Bello a sapersi – La vita straordinaria di Giovanfrancesco II Pico – Maurizio Bonzagni

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Maurizio Bonzagni

Maurizio Bonzagni

Chimico, nato a Mirandola nel 1958, ha lavorato a lungo come responsabile vendite presso una multinazionale di materie plastiche ma è soprattutto un appassionato di storia locale di cui è da anni un attento lettore. Dopo aver arricchito la propria biblioteca di numerosi testi su Mirandola e la Bassa Modenese e raggiunta recentemente la pensione ha iniziato la collaborazione con Al Barnardon per condividere e contribuire a divulgare la splendida storia delle nostre terre, spesso sconosciuta o ignorata da molti dei suoi stessi abitanti.

Riportiamo il testo della presentazione del 2 dicembre 2023 presso la Sala Trionfini nell’ambito dei corsi dell’Università della Libera Età “Bruno Andreolli”.

IOANNES.FRANCISCUS II PICUS

1. Io.Francescus II
 Opera Omnia di Giovanni Pico scritta da Gianfrancesco II

Opera Omnia di Giovanni Pico scritta da Gianfrancesco II

 Casa di Maria nel Santuario di Loreto

Casa di Maria nel Santuario di Loreto

Chiesa della Madonna della via di Mezzo

Chiesa della Madonna della via di Mezzo

Giovanfrancesco II Pico ha vissuto una vita straordinaria che vale la pena di raccontare, per il contesto storico in cui si svolge e per i grandi personaggi che l’hanno incrociata.

Nasce nel 1469 arrivando alla fine del ’400 in piena maturità e vivendo intensamente quel tratto di storia che va sotto il nome di Guerre d’Italia, in cui le potenze straniere di Francia, Spagna e Impero Germanico si accorgono che la ricca Italia è una facile preda disseminata di piccoli stati che difficilmente si possono coalizzare per contrastare i loro potenti eserciti, e ondate successive di eserciti stranieri l’attraversano facendola diventare un immenso campo di battaglia per decine di anni.

Il Mastio della Mirandola

Il Mastio della Mirandola

Monete MIRACULUM AMORIS

Monete MIRACULUM AMORIS

2023 12 02 Presentazione in Sala Trionfini

2023 12 02 Presentazione in Sala Trionfini

E’ anche però il pieno periodo del rinascimento italiano a cui Giovanfrancesco, uomo di grande cultura, partecipa da protagonista, molto influenzato in questo dallo zio Giovanni Pico, che pur essendo fratello di suo padre è di soli sei anni più vecchio di lui. Ma a differenza dello zio  lui è anche uomo di spada, Signore del feudo di Mirandola e più volte protagonista come capitano di ventura al seguito di grandi eserciti, oltre ad essere in costante lotta con i fratelli per il governo di Mirandola. Una storia densa di accadimenti.

Giovanfrancesco è il figlio primogenito di Galeotto I Pico e di Bianca Maria d’Este, la sorella di Borso ed Ercole I d’Este, entrambi in successione duchi di Ferrara, Modena e Reggio.

Secondo il diritto Longobardo che governava molti degli stati italiani tra cui Mirandola, alla morte del Signore il governo veniva ereditato in parti uguali da tutti i figli maschi. Galeotto però, arrivato al potere, fa incarcerare il fratello di poco più giovane Antonmaria con l’accusa di tradimento, lasciandolo in catene per due anni, mentre l’altro fratello molto più giovane, Giovanni Pico, non è minimamente interessato al governo di Mirandola, anzi, venderà i suoi diritti sulla signoria e la sua parte di proprietà del castello al nipote prediletto Giovanfrancesco, con il benestare di Galeotto.

Galeotto cioè tenta di traghettare Mirandola verso una maggiore modernità istituendo la successione per primogenitura, più efficiente e già adottata dai maggiori regni europei, lasciando in eredità Mirandola al primogenito Giovanfrancesco, convincendo i due figli cadetti, Lodovico e Federico, a farsi da parte dietro un appannaggio in denaro, e ottenendo il benestare dallo stesso Imperatore Massimiliano I, a cui legalmente il feudo di Mirandola appartiene.

Il fratello Antonmaria sarà poi liberato grazie alle pressioni di diverse corti, sposerà la figlia del Signore di Bologna, Bentivoglio, e si rifugerà a Roma, alla corte di Papa Sisto IV,  il quale muove guerra contro i veneziani e con il suo esercito prende Concordia cedendola ad Antonmaria ma desistendo dall’assediare Mirandola in quanto troppo ben protetta. Lo stato viene perciò diviso in due parti, Galeotto a Mirandola e il fratello Antonmaria a Concordia.

