Bello a sapersi – I cattivi fratelli e le ricche sorelle di Giovanni Pico della Mirandola

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Maurizio Bonzagni

Maurizio Bonzagni

Chimico, nato a Mirandola nel 1958, ha lavorato a lungo come responsabile vendite presso una multinazionale di materie plastiche ma è soprattutto un appassionato di storia locale di cui è da anni un attento lettore. Dopo aver arricchito la propria biblioteca di numerosi testi su Mirandola e la Bassa Modenese e raggiunta recentemente la pensione ha iniziato la collaborazione con Al Barnardon per condividere e contribuire a divulgare la splendida storia delle nostre terre, spesso sconosciuta o ignorata da molti dei suoi stessi abitanti.

Abbazia di San Benedetto Po

Abbazia di San Benedetto Po

I cattivi fratelli e le ricche sorelle di Giovanni Pico della Mirandola

Galeotto I Pico

Galeotto I Pico

Sarcofago di Lucrezia Pico in San Benedetto Polirone

Sarcofago di Lucrezia Pico in San Benedetto Polirone

Corte delle Segnate di Lucrezia Pico

Corte delle Segnate di Lucrezia Pico

Mentre Giovanni Pico a 28 anni raggiungeva l’apice della sua breve ma intensa esistenza, sfidando in contradditorio con le sue 900 tesi l’intera comunità scientifica d’Europa, suo fratello maggiore Galeotto aveva già 49 anni ed era Signore incontrastato di Mirandola da più di vent’anni, dopo aver estromesso violentemente il terzo fratello maschio Anton Maria, di soli due anni più giovane di lui.

La sorella Caterina aveva 37 anni, sposata al Signore di Luzzara Rodolfo Gonzaga ma già vedova di Lionello Pio, da cui aveva avuto Alberto III, l’ultimo ma anche il più grande tra i Signori di Carpi.

Lucrezia, l’ultima sorella, aveva 33 anni, ricchissima vedova di Pino Ordelaffi, Signore di Forlì, e già sposa di Gherardo Appiano d’Aragona, fratello del Signore di Piombino. Una famiglia ben radicata tra le corti d’Italia.

Luglio - Salone dei mesi nel palazzo Schifenoia 1468-1470

Luglio – Salone dei mesi nel palazzo Schifenoia 1468-1470

Caterina Pico

Caterina Pico

Tomba di Matilde in San Benedetto Polirone

Tomba di Matilde in San Benedetto Polirone

Galeotto, cresciuto da bambino alla corte di Ferrara per una educazione filosofica, sposa nel 1468 Bianca Maria d’Este, una dei tanti figli naturali legittimati di Niccolò III, sorella di Borso e Ercole d’Este, che in successione diverranno entrambi Signori di Ferrara, Modena e Reggio. Il matrimonio del Pico con Bianca Maria è raffigurato nell’affresco del mese di luglio nel Salone dei Mesi nel palazzo di Schifanoia alla corte d’Este di Ferrara.

Antonmaria fugge in Francia ancora giovanissimo durante un’assenza del padre, la madre  Giulia Boiardo chiede aiuto a Francesco Sforza che lo rintraccia e lo fa condurre alla corte di Milano. Abbagliato dalla più sfarzosa corte d’Europa convince la madre a farlo restare. Lì viene istruito da precettori con gli stessi figli dello Sforza, il primogenito Galeazzo Maria e il fratello Ludovico Maria, poi conosciuto come il Moro.

Alla morte del padre Gianfrancesco I Pico nel 1467 ereditano la Signoria tutti i tre figli maschi per un governo consortile, come ancora stabiliva il diritto longobardo. Escluso Giovanni che all’epoca aveva solo quattro anni, i due fratelli maggiori condividono il potere per tre anni creando due corti separate e occupando spazi ben definiti all’interno del grande castello,  in una Mirandola già abbellita con mura, conventi e palazzi dal padre e dalla madre Giulia Boiardo, aprendo la città al Rinascimento delle Arti.  Ma poi Galeotto prevarica sul fratello, rinchiudendolo nei sotterranei del castello per due anni e imprigionando nelle sue stanze la stessa madre che parteggiava per il fratello minore.

Dopo essere stato liberato per intercessione della sorella Caterina e di Ercole d’Este, Antonmaria sposa Costanza, figlia di Sante Bentivoglio Signore di Bologna, e si rifugia a Roma sotto la protezione di Papa Sisto IV della Rovere con il cui esercito occupa Concordia, durante la guerra contro Venezia nel 1483 sotto cui il fratello Galeotto militava, desistendo però dall’assediare Mirandola per le troppe elevate difese. Concordia va ad Antonmaria e Mirandola rimane a Galeotto.

Galeotto viene scomunicato e con lui la stessa città di Mirandola, scomunica che resterà per 16 anni e tre Papi fino alla sua morte, isolando e mettendo in ginocchio l’economia del piccolo stato. Mentre Concordia al contrario prospera con i suoi mulini e lo sbocco al Po che gli consente il Secchia per i suoi commerci.

Le fortificazioni delle due cittadine vengono potenziate, vengono completate le cinta murarie con torri e camminamenti e molteplici saranno la scorribande e gli scontri armati tra le due fazioni con assedi e decine di morti da entrambe le parti.

