La bicicletta del pompiere – “Al pumper”
Di Maurizio Bonzagni
Le biciclette degli antichi mestieri non erano prodotte in serie ma da abili artigiani, meccanici capaci di trasformare Bici da Lavoro e adattarle alle richieste. Le Bici da Lavoro rispetto alle normali bici venivano prodotte con telai più robusti, con maggior spessore di metallo e due o tre canne centrali, ruote, portapacchi e cavalletti adatti a sopportare elevati pesi e potevano avere una trasmissione a catena più lunga per avere un maggior spazio tra le due ruote e consentire degli allestimenti ingombranti.
La ruota anteriore poteva inoltre essere scelta di dimensione più piccola per mantenere una buona governabilità se l’attività portava a caricarla di molto peso. Bici di un tempo prodotte solo da alcune aziende, tra cui Atala, Doniselli, NSU, Bottecchia, talmente robuste da essere arrivate numerose ai giorni nostri nonostante i tanti anni di duro lavoro a cui sono state sottoposte.
Dopo lunghe conversazioni con persone informate, anche figli che ricordavano le attività dei padri, diverse letture e passato ore a studiare i dettagli delle bici conservate nei musei di Verona (il Nicolis) e di Mantova (la Galleria Storica dei Vigili del Fuoco), come gli artigiani di un tempo Giorgio si è cimentato nella costruzione di una Bici da Pompiere, cercando di rispettare il più fedelmente possibile le caratteristiche dei primi decenni del ‘900.
Cercata nei mercatini di antiquariato la bici da lavoro più adatta ha fissato i mozzi delle ruote e dei pedali ad un telaio costruito appositamente per mantenerli in asse (una maschera di lavoro) potendo così modificare la parte centrale per alloggiarvi la voluminosa matassa della manichetta dell’acqua. Riproducendo le giunture come si faceva un tempo, quando le saldature non erano così resistenti come quelle di oggi e si giuntavano i tubi compenetrandoli uno nell’altro tramite degli incastri a pipetta.
La manichetta di 20 metri avvolta al centro della bici e la sua lancia, alloggiata su un apposito supporto fissato al manubrio, venivano allacciate dal pompiere alla pompa dell’acqua che normalmente raggiungeva il luogo dell’incendio trainata da cavalli. Tramite una tubazione, che poteva raggiungere anche un centinaio di metri, la pompa attingeva l’acqua da un fosso o più spesso da un pozzo, a quei tempi molto più comune di oggi, e squadre di pompieri in bicicletta affrontavano l’incendio dopo una lunga pedalata.
Il passaggio della squadra di pompieri era annunciato da una sirena che poteva essere azionata da una manovella manuale, come quella sulla bici di Giorgio, una vera rarità, oppure dalla pedalata e dal movimento della ruota o addirittura con una vera e propria campana sul manubrio percossa da un batacchio tirato da una fune dal pompiere.
Decisamente immagini di altri tempi ma, attenzione, le bici dei pompieri furono utilizzate anche fino al secondo dopoguerra.
Da osservare con attenzione il fanale. A carburo. Granelli di carburo reagiscono con l’acqua nel piccolo serbatoio generando un gas infiammabile che viene convogliato nel fanale attraverso un ugello, alimentando una fiammella protetta dal vetro che proietta una luce sulla strada concentrata da una parabola a specchio sul fondo del fanale (nichelata). Altri fanali contemporanei a quello a carburo alloggiavano invece una semplice candela che veniva sospinta da una molla all’interno del fanale a mano a mano che si consumava.
L’impianto frenante è un piccolo gioiello di leve che agiscono su un pattino di gomma “a bacchetta” che preme sulla parte interna della ruota. Manopole in osso, robustissime agli urti, e raggi della ruota protetti dall’ossidazione con una verniciatura per immersione, quando ancora la zincatura non esisteva.
Non mancano gli attrezzi d’epoca, il piede di porco e la tipica ascia da pompiere con punta e lama, oltre ad una saccoccia con la maschera antigas.
La sella è un prezioso cimelio, una sella inglese tipo Brooks, molto comune a quel tempo, bella e molleggiata vistosamente su tre punti. Un marchio che è tutt’ora una sella di prestigio tra le più ricercate.
Infine fa bella mostra di sé, alloggiato a riposo sul suo supporto nel parafango posteriore, un antico elmetto in ottone con il prestigioso stemma della Zona 52 dei Vigili del Fuoco di Bologna.
Completando l‘incantevole bici.
Solo osservando con attenzione la Bici del Pompiere se ne apprezza la bellezza, un gioiello di dettagli che ci raccontano l’antico mestiere.
Nel prossimo capitolo : La bici del lattaio – “Al latar”