Come sappiamo lo zio Giovanni muore giovane a Firenze, nel pieno della prima delle guerre d’Italia, quando Carlo VIII di Francia entra vincitore a Firenze. Al suo capezzale oltre al frate domenicano Girolamo Savonarola c’è Alberto III Pio, l’altro suo nipote prediletto figlio della sorella Caterina, già Signore di Carpi con il fratello e i cugini. Giovanfrancesco si precipita al capezzale dello zio ma vi arriverà troppo tardi.

Lui però si fa carico di pubblicare tutti gli scritti lasciati da Giovanni, la sua opera omnia. Per due anni si dedica alla loro sistemazione, li traduce da una scrittura definita quasi illeggibile pubblicando in totale 12 libri, tra cui la famosa Oratio de Hominis Dignitate, che diventerà la bandiera dell’Umanesimo. Sorretto e spronato in questa impresa da una fitta corrispondenza di tanti uomini illustri d’Europa che ambivano di conoscere per esteso il pensiero del grande filosofo. Pubblicherà anche diversi propri trattati di filosofia e teologia dandogli grande fama  in Europa, in cui spesso verrà conosciuto con l’appellativo di “il Litteratissimo”.

Firenze nel frattempo scaccia i Medici e a furor di popolo prende il potere il monaco domenicano  Girolamo Savonarola che ne fa una repubblica basata sui dettami del Vangelo, in contrasto con la dissolutezza della Chiesa di Roma. Giovanfrancesco, come lo zio, è molto legato al frate e ne sposa i dettami religiosi ma in modo molto meno critico di Giovanni, ne diviene quasi seguace fanatico, ben distante quindi dal filosofo umanista che fu lo zio.

Alla morte del monaco scriverà Vitae di Savonarola, senza la quale molto meno conosceremmo della sua storia, aveva già scritto un opuscolo contro la scomunica di Alessandro VI Borgia e diffuse uno scritto in volgare in sua difesa quando venne incarcerato.

L’anno dopo muore il padre di malaria e Giovanfrancesco diviene il Signore di Mirandola e Conte di Concordia, è il 1499 e ha 30 anni. Subito apre le porte della città ai domenicani seguaci del Savonarola in fuga da Firenze, gli “Unti dal Signore”, tra cui fra’ Bernardino, da loro eletto l’Antipapa, che sarà tra i primi consiglieri del nuovo Signore di Mirandola.

La paura delle guerre incombenti ma anche dei fratelli che non avevano rinunciato alla Signoria ed erano divenuti temibili uomini d’arme, gli fece costruire freneticamente in un solo anno un immenso Torrione. 15 m per lato, muri spessi 4 metri, alto 47 m. con due bocche per cannone per lato sulla sommità.

L’imponente Maschio della Mirandola.

Mirandola è un protettorato degli Sforza di Milano. Il padre Galeotto, grande capitano di ventura, aveva più volte retto il ducato durante le assenze di Ludovico il Moro arrivando persino ad essere il padrino del figlio primogenito.  Gianfrancesco mantiene tutte le amicizie del padre, cavalcando più volte nelle parate a fianco del Duca di Milano.

Ma il Moro viene sconfitto da una nuova coalizione tra francesi e veneziani. E la vendetta francese sui suoi alleati non si fa attendere. Bologna, Parma, Pavia, Correggio, Carpi e la stessa Mirandola vengono sanzionate a pagare delle grosse “taglie” di denaro. 20.000 sono i ducati d’oro che deve pagare il Pico.

Paga la prima rata ma poi è restio a pagare il rimanente.

La minaccia del terribile esercito francese alle porte, che più volte aveva massacrato gli abitanti di intere città, fa paura anche ad Ercole d’Este, Duca di Ferrara, Modena e Reggio, che anticipa per lui il pagamento della seconda rata. Ma poi il Pico negherà di doverlo ripagare asserendo di non averlo richiesto. Si prenderà gioco anche dell’altro potente vicino, il Marchese di Mantova Francesco Gonzaga, a cui promette di ripagare l’Este e di saldare la taglia al Re di Francia senza però farne seguire i fatti. Inimicandosi entrambi i due potenti vicini.

In questo contesto muore lo zio Antonmaria, Signore di Concordia, senza eredi e, in cattivi rapporti con Gianfrancesco, lascia la Contea in eredità ai due fratelli di Gianfrancesco, Lodovico e Federico.

Con un colpo di mano e corrompendo il capitano a guardia della fortezza Gianfrancesco però si impadronisce della città prima del loro insediamento, unificando l’intero stato.

