La Mirandola – Storia urbanistica di una città – La Chiesa di San Francesco e le tombe dei Pico – V Capitolo

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La Mirandola – Storia urbanistica di una città – La Chiesa di San Francesco e le tombe dei Pico – V Capitolo

Poco lontano dalla piazza e dal Palazzo Comunale si innalza, come si è detto, la chiesa di S. Francesco. La strada che la raggiunge, che era abbellita da dignitosi palazzi del Sei e Settecento, è una delle due della Mirandola non rettilinee; il motivo è che essa è stata costruita sul fossato che circondava il Borgo Brusato le mura del quale avevano andamento curvilineo; all’interno delle case che si affacciavano sulle fosse era il ghetto degli Ebrei.

La chiesa era costruita all’esterno di queste mura e aveva perciò la facciata volta a levante e l’abside contro le fosse; in origine era di forma rettangolare, ad una sola navata, di piccolo impianto sul tipo della Porziuncola; infatti la sua costruzione risale a pochi anni dopo la canonizzazione del Santo perché è certo che esisteva abbastanza tempo prima dell’anno 1278. E’ perciò una delle prime chiese francescane d’Italia, forse contemporanea o di poco posteriore alla chiesa di S. Francesco in Bologna.

Rifatta a tre navate, di dimensioni maggiori, negli ultimi anni del secolo XIV per l’interessamento di Costanza Pico, riconsacrata nel 1400, si presenta di stile gotico con qualche elemento di transizione e una appendice barocca (cappella della B. Vergine di Reggio). L’esterno è semplicissimo; la facciata, che si presenta con paramento a vista ornato di fregi in cotto, è ripartita verticalmente da due pilastri che rivelano la lar­ghezza delle navate mentre due semipilastri fiancheggiano la porta principale; dal punto di vista artistico l’edificio è un’o­pera importante che ci dà l’idea del gusto dei nostri padri e ci fa rimpiangere ancora di più le cose distrutte alla Mirandola.

Più di ogni altra della Città, la Chiesa è vicina al cuore dei Mirandolesi, legata così strettamente come è stata a tanti avvenimenti e a tanta parte della storia della Mirandola e della Famiglia Pico, diversi membri della quale vollero essere qui sepolti.

Dal punto di vista del culto infine fu sempre considerata un luogo religioso di grande importanza, per la importanza e il nome che ebbe, specie in certi periodi, il Convento Francescano della Mirandola, per le opere d’arte che conteneva e anche perché fino al sec. XV S. Francesco fu insieme a S. Possidonio protettore dello Stato.

Come si è detto, conteneva diverse sepolture e memorie funebri di personaggi di Casa Pico che negli ultimi tempi veni­vano sepolti nei loro ricchissimi feretri nella cripta della Cappella della B. Vergine di Reggio, cripta purtroppo profanata nel corso del tempo, adibita poi a sepolcro dei frati e recentemente distrutta insieme ad altre di altre nobili famiglie mirandolesi; rimangono invece quattro tombe a cassone pensile che i Pico si erano fatto costruire in tempi più antichi; anzi queste della chiesa di S. Francesco sono le uniche che rimangono delle diverse che si trovavano anche in altre chiese della Mirandola o nei loro sacrati.

Le tombe, che si vedono nella parete di settentrione, appar­tengono a Galeotto I (+ 1499), a Prendiparte (+ 1399), a Spinetta (+ intorno al 1400), a Giovan Francesco I (+ 1467 circa); la prima e l’ultima sono rinascimentali; le altre due di stile gotico, praticamente coeve alla ricostruzione quattrocen­tesca della chiesa.

La più interessante di tutte, dal punto di vista artistico, è senza alcun dubbio la tomba di Prendiparte che presenta una serie di rilievi e sculture a tutto tondo di robusta concezione e di abilissima fattura che rientrano nel gruppo delle opere ese­guite dalla bottega dei Dalle Masegne in Emilia.

Tomba di Prendiparte Pico

Tomba di Prendiparte Pico

Come si vede da alcune tracce il sarcofago era dipinto (forse solo in alcune parti e nelle cornici) secondo l’uso di tante sculture gotiche di Oltralpe e delle antiche sculture di legno; è decorato da motivi simbolici sulle fiancate e dalle statue di S. Antonio Abate e di S. Cristoforo agli angoli; al centro si vede un notevole gruppo che rappresenta il Lamento davanti al Crocifisso. La statua del defunto, in grandezza naturale, è adagiata sul coperchio dell’urna, rivestita dalla armatura che conserva ancora le tracce della sua antica coloritura. Prendiparte, capitano d’arme al servizio dei Visconti, già Podestà di Pavia, ecc. aveva vissuto assai a lungo lontano dalla sua città e il suo sarcofago così riccamente lavorato e decorato doveva apparire agli occhi dei Mirandolesi di allora espressione della importanza che aveva avuto in vita il personaggio e della potenza che il suo Casato andava sempre più assumendo nei rapporti nazionali, se così si può dire per l’Italia di allora, ed interna­zionali. La tomba porta anche due iscrizioni araldiche in lingua inglese e questo richiama alla mente i contatti che il Pico ebbe con il capitano di ventura Giovanni Acuto che colla sua Compagnia fu anche accampato sotto alla Mirandola e che fu ospite in castello.

La chiesa contiene il monumento a Giovanni Pico e tra le diverse memorie funebri quella di Ippolito Pico (+ 1569) che è ricordato in un piccolo grazioso deposito.

