime cotto in acqua melata con qualche sughi o erbe convenienti, impiastrato sopra ai dolori delle giunture con olio di ruta e di albisinto “dicevono essere molto gio­vevole”.

I questa prospettiva umorale le paste di “farina di frumento … gnocchi, lasagne tagliate minutamente e menole e fromentini” fatte sen­za lievito erano ritenute sconsigliabili perchè “gravi da digerire”, perchè generatrici di “pietre in le reni” come pure il pane anzimo, cioè fatto sen­za lievito.

È probabile che, per questa ragione medica, le pappardelle, le taglia­telle, i tagliolini, i maltagliati ed in genere tutto l’universo delle paste ve­nivano cotte nel paiolo e quasi sempre mangiate in brodo. Ed è anche per questo motivo che gli anici venivano messi come correttivi del pane (in al­ternativa al finocchio utile agli occhi e allo zafferano, molto costoso).

Le paste alle quali si aggiungeva olio di mandorle venivano spesso fritte in padella (una tradizione che sopravvive ancora oggi) con olio, miele e un poco di pepe: così non nocevano perchè generavano umo­ri misti di sottiliezza e di grossezza”.

Per i dolci e i biscotti di farina di frumento si usava generalmente ‘‘farina eletta” (il fiore) si addolcivano col miele e per colarli si aggiunge­va lo zafferano, chi li voleva forti arricchiva con “pevere, zanzero, garofoli, cannella ed altre spezziarie”.

Però questi cibi venivano sconsigliati, perchè le paste dolci “ai colle­rici muovevano la collera e ai fanciulli i vermi”, mentre i cialdoni “fatte senza zuccaro e senza altro condimento sono materia di umori flegmatici putrescibili, però generano vermi”.

La sanità non essendo altro che “temperamento degli umori”, il suo contrario “Pinfirmità” consisteva eminentemente nel “distemperamen­to” indotto da cibi non coerenti con la macchina fisiologica.

La medicina quindi in questo periodo, era soprattutto scienza del re­gime alimentare più idoneo; unica eccezione a questa regola dell’affinità e della conoscenza dietetica, era la carne umana, se non fosse stata grava­ta da una particolare proibizione.

Alla fine del 400 Hieronimo Manfredi, medico bolognese famoso, scriveva: “non è cosa nè cibo che sia più conforme al nutrimento dell’uo­mo quanto la carne umana, se non fusse la abbominazione che la natura ha di quella”.

Viene spontaneo esclamare: e per fortuna!

Nel settecento con l’acquisizione di nuovi concetti di fisiologia ed anche con una migliore cognizione dei processi patologici le diete, forse ancor più dei farmaci, assursero a base della terapie per i vari eventi mor­bosi.

Dobbiamo dire che la razionalità di tali prescrizioni era molto discu­tibile, ma purtroppo l’evoluzione della medicina è stata assai lenta in contrasto con la rapida evoluzione delle armi, cosa questa che avviene anche al giorno d’oggi.

Nell’ottocento poi le diete divengono più limitative ed in qualche modo più razionali. Da allora la dieta ipercalorica dei malati di tuberco­losi diviene una base fondamentale della terapia assieme al soggiorno in alta montagna per le forme polmonari.

Basta ricordare in tal senso, ed infatti ci pare bello richiamarsi a dei buoni testi letterari, le bellissime pagine dedicate alla descrizione di tali imbandigioni nella “Montagna incantata” di Thomas Mann.

Sempre lo stesso autore descrive una dieta a base di brodo di piccio­ne per la terapia di un malato di tifo nei “Buddenbrook”.

Altre diete memorabili sono quelle a base di latte e latticini non solo ai pazienti affetti da ulcere peptiche, ma anche agli asmatici ed a persone con gravi insufficienze renali.

A questo proposito vogliamo citare, per una brillante descrizione di tali diete e dei medici che le prescrivevano, i bellissimi passi scritti da Proust e dissiminati nei vari testi che compongono la sua “À la recerche du temps perdu”.

Infine, per non tediarvi ulteriormente menzioneremo ancora soltan­to George Osawa, vissuto 60 anni fa, che fondava una teoria fisiologica e la applicava alla cucina. Nasceva così la macrobiotica, e cioè “grande vi­ta”, che è una messa a punto delle antiche regole alimentari dei monaci Zen.

Tutta la dieta è basata sull’equilibrio dello Jin e dello Jang due forze opposte che governano il mondo e che corrispondono fra l’altro al ma­schile e al femminile, al passivo e all’attivo e si ritrovano anche nei cibi.

Sono jin ad esempio i germi di cereali, le melanzane, le lumache, lo yogurt. Sono jang il grano saraceno, il fagiano, le uova, le mele, il cavia­le.

Fra i primi doveri dell’individuo macrobiotico vi è quello di non bere durante i pasti, di masticare un boccone almeno 50 volte (meglio se 100 o 150). Dalla dieta sono esclusi tutta una serie di alimenti che vanno dallo zucchero agli alcoolici, dal caffè ai sughi alla carne di bue e maiale.

S.Santanbrogio

A.Cestari

Tratto da: Annuario pubblicitario de “La Sgambada” 5a Edizione

Anno 1985

Edizioni “Al Barnardon”

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