La bici di Angiolino
di Maurizio Bonzagni
Angiolino e la sua bicicletta
L’ultima bicicletta della collezione di Giorgio è una bici speciale. Non è lo strumento di un antico mestiere ma una bicicletta che appartiene alla sua infanzia, da lui ritrovata dopo molti anni e a lui particolarmente cara.
E’ la bicicletta di Angiolino Bonfatti, vissuto dal 1910 al 1975 ai Terzi di San Giovanni di Concordia. Il borgo dove viveva anche Giorgio e i suoi fratelli, non il semplice incrocio di strade che è oggi ma un vero borgo, con le sue scuole elementari, il fornaio, il tabacchino che vendeva di tutto, il parroco che veniva a fare catechismo nel campetto. Angiolino in quel borgo era un personaggio.
Decisamente non un gran lavoratore, anzi il lavoro lo schivava proprio. Nel podere dei suoi genitori spesso si limitava a guardare, ad aspettare come diceva lui “quand la tèrra la riva a ‘st’ altesa che” indicando con la mano un metro da terra. Passava molto del suo tempo a leggere riviste e giornali a cui era abbonato, Epoca e fotoromanzi Lancio che stipava gelosamente a pile nella sua stanza.
Una persona un po’ ingenua ma buona, che amava il non far niente e la sua bicicletta, acquistata per lui da suo zio nel 1939, che arricchiva di splendidi accessori appena raggranellava due soldi da poter spendere. La sua fuoriserie.
Le biciclette erano rare a quel tempo, specialmente ai Terzi, e quando Angiolino passava per recarsi al chioschetto giù dal ponte di Concordia, da “Raparin”, a comprare le sue riviste, sempre vestito di gran punto sulla sua incredibile biciletta piena di piccole stranezze, Giorgio e gli altri bambini suoi amici non si perdevano l’avvenimento pronti a sgranare gli occhi.
Giorgio l’ha ritrovata recentemente su segnalazione di un amico da uno svuota-granai del posto, arrugginita ma intatta, con ancora tutti i suoi ornamenti. Rimessa a nuovo come lui la ricordava con un bel restauro conservativo, ricostruendo i pochi particolari mancanti facendosi aiutare dalle foto e dai ricordi dei parenti di Angiolino. Tornata a nuova vita dopo decenni di abbandono per la gioia di Giorgio e dei suoi amici, arrivati in processione per sgranare i loro occhi ancora una volta.
La bici è una Àncora, una bici prestigiosa con una ciclistica eccellente, a livello delle migliori marche, fondata da due ex campioni di bici. Andati in difficoltà con la crisi che ha seguito la fine della Grande Guerra l’azienda è stata acquisita dalla Dei che ha continuato a produrre con questo marchio fino proprio al 1939. Un bel disegno a forma di àncora è impresso su ogni bullone, mozzo, pedale, freno, stemmi sono anche sulla canna, sulla sella, sul manubrio, persino l’ingranaggio centrale della leva di trasmissione del freno posteriore è a forma di àncora. Una balloncino, una bici da uomo ma con le ruote del 26 da donna, con un copertone però più largo, bombato.
Sul manubrio è alloggiato un anemometro che attraverso le alette interne mosse dall’aria fa scorrere una lancetta che indica la velocità a cui sta viaggiando la bicicletta, un cimelio degli anni ’40. Un altro bel anemometro fa sfoggio di se sul parafango anteriore, solo di bellezza, in ottone, con le quattro alette a cucchiaio che ruotano facendo perno su un piccolo Fascio Littorio. Un segno dei tempi.
Due bandierine completano l’addobbo del parafango anteriore, su due aste a molla per meglio sventolare durante la corsa. Uno speciale campanello, “Eterna”, è fissato sul freno della ruota anteriore per suonare durante la frenatura e avvisare così eventuali pedoni sulla strada, sulla stessa ruota c’è anche un contachilometri con una meccanica ingegnosa, azionata da un piccolo ingranaggio ad ogni giro della ruota.
Un tripudio di accessori la cui tecnologia oggi fa sorridere ma che allora sbalordiva non solo i bambini.
Una leva posta sotto la canna orizzontale muove una freccia sotto la sella ad indicare la svolta a destra o a sinistra, illuminata da una lampadina alimentata da una delle due dinamo, due per le molte luci sulla bicicletta, una dinamo solo per il bel fanale Bosh anteriore, tondo, enorme. Non è di marca Àncora perché come tutti i costruttori di quel tempo anche l’Àncora forniva le bici senza i fanali e la dinamo che venivano aggiunti a richiesta alla messa su strada da un meccanico.
Oltre al gommino sul manubrio per appoggiarla al muro la bicicletta possiede anche un secondo gommino sulla sommità di una leva sotto la sella, in modo da distanziare completamente il telaio dal muro. Tra le due canne verticali del telaio vi è infine una maniglia che consente di sollevare agevolmente la bici per fare scale o superare ostacoli, la maniglia saltafosso (che una volta scoperta ho adottato anche sulla mia bici e vi garantisco essere di grande utilità).
Un largo specchio retrovisore e una robusta manina portagiornali completano l’apparecchiamento dell’affollato manubrio.
Accessori che Angiolino andava a cercare da Ianes, il vecchio meccanico di Concordia, dal quale sfogliava lunghi cataloghi, che forse aveva imparato a memoria.
Poi c’è una borsa in pelle. La borsa originale che Angiolino utilizzava per portare a casa le sue riviste ma anche per i dolciumi che regalava ai suoi nipoti. Gomme Brooklyn, caramelle Elah alla panna, tortine Fiesta al cioccolato, come ancora ricorda con affetto Giuseppe, uno di quei nipoti oggi felicemente in pensione a lavorare il suo piccolo podere in campagna.
Oggi quella stessa borsa contiene un altro piccolo gioiello che apparteneva ad Angiolino e che farebbe impazzire i collezionisti di oggetti d’epoca. Una montagna di calendarietti pubblicitari che venivano regalati dai negozi, soprattutto i barbieri, dagli anni ’30 al primo dopoguerra, di cui Angiolino faceva incetta.
Alla morte dei suoi genitori Angiolino è stato preso in casa dagli zii che avevano promesso di prendersene cura. La zia era un po’ meno tollerante del suo dolce far niente ma ugualmente è riuscito ad avere una vita serena fino alla vecchiaia.
Una bici che al pari delle altre della sua collezione aiutano Giorgio a ricordare la sua infanzia, la felice povertà di un bambino circondato da amici in un piccolissimo borgo che per molti anni è stato tutto il suo mondo.