La Serenissima licenzia Galeotto, sospettosa dei rancori del Conte per non averlo difeso nell’invasione di Concordia e il Pico si mette al servizio di Ludovico Il Moro, divenendo presto suo prezioso e leale alleato, arrivando persino ad essere il padrino del suo primogenito e a reggere il Ducato di Milano durante alcune assenze dello Sforza.

Antonmaria morirà senza lasciare un erede maschio ma le dispute in casa Pico continueranno tra i tre figli maschi di Galeotto, mantenendo la Signoria divisa tra Concordia e Mirandola, tra alterne vicende, fino al 1533 con l’ennesimo omicidio tra membri della famiglia Pico.

Nel 1495, sulle rive del Taro, a Fornovo, Carlo VIII di Valois sceso in Italia alla nefasta conquista di Napoli ha un epico scontro con un esercito italiano di molto inferiore, con truppe di Ferrara, Bologna e Urbino. Il Taro viene superato dall’esercito francese ma gli italiani ne escono da eroi. Nella battaglia considerata tra le più cruenti d’Italia muore Rodolfo Gonzaga, il secondo marito di Caterina Pico, nuovamente vedova a 41 anni.

Caterina morirà nel 1501 a Luzzara, si narra avvelenata da una sua cameriera mossa dal rancore di essere stata scoperta e svergognata dalla sua padrona per essersi concessa ad un prestante fante dei Gonzaga. L’assassina scoperta viene appesa a una trave per un piede fino alla sua morte, dopo giorni di atroci tormenti.

Lucrezia sposa a 17 anni nel 1475 Pino degli Ordelaffi di 39 anni, Signore di Forlì, sospettato di aver fatto avvelenare le sue due prime mogli, compagno d’armi di Giovanfrancesco I Pico, padre di Lucrezia. Dopo soli cinque anni il marito muore, ancora una volta si sospetta di un avvelenamento ma questa volta da parte della giovane moglie, spaventata dal crudele marito.

Reggente della Signoria, alla prematura morte del figliastro dodicenne, cede Forlì alle forze di Papa Sisto IV deciso a conquistare i piccoli feudi della Romagna, dietro 200.000 fiorini d’oro e l’intera ricchezza degli Ordelaffi.  

Sposa Gherardo Appiano nel 1483 e si trasferisce a Piombino da cui però deve fuggire per l’avvento delle truppe papali del Valentino, figlio di Papa Alessandro VI Borgia, rifugiandosi nella Firenze dei Medici. Costretti poi nuovamente alla fuga per la morte del Magnifico e l’avvento del fanatismo del Savonarola.

Lucrezia prende così possesso dei vasti e ricchi territori a San Giacomo delle Segnate ereditati dalla madre, per condurre una vita in devozione cristiana lontana dagli sfarzi delle grandi corti. Legandosi alla vicina abbazia fondata dai Canossa di San Benedetto Po, dove allora era ancora sepolta la grande Matilde.

Alla sua morte nel 1511 Lucrezia lascia le sue immense ricchezze a diversi enti ecclesiastici ed ospedali ma la gran parte della sua eredità va al monastero benedettino dove verrà sepolta insieme al marito.

Obbligo testamentario, pena la decadenza del lascito, sarà la ristrutturazione monumentale della chiesa abbaziale, rinata così come la conosciamo oggi sotto la guida di Giulio Romano, discepolo prediletto di Raffaello. Con ancora oggi al suo interno il sarcofago da lei fatto costruire alla morte del marito per essere con lui sepolta, a fianco del monumento sepolcrale di Matilde di Canossa.

Desiderio di Lucrezia di avere per l’eternità la vicinanza della grande contessa che venne però deluso dal destino in quanto le spoglie di Matilde furono trafugate nottetempo, complice la corruzione dei monaci, da Papa Urbano VIII Barberini, per trasferirla in San Pietro nel 1632, nella tomba monumentale scolpita dal Bernini.

GHIDONI, Pichianerie (11), in «Quaderni della Bassa Modenese», n. 70, Finale Emilia 2016

  1. BIANCHINI BRAGLIA, Mirandola Quattro secoli con i Pico, in «Le piccole capitali, delle terre estensi» Quaderni del Ducato, Zagabria 2020
  2. GUAITOLI, Amori e morte di Caterina Pico della Mirandola, in «Le piccole capitali, delle terre estensi» Quaderni del Ducato, Zagabria 2020
  3. BELLINI, Concordia sulla Secchia, dalle origini all’unità d’Italia, 1969, Riedizione a cura di U. CASARI, Verona 2009
  4. SIMON, I Gonzaga. Storia e segreti, Newton & Comton Editori, Ariccia (Roma) 2001
  5. ARIOSTO, Orlando Furioso, Canto 46, strofa 17, 1516
  6. CAPPI, Lucrezia Pico (1458-1511) Dalla corte di Mirandolaall’abbazia di San Benedetto di Polirone, a cura di P. Golinelli, Centro internazionale di cultura Giovanni Pico della Mirandola, Finale Emilia 2008

Liberamente tratto dal libro di Maurizio Bonzagni:

“Mirandola e la Bassa Modenese – Storia di una capitale dall’Alto Medioevo a Città di Provincia”

Edizioni: Al Barnardon

Il libro è in vendita nelle edicole e librerie di Mirandola.

€ 15.00

COVER_Mirandola e la bassa modenese (1)

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