Inversione di tendenza nel mercato

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Inversione di tendenza nel mercato

La B. era stata la nave scuola di tanti giovani di un tempo lontano. Alcuni vec­chi professionisti le sono ancora grati per l’iniziazione negli anni verdi. Per an­tico pudore non ne parlano, anche se ricordano con nostalgia che devono a lei la liberazione da certi complessi che li aveva resi disponibili a più consapevoli gestioni del letto matrimoniale.

Ora quei ricordi potremmo collocarli nella storia. Sul tema in argomento oggi le cose stanno in altro modo, basti pensare alle lezioni particolareggiate di inse­gnanti à la page o alle informazioni scientifiche dei mass media che provvedo­no a togliere dubbi e incertezze e a cancellare stupide romanticherie.

Ma questa è cronaca e la cronaca ci offre, oltre a fiori del genere, altro ancora ad alto significato educativo…

Per tornare alla nostra signora occorre ricordare, a onore del suo spirito di ini­ziativa, che, non appena lo specchio e la rarefazione della clientela le diedero chiare indicazioni di declino, essa trovò il modo di continuare ”nel ramo” ri­correndo a ragazzotte di importazione e di larga disponibilità. E siccome, pur se per interposta persona, non voleva sfigurare, preparava le allieve con lezioni preliminari di comportamento, il che le consentiva per di più di nutrire la se­greta speranza che qualcuno potesse riconoscere il suo tocco. Giustificato or­goglio di ogni maestro d’arte.

Per l’esibizione della ”merce” aveva adottato un cerimoniale preciso, non tan­to dissimile da quello dei macellai che il venerdì di Pasqua portavano in giro i manzi con corna e zoccoli lucidi, manto perfettamente strigliato, nastro trico­lore intorno alla pancia e campanaccio al collo.

Nei giorni di mercato, infatti, la B. con la ragazza di turno – senza campanac­cio – faceva due passi per la piazza, sostava in un caffè, riprendeva la cammi­nata espositiva guardando gli uomini con un sorriso appena ammiccante, quasi da Gioconda, e rientrava in attesa.

Non era proprio come ai tempi aurei delle prestazioni dirette, ma si trattava, pur sempre, di una soluzione al problema della tavola. Problema che, come un fulmine a ciel sereno, sembrò riproporsi il giorno in cui la B. temette di sco­prire una impropria concorrenza.

Le cose andarono pressappoco così.

Le finestre della ”casa ospitale” davano su uno spiazzo in mezzo al quale tro­neggiava un monumento che di storico aveva solo il riferimento a quell’impe­ratore che, potendolo, avrebbe.rinunciato all’igienica fama postuma.

Da quelle finestre, nelle sere di una primavera precoce, la B. cominciò a notare uno strano aumento nella frequentazione del luogo di decenza. Dapprima essa ne attribuì la causa al caldo anticipato e alle generose bevute dei concittadini, ma una più attenta osservazione la portò a conclusioni ben diverse.

Per scendere nel particolare, alcuni di quegli individui indugiavano un po’ troppo sotto la tettoia e lei non poteva credere a vesciche tutte esageratamente capaci o a troppo lenti svuotamenti. L’illuminazione le venne quando potè stabilire che i soggetti in questione, stranamente temporeggianti all’ombra della storia, si dirigevano ”a coppie” verso i viali colpevolmente bui.

La scoperta la gettò nella costernazione. Non che non conoscesse le cose della vita ma, come non essere indignata al pensiero che proprio sotto quelle finestre si stava perpetrando un attentato all’ortodossia della sua onorabile professione. Sull’onda dell’indignazione era affiorato anche il termine ”missione” ricaccia­to per rispetto al senso della misura che la distingueva.

Restava, comunque, un proposito certo, un affronto simile non poteva essere tollerato. E senza esitazione pensò di correre ai ripari cercando la solidarietà, prima, e la collaborazione, poi, di un gruppo di giovani ancora in bilico tra fantasia e realtà.

La nostra seppe essere molto persuasiva. Per la precisione più di ogni altro ar­gomento fu determinante la promessa del premio finale: le grazie delle allieve in cambio dell’epurazione.

L’operazione pulizia venne studiata a fondo. Uno dei giovani si sarebbe pre­stato a fare da esca, gli altri, opportunamente appostati dietro i platani dei via­li, avrebbero atteso l’arrivo della coppia e provveduto a spegnere i bollori deviati del malcapitato corruttore. A questo punto occorrerebbe un lungo discorso per cercare di capire in che misura e da quale parte sarebbero state le colpe, ma la storia ne scapiterebbe e quindi riprendiamo con i fatti.

A strategia definita la ”signora” fece una sola raccomandazione: niente esage­razioni.

La prima prova ebbe un avvio sdentato. Pareva che nessuno tentasse approcci con il G. costretto a fingere una necessità fisiologica senza fine e a sopportare l’acre profumo del monumento.

Finalmente accadde, le vedette eccitate segnalarono “uomo in vista”. Due om­bre confuse si stavano avvicinando.

Dopo alcuni minuti, nel punto designato, risuonò la voce emozionata di G.: “ragazzi è uno di quelli buoni!”. E il cacciatore divenne vittima.

In un baleno si trovò circondato e sballottato da motteggianti fantasmi che pri­ma di sparire gli riequilibrarono la temperatura con un secchio d’acqua lascian­dolo immerso in molto confuse e umide considerazioni.

La crociata proseguì speditamente per diverse sere; gli attori, meno l’ignaro pro­tagonista di turno, erano diventati più disinvolti. Ma la disinvoltura può gioca­re brutti scherzi e così successe che una volta l’azione peccò, diciamo, per difetto di regìa. In quella occasione l’intervento del gruppo fu prematuro e solo in ri­tardo l’esca riuscì a gridare: ”ehi! non so ancora se è di quelli buoni”.

Il bersaglio era sbagliato.

L’ultimo atto si recitò alla stazione dei carabinieri fra un tira e molla di rabbuf­fi, minacce, giustificazioni e scuse.

La conclusione ingloriosa dell’operazione ebbe, comunque, l’effetto desidera­to. La pubblicità che ne derivò ricondusse alla norma le visite al vespasiano. Restava l’appendice del premio e qui le cose si confusero un po’ e nemmeno, si può dire, per resistenza dell’ispiratrice.

Le difficoltà erano proprio in quei quasi giovanotti per i quali sembrava che il miraggio del premio perdesse sempre più di suggestione quanto più si avvici­nava. Si potrebbe parlare di una crescente titubanza non meglio precisata. In­somma non tutti i nostri fieri eroi ebbero il coraggio di affrontare la prima esperienza a quel modo. I pochi che ci provarono non confessarono mai la de­lusione dell’incontro frettoloso. Gli altri, anche se con qualche recriminazione, continuarono a sperare in qualcosa di più romantico.

L’unica veramente soddisfatta era la B. Be’, qualche ombra residua, come una mosca fastidiosa, le ritornava e allora la si vedeva scuotere la testa. Se qualcu­no le fosse stato vicino l’avrebbe sentita borbottare ”robe da matti”. Ma, do­po una scrollatina, sorrideva compiaciuta. Più di Lucrezia dopo il saluto a un commensale dalla prognosi infausta.

Libero Gavioli

Della Vecchia Mirandola e di poche altre cose

Autore: Libero Gavioli

Anno: 1989

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