Lodovico è divenuto nel frattempo un temuto capitano di ventura. Sposo della figlia di Giangiacomo Trivulzio, il grande capitano comandante generale dell’esercito francese in Italia, colui che aveva sconfitto il Moro. Con le truppe francesi, i cannoni del Gonzaga e il totale supporto dell’Este, i due figli cadetti assediano Mirandola e la prendono in 50 giorni. E’ il 1502.

Ci viene raccontato che Gianfrancesco esce dalle mura per una sortita allo scopo di procurare del cibo ma al suo ritorno  trova la città sbarrata dagli stessi mirandolesi che al grido di pace e pane aprono le porte agli assedianti,  senza però evitare il saccheggio da parte dei soldati francesi e mantovani a cui era già stato promesso  come ricompensa da Lodovico.

Gianfrancesco si rifugia nel castello di Novi, ospite del cugino e grande amico Alberto Pio, costretto a lasciare figli e moglie come ostaggi a Mirandola.

L’imperatore intima ai cadetti usurpatori di restituire la terra al legittimo erede ma ovviamente rimane inascoltato e i nuovi Signori offrono la fortezza alla protezione francese.

Un assedio a Novi di Lodovico spingerà poi Alberto Pio a saldare il debito di Giovanfrancesco verso l’Este e verso la corona francese. Verrà successivamente ripagato con la cessione di terre alla restaurazione di Gianfrancesco a Mirandola.

La città è amministrata dal fratello più giovane, Federico, e dalla madre, Bianca Maria, più volte già in passato reggente durante le lunghe assenze del marito Galeotto.

Lodovico è ormai totalmente dedito alle armi ed è uno dei maggiori capitani di Cesare Borgia, il Valentino, figlio di Papa Alessandro VI. Partecipa alla sua campagna di conquista della Romagna ed è con lui all’eccidio di Senigallia, in cui il Borgia assassina i suoi capitani ribelli, partecipa anche da protagonista all’assedio di Ceri (Cerveteri) con l’ausilio delle macchine da guerra inventate da Leonardo da Vinci, al seguito del Valentino come ingegnere militare.

Gianfrancesco non cessa però di rivendicare la propria Signoria inviando continue missive a tutte le corti europee, con frequenti ambascerie all’Imperatore e al Re di Francia.

Nel 1504 muore il fratello Federico per malattia ed anche il Papa Borgia. Al trono di San Pietro sale Giulio II della Rovere, acerrimo nemico dei Borgia, e il Valentino cade in disgrazia.

Giovanfrancesco è a Roma e vive molto vicino al nuovo Papa.

Qui viene sventato un attentato alla sua persona. L’attentatore, certo Bortolazzo Brugnoli di Concordia, viene da lui perdonato e persino liberato. Sarà lo stesso Brugnoli, a distanza di trent’anni, che lo ucciderà nel castello di Mirandola.

I veneziani si riprendono la Romagna conquistata dal Valentino e il Papa muove guerra contro di loro formando una nuova lega con Impero e Francia. Nella battaglia della Polesella i cannoni di Alfonso I d’Este, succeduto al padre Ercole, grande esperto di metallurgia e di balistica, distruggono le navi veneziane giunte ad assediare Ferrara attraverso il Po’, che allora attraversava la città dividendosi su due rami. Fu l’ultima volta che navi da guerra furono impegnate via fiume, troppo esposte ai tiri dei moderni cannoni.

In quella battaglia, Lodovico Pico è a capo dell’esercito pontificio. Passando in rassegna a cavallo le sue truppe, protetto alla vista delle navi veneziani da un argine, una palla di cannone, sparata alla cieca, lo colpisce alla testa decapitandolo. Il cavallo continuerà il galoppo con il suo corpo irrigidito dall’armatura, senza più testa. E’ il 1509, aveva 37 anni, sarebbe sicuramente diventato uno dei maggiori condottieri d’armi italiano.

Per meriti di guerra del padre, sotto le spinte di Giangiacomo Trivulzio, l’Imperatore Massimiliano I conferma il feudo di Mirandola al figlio Galeotto II Pico, di solo un anno e mezzo, con la reggenza della madre Francesca Trivulzio.

Solo due anni dopo Papa Giulio II, intimorito dalla troppa potenza raggiunta dai francesi in Italia, cambia le proprie alleanze e si schiera con i veneziani, in cambio delle terre romagnole, contro i francesi. Mirandola e Ferrara, protettorati francesi, diventano fortezze nemiche e il suo esercito con i veneziani assediano Mirandola. Tra le sue file non mancano Alberto Pio, suo ascoltato consigliere, e Gianfrancesco Pico.

