Stele di Batonia Candida – Il ritrovamento e i procedimenti di restauro conservativo

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Stele_di_Batonia_Candida

Il recupero, nel 1954, della stele funeraria di Batonia Candida è dovuto a Giuseppe Venturini (San Felice sul Panaro, 1877-1965). Nella sua veste di Ispettore onorario ai Monumenti, Scavi e Antichità per il Man­damento di Mirandola, il 3 ottobre di quell’anno egli invia a Giorgio Monaco, Soprintendente per l’Emilia-Romagna, la seguente segnalazione:

“Mi premuro avvenire la La Signoria vostra Ill.ma che in seguito ad aratura eseguita in questi giorni a ponente della Terramara Tesa (Mi­randola) è venuta in luce una tavola di marmo bianco delle dimensioni di 40×130 (cm), spessore cm 8 colla iscrizione a parte segnata. Nella stessa località nell’autunno scorso vennero in luce da una tomba a cremazione, due lucerne e due vasetti di vetro.

Nel XVII volume di “Studi Etruschi p. 448 è fatto cenno (Malavolti) di questa interessante stazione.

Spero che sabato prossimo il tempo lo permetta e d’avere cosi l’onore di una gradita visita della S.V. vivamente attesa, oltre che da me, dall ‘egregio ing. Pozzetti e altri giovani stu­diosi di Mirandola, in tale speranza porgo devoto ossequio Giuseppe Venturini.

San Felice 4 ottobre 1954.”

Pochi giorni dopo la stele era già stata trasferita nella Biblioteca Comunale di Mirandola, dove il 6 novembre il Soprintendente in persona la può vedere «regolar­mente conservata, con ogni garanzia di custodia*: condizioni che assieme alla presenza, nello stesso edificio, di una raccolta archeologica locale inducono a lasciare il prezioso reperto in deposito in quella sede (inv. 137410) . Dal 2008 è esposta nel Musco Civico allestito nel Castello dei Pico.

La scoperta avviene ai margini del rialzo creato dalla terramara (sito MI 79), in un punto ora imprecisabile all’interno della necropoli di età imperiale*. Non sono noti altri dettagli sul contesto di rinvenimento; sembra comunque che la lastra non abbia avuto un reimpiego.

La stele è in marmo bianco del Proconneso, alta m 1,31. larga m 0,40, con uno spessore di m 0,78 e pre­senta un largo foro circolare nella parte inferiore per essere fissata a una trave orizzontale o a un elemento strutturale della tomba, in modo da garantirne una posizione stabile.

Nella parte superiore si nota un timpano entro cui è ricavato un piccolo busto muliebre con runica e man­tello; un solco curvilineo delinea gli pseudoacroteri, ad imitazione di quelli “a orecchio” tipici dei sarcofagi, entro cui si trovano le lettere iniziali della adprecatio agli dei Mani (D. M., ossia Dis Manibus).

Lo specchio epigrafico è privo della consueta corniciatura.

Il monumento e riconducibile alle stele a lastra di tradizione ravennate, diffuse lungo il corso inferiore del Po tra il II e il III secolo d.C.. ma con attestazioni anche a Modena.

Il testo reca la seguente iscrizione, disposta su dieci righe (oltre alla sigla D. M.) con lettere di altezza diversa (II. 1-2: cm 9,2; 1. 3: cm 7,8; II. 4-6 e 10-11: cm 4,8; II. 7-9: cm 3,2). seppure incise con una certa regolarità ed eleganza:

D(is) Manibus/Batoniae/ Candidae/ coniuci, eae cu(ae) /a me meruit / moriens non / ipsa petivit et gratae abui in mente / labores. Capellenus maritus /b(ene) m(erenti) p(osuit).

Eccone una libera traduzione: «Agli Dei Mani. Alla coniuge Baronia Candida che, morendo, meritò da me ciò che ella stessa non chiese. E avendo in mente le sue fatiche, io Capelleno, suo marito, ho posto (il presente monumento funerario) a lei veramente meritevole.

Mauro Calzolari

Tratto da – La stele funeraria di Batonia Candida

Edizioni: All’insegna del Giglio

Anno 2012

Procedimenti di restauro conservativo della Stele di Batonia Candida

L’allestimento della sezione archeologica nella mostra sulle Valli Mi- randolesi è stata l’occasione per effettuare un intervento di pulitura e re­stauro conservativo della stele di Batonia Candida, rinvenuta nel 1954 nel fondo La Tesa a Mortizzuolo di Mirandola (MO).

La stele è priva di cornice, presenta il timpano riquadrato da un listel­lo piatto ed acroteri resi con una semplice linea incisa. Entro il campo fron­tonale è scolpito un busto femminile. Si data al pieno III sec. d. C.

La lastra marmorea si presenta in due frammenti precedentemente ri­composti mediante un collante per l’identificazione del quale si attendono gli esiti delle analisi di laboratorio. La superficie del reperto risultava de­turpata da incrostazioni silicee sulfurate dovute alla natura del terreno di giacitura. Le operazioni di pulitura, effettuate inizialmente con lavaggi di acqua distillata e Desogen (soluzione a effetto antimicotico), sono state pre­cedute dal prelievo di campioni del materiale lapideo e delle incrostazioni.

Sondaggi di pulitura sono inoltre stati effettuati su piccole porzioni di superficie con applicazioni di compresse di polpa di cellulosa imbibite di E.D.T.A. in soluzione al 3% in acqua distillata.

Le incrostazioni, così ammorbidite, sono state pertanto rimosse mec­canicamente. Infine, sono stati asportati mediante specillo a ultrasuoni i rimanenti residui silicei. Una pellicola protettiva è stata inoltre stesa sulla superficie per evitare l’attacco di agenti atmosferici ed elementi inquinanti.

Anna Musile Tanzi – Roberto Monaco
Laboratorio di Restauro

Soprintendenza Archeologica dell’Emilia Romagna

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