Una cultura dello sguardo.
Su alcune foto di Gianni Basaglia
Ha scritto Susan Sontag che «la forza di una fotografia sta nel conservare, suscettibili d’indagine, momenti che il normale fluire del tempo sostituisce immediatamente». Le fotografie di paesaggio di Gianni Basaglia si assumono proprio questo compito: attivare una cultura dello sguardo che ha in sé l’esigenza del comprendere e dell’interpretare, del rammemorare e del salvare dalla dissipazione distratta del quotidiano.
Il paesaggio è infatti sempre un palinsesto stratificato, insieme natura e cultura, dove forme e colori rimandano all’avvicendarsi non solo delle ore e delle stagioni, ma delle opere dell’uomo in dialogo con le presenze viventi della natura. In fondo anche il paesaggio delle nostre Valli verso San Martino Spino è un luogo profondamente antropizzato che l’occhio del fotografo cattura con uno sguardo capace di trasmetterci frammenti di tempo umano e tempo naturale.
Dunque in primo luogo i colori: accesi negli edifici immersi in una luce immobile; soffusi nelle prospettive che si perdono all’infinito dei grandi viali alberati. La fotografia sa cogliere quella che potremmo definire la qualità dell’aria: brumosa, mossa dal vento, immobile, partecipe della dolcezza delle presenze o del silenzio interrogante dei luoghi del lavoro agricolo e dell’abitare della comunità.
La terra dorme sotto la brina o porta il segno dell’operosità umana, come nelle tracce quasi simboliche, rigate di un enorme giardino giapponese. Oppure mostra i frutti solari e geometrici del lavoro dell’uomo mentre gli animali, immobili o in volo, fissati in un’immagine necessariamente silente, sembrano interrogarci su un mondo che – ci rammentano – non è solo nostro, ma ci è stato affidato.
Tutte queste foto sono percorse da quello che chiamerei il sentimento del tempo: non solo quello quotidiano colto nella maestà rosso-violacea del giorno che finisce, ma il tempo provvisorio del nostro trascorrere e permanere per poco su questa terra. Di una casa un tempo abitata rimangono solo le rovine; l’albero disegna le sue trame spoglie contro il cielo terso e immobile di una giornata invernale, dove il nero della terra scura si apre, inciso come da una linea decisa, nel verde dell’erba illuminata dal sole freddo. A suggerirci che il tempo della vita è inserito in un tempo più grande che la voce silenziosa delle immagini affida alla pietas della memoria e del ricordo.
Alessandra
Tutte le immagini di Gianni le trovate a questo link:http://www.albarnardon.it/le-immagini-di-gianni-basaglia/