L’assedio di Giulio II dura 32 giorni, poi la fortezza viene presa anche a causa del freddo intenso invernale che ghiaccia il grande fossato. L’alloggio del Papa durante l’assedio è a Santa Giustina, più vicina alla città rispetto ad oggi, e una palla di cannone centra le sue stanze facendole in parte crollare. Muoiono due collaboratori ma il Papa si salva. La palla di metallo viene raccolta e portata successivamente a ringraziamento del miracolo che gli ha salvato la vita in uno dei posti più sacri della cristianità in Italia: la casa di Maria nel Santuario di Loreto, dove è tutt’ora appesa.

 Francesca Trivulzio si arrende e Giovanfrancesco viene rimesso a capo della Signoria dietro un nuovo debito di 20.000 ducati alle casse papali. Di nuovo mai pagati.

Ma già in primavera si muove Giangiacomo Trivulzio a capo del suo esercito francese da Milano che sbaraglia le difese di Concordia massacrando il presidio di 400 papalini. Giovanfrancesco e Alberto Pio abbandonano Mirandola, varie diserzioni e il castello si arrende. Ripristinando la Signoria di Galeotto II con la reggenza di Francesca Trivulzio.

 Nella battaglia di Ravenna la lega del Papa è sconfitta dai francesi grazie soprattutto ai cannoni di Alfonso I d’Este che bombardano il campo di battaglia disinteressandosi anche degli alleati francesi. Trasformandola nella battaglia più sanguinosa del ‘500. Insieme ai più grandi condottieri del tempo alla battaglia partecipano anche Gianfrancesco e Alberto Pio tra le file del Papa, ma vengono fatti prigionieri insieme al figlio di Lorenzo il Magnifico, il Cardinale Giovanni de Medici che diventerà poi Papa Leone X. Liberati dopo alcuni mesi dietro riscatto.

Come sempre il Problema Pichiano di Mirandola entra in tutte le trattative tra gli stati al termine di ogni guerra e, nel tentativo di risolverlo definitivamente, viene inviato a Mirandola un commissario imperiale, un vescovo austriaco, della città di Gurk, Matteo Lang, con l’incarico da parte di Impero e Papato di risolvere la questione.

Per un anno il Vescovo ascolta le parti e dopo varie trattative, tentativi di corruzione, intimidazioni e litigi, Mirandola viene assegnata a Giovanfrancesco e Concordia a Galeotto II con la Trivulzio come reggente.

Seguono 20 anni di relativa stabilità politica della città di Mirandola anche se le due Signorie sono costantemente in guerra, con almeno sei assedi a Concordia e scorribande armate nelle campagne da entrambe le parti con uccisione di civili.

L’imperatore Massimiliano I, sempre in cerca di denari, concede nel 1515 a Gianfrancesco il privilegio di aprire una zecca e coniare monete. Un privilegio che porta denaro e maggior benessere alla città. Verranno coniate quelle che per molti sono tra le più belle monete italiane del rinascimento.

Nel 1524 viene però scoperto che il doppio ducato d’oro “Miraculum Amoris”, coniato a Mirandola è realizzato con meno oro del dovuto nella lega. Grande scandalo e risonanza in tutta Europa, viene accusato lo zecchiere,  Sante Boccali di San Martino Spino, ma è difficile credere che ciò potesse avvenire all’insaputa del Principe e, soprattutto, della moglie Giovanna Carafa che amministrava di fatto molto della città. Comunque il Boccali viene decapitato sulla piazza e Giovanfrancesco si impegna a sostituire le monete con una nuova “Miraculum Amoris” con il giusto contenuto d’oro. La moneta viene coniata, con il principe ritratto in abiti borghesi anziché in armatura come nella prima, ma non terrà fede alle promesse respingendo le richieste di rimborso e il Duca di Modena metterà  le monete di Mirandola al bando.

Nello stesso periodo non si interrompe la produzione letteraria di Giovanfrancesco e nel 1517 pubblica la Riforma dei costumi, l’orazione in cui critica il comportamento dissoluto e poco religioso della chiesa, da lui pronunciata durante il concilio ecumenico indetto dal suo amico Papa Leone X per riformare la Chiesa. Lo scritto verrà portato ad esempio dai riformisti di Lutero che di lì a poco daranno il via alla riforma protestante.

