La Bici degli Antichi Mestieri di Giorgio Meschiari – La bicicletta del lattaio (Al latar) – Cap.III°

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Giorgio Meschiari

Giorgio Meschiari

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La bicicletta del lattaio (Al latar)

Di Maurizio Bonzagni

Particolari

Dopo la seconda grande guerra le abitudini dei nostri borghi cambiarono radicalmente, prima le persone si recavano direttamente dai contadini o da chi aveva un paio di mucche per avere un po’ di latte fresco, dopo la guerra nacquero molte attività svolte in bicicletta per iniziativa di persone che portavano la loro mercanzia o la loro opera di artigiano direttamente nelle case dei borghi e dei paesi,

Zanglà

Zanglà

limitando la loro attività a piccole aree locali, ben conosciuti dalla gente del posto. Commercianti corretti che oltre al ricavo per mantenere le proprie famiglie guadagnavano la fiducia della persone, indispensabile per svolgere il loro lavoro. Non c’erano ancora i negozi, vennero dopo e quando arrivarono questi mestieri scomparvero.

Giorgio nella sua infanzia ha vissuto quest’epoca e conosceva bene la lattaia di San Giovanni, L’Elsa ad Raparen, Raparen era il soprannome di suo marito, al scutmài per chi conosce il dialetto. A lei e a ciò che ricorda di lei si ispira questa bicicletta.

Era un po’ una festa per i bambini come Giorgio quando l’Elsa arrivava sulla sua bicicletta, si annunciava con la sua trombetta stridula, inconfondibile.  Il tempo era danaro, non scendeva mai dalla bici, si fermava, piantava i piedi per terra e distribuiva il latte fresco alle famiglie del borgo che la raggiungevano con gavette, scodelle, bottiglie, contenitori di ogni tipo, i raminìñ, dentro i quali versava con imbuto e filtro un misurino di un quarto, mezzo o un litro di latte. Pochi centesimi alla volta, tante persone. Per questo andava di fretta, si annunciava e non scendeva.

Il cavalletto lo usava solo quando si recava al caseificio, al Casèll dla Paladina sulla via per Novi, per acquistare all’ingrosso e riempire i suoi pesanti bidoni appesi al manubrio. Tutto l’occorrente alla sua attività stava sul manubrio, per rendere tutto accessibile senza dover scendere dalla bici.

Una bicicletta robusta, pesante, con la ruota anteriore più piccola di quella posteriore per migliorarne la governabilità nonostante l’ulteriore peso che vi gravava sopra. Un lavoro pesante che necessitava di pedalate vigorose per andare avanti.

La bici della collezione di Giorgio è una Bottecchia. Chiara come quella che aveva l’Elsa ad Raparen. Manopole in osso con ruote in legno per essere un po’ più leggera. A volte le facevano in legno e a volte in acciaio, un acciaio molto povero, ruznént.

Sul manubrio, oltre agli enormi bidoni che dobbiamo immaginare pieni di latte per comprendere la fatica di quel mestiere, nella cassetta sono raccolti contenitori di quell’epoca, raminìñ in latta di ogni tipo dal più ricco al più umile. E non manca la trombetta, con un suono che ricorda quello conosciuto da Giorgio di tanti anni fa.

Nella cassetta posteriore si più ammirare una curiosità, un introvabile frullino a manovella in legno e ferro, la  Zanglà, che il lattaio utilizzava per trasformare il latte invenduto in ricotta o in burro dalla panna. Le bottiglie di vetro sono invece successive a questo periodo, quelle che venivano fornite ai negozi ogni giorno con il latte fresco quando il lattaio in bici non c’era già più.

Il lattaio in bicicletta ci accompagnò fino agli anni ’60 circa, poi, con il furgoncino, arrivò a Concordia la Mafalda dal lat e tutto iniziò a cambiare

Nel prossimo capitolo : la bicicletta del pollivendolo – “Al pularol”

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