Come si è detto, in antico era ricca di opere d’arte: dipinti, tra i quali la Pala delle Tre Croci di Francesco Bianchi Ferrari (1460-1510) e diverse tele del pittore Sante Peranda operante alla Corte della Mirandola (1566-1638), sculture tra cui il bel­lissimo S. Francesco in preghiera di G. Battista Ballanti da Faenza detto il Oraziani (1762-1835), opera in cartapesta e stucco, libri miniati, ecc., purtroppo ora in gran parte disperse.

La facciata della Chiesa all’anno 1926

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Disegno in china di Diego Cappi, 1926

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La chiesa che dopo la sua inclusione nel corpo della città aveva rice­vuto ai suoi lati, grazie al colmo delle fosse, una piazza lunga e piuttosto stretta (molto più estesa di adesso specie verso mezzodì) fa parte di quelle costruzioni realizzate per l’interessamento diretto dei Pico senza un chiaro piano distributivo ma con la indovinata concezione urbanistica di tanti borghi e città medioevali.

Per un periodo di circa 700 anni fu retta, salvo qualche breve interru­zione, dai frati di S. Francesco ai quali la Città deve, tra le altre cose, la fondazione del Monte di Pietà (1495) e la istituzione del Desco dei Poveri (1485), istituti che in altri tempi ebbero tanta importanza dal punto di vista umanitario nella vita della Comunità Mirandolese.

Una arcata, che qui non si vede, che prolungava l’ala di settentrione del portico, immetteva in origine nel cortile del Desco; sotto di essa i frati, al suono di una campanella, avevano dato per secoli, sul mezzogiorno, una minestra ed un pane a chiunque, forestiero o della città, si fosse presentato. Il porticato risaliva al 1660 e fu demolito nel 1927; la facciata fu sistemata riportandola al disegno originale solo nel 1937.

Il convento antico di San Francesco al tempo del suo massimo splendore

Disegno a penna di Giacinto Paltrinieri del sec.XIX; in "Miscellanea di Memorie riguardanti la chiesa di San Francesco"; mms, presso la Biblioteca Comunale di Mirandola.

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Se si eccettuano la chiesa e il primo chiostro del Convento (ora adibito ad edificio scolastico) nulla rimane del Convento antico di S. Francesco che con le sue dipendenze, i chiostri, gli orti e il giardino costituiva uno dei più interessanti complessi monastici della regione e certamente il più bello e il più importante, dal punto di vista artistico ed architettonico, dei conventi della Mirandola.

Il disegno riproduce con grande evidenza rievocativa, in pianta, il piano terreno del Monastero come si trovava ancora agli inizi del secolo XIX e ripropone un pesante, severo, giudizio di biasimo per coloro che ne hanno voluto e permesso la distruzione.

La facciata di ponente del “nuovo” convento

Disegno in china di Diego Cappi, 1928

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Come si presentò il Convento dopo la sua ricostruzione avvenuta nel­l’anno 1824; in seguito, negli anni 1929-30 e 1932 anche questo fabbricato venne abbattuto per consentire la costruzione del Ginnasio-Liceo e della Biblioteca Comunale.

Come si vede, dal punto di vista architettonico l’edificio era del tutto insignificante; della parte antica utilizzava il solo chiostro anteriore che ristrutturato nel secolo XVII ed oggi destinato, come si è detto, ad uso della scuola, conserva al centro del suo prato una magnifica vera da pozzo in marmo coeva delle tombe gotiche della chiesa.

Le tombe gotiche di Prendiparte e Spinetta

Paolo di Jacomello da Venezia: A,Antonio Abate e S. Cristoforo. Particolari della tomba di Prendiparte Pico.

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Antonio da Mestre: S. Antonio Abate e S. Cristoforo. Particolari della tomba di Spinetta Pico.

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Più che all’insieme dei monumenti che ripete lo schema delle tombe pensili del secolo XIV l’interesse dell’osservatore deve essere rivolto ai parti­colari che nella esecuzione e nei risultati rivelano la diversa capacità degli artisti e fanno del sarcofago di Prendiparte un’opera di grande valore.

Si considerino per un attimo comparativamente le figure di S. Antonio Abate e di S. Cristoforo che si vedono in questa tomba e ugualmente in quella di Spinetta praticamente contemporanea, similissima nello schema come si è detto e perfino come si vede nelle rappresentazioni ma tanto diversa per interpretazione tecnica e per capacità realizzatrice.

La tomba di Prendiparte è dovuta a Paolo di Jacomello Dalle Masegne; quella di Spinetta è attribuibile ad Antonio da Mestre; delle altre due risa­lenti al Rinascimento, a tipo di semplice cassone, non si conoscono gli autori.

Il monumento a Giovanni Pico

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Così si presentava in origine il monumento a Giovanni Pico eretto nel 1824 e collocato nella Cappella della Beata Vergine di Reggio; quando la cappella fu trasformata nel Sacrario dei Caduti (dal 1922) il monumento fu trasferito contro la parete della navata di destra, vicino alle tombe (tra le quali quelle rinascimentali sono del padre e del fratello di Giovanni) e pri­vato delle soprastrutture

Tratto da: La Mirandola – Storia urbanistica di una città

Autore: Vilmo Cappi

A cura: Cassa di Risparmio di Mirandola – Seconda Edizione a cura del Circolo “G.Morandi” di Mirandola.

Anno: 2000

Le immagini fotografiche sono di proprietà del collezionista Roberto Neri

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