Nello stesso anno la città subisce un assedio dell’esercito francese guidato dal fratello della Trivulzio. Per 50 gg, poi si scopre che Francesca Trivulzio ha sposato il capitano della sua guardia e che da lui aspetta un figlio, cercando con trattative segrete una pace con il Pico offrendo la stessa Concordia. Il fratello, disgustato dalla notizia, abbandona l’assedio e riporta l’esercito a Milano. Il marito di Francesca, Ottobuono de Terzi, verrà assassinato da dei sicari e Francesca si ritirerà nel convento di clausura delle Clarisse di San Lodovico di Mirandola, per restarvi fino alla morte. Il Gonzaga diviene il tutore del giovane Galeotto II.

Nel 1519 viene aperta per un breve periodo una tipografia a Mirandola, ospitando Giovanni Mazocco, stampatore di FE autore della prima edizione dell’Orlano Furioso.

Un poema in cui troviamo un verso che l’Ariosto, membro della corte estense a Ferrara,  dedica  ai due cugini:  “ Veggo sublimi e sovr’umani ingegni di sangue e d’amor giunti il Pico e il Pio”.

La tipografia a Mirandola dura però un solo anno, il Mazocco, stanco di non ricevere la giusta paga, se ne va.

 Completa anche l’unificazione dei borghi di Mirandola con mura a pianta rettangolare allargando nel 1524 il fossato per ricavarvi un’isola giardino accessibile dal castello, riempiendola di meravigliose vegetazioni provenienti anche da luoghi molto lontani. A sua ispirazione letteraria.

Siamo così arrivati al 1522. Gli anni della caccia alle streghe a Mirandola. Giovanfrancesco chiama i frati Domenicani in città ed iniziano una serie di interrogatori della Sacra Inquisizione a cui lo stesso Giovanfrancesco partecipa in prima persona, convinto di avere il dono di riconoscere il diabolico e smascherare streghe e stregoni.

Lo stato è ancora diviso in due parti ma tutto il territorio è sotto la giurisdizione ecclesiastica della diocesi di Reggio. Molti degli interrogati sono di Concordia ma i processi si svolgono a Mirandola, nella via di Mezzo, presso il monastero Domenicano. Viene messo in luce un rito, a Concordia al di là del Secchia (San Giovanni), in cui si svolgono atti abominevoli di disprezzo del crocefisso e di ostie consacrate. Purtroppo non conosciamo molti dettagli perché tutto quello che riguarda i processi dell’inquisizione nella Diocesi di Reggio è andato perduto,  così come pure è andato perduto l’archivio dei Pico con lo scoppia del Torrione, abbiamo solo alcuni documenti dall’archivio di Modena che ci dicono che gli inquisiti furono oltre  70 e almeno 10 i roghi di streghe e stregoni sulla piazza a Mirandola. La maggior parte dei quali avvenuti nel 1523, esattamente 500 anni fa.

 Il clima di terrore, le torture e le uccisioni provocarono però un forte malcontento tra la popolazione e Giovanfrancesco nel tentativo di calmare le proteste scrive in soli dieci giorni un volumetto: Strix, sive de Ludificatione Daemonum, tradotto e stampato l’anno successivo come Streghe, ovvero degli inganni dei Demoni. Il libro che maggiormente lo renderà noto nei secoli successivi.

Poi l’epilogo. Il 15 ottobre 1533 Galeotto II, ormai 25enne, allevato nel rancore e nell’odio, sferra un attacco notturno al castello con un manipolo di soldati. Scala le mura e sorprende le guardie. Ed è proprio quel Bortolazzo Brugnoli, graziato da Gianfrancesco anni prima a Roma, a capo della spedizione e sarà lui che lo sorprende  in camera da letto accanendosi su di lui per pugnalarlo più volte, fino ad ucciderlo.

 Galeotto prende il potere. Grandi sono le proteste in tutte le corti per la morte del Litteratissimo e l’imperatore intima a Galeotto di restituire lo stato agli eredi di Gianfrancesco costringendo Galeotto a mettere Mirandola nuovamente sotto la protezione francese. Il nuovo Principe vivrà in gran parte alla corte di Parigi lasciando Mirandola in mano ad un presidio militare francese, facendola divenire un covo di malavitosi dove si rifugiano vari complottisti d’Italia, dove si viene alla ricerca di sicari senza scrupoli.

Da quel momento Mirandola avrà sempre un solo Signore e la successione avverrà per primogenitura.

bONZAGNI

Liberamente tratto dal libro di Maurizio Bonzagni:

“Mirandola e la Bassa Modenese – Storia di una capitale dall’Alto Medioevo a Città di Provincia”

Edizioni: Al Barnardon

Il libro è in vendita nelle edicole e librerie di Mirandola.

€ 15.00

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