Lo stemma di San Felice sul Panaro si articola in un campo ovale contornato di fregi in oro. All'interno il simbolo della Rocca, con vasta apertura color mattone su campo azzurro. La torre centrale è merlata. La Rocca è composta di tre torri, quelle laterali sono sormontate da aquile estensi, di colore bronzeo.
SAN FELICE SUL PANARO
San Felice è uno dei più antichi e vivaci centri del nostro comprensorio, ricco di storia e di monumenti e altrettanto ricco di iniziative industriali e commerciali. La popolazione, al 31/12/81, era di 9.434 abitanti. È situato ad una altitudine di 19 metri sul livello del mare. Frazioni: Rivara, San Biagio in Padule, Pavignane e Ponte San Pellegrino.
CENNI STORICI
Il Tiraboschi, con felice sintesi, attribuisce a San Felice il titolo di “nobile terra”. In effetti, il luogo è molto antico, ricco di storia e di tradizioni, e pure non mancano monumenti di grande rilievo.
L’origine di San Felice è antichissima. Questa terra, in modo particolare la zona che confina con il comune di Mirandola, era abitata fin dall’età del bronzo. Lo dimostrano in modo inequivocabile i reperti degli insediamenti terramaricoli venuti alla luce nel corso dei secoli in seguito a lavori di aratura. Frammenti di ceramica, anse lunate, fusaiole, cioè (piccoli pesi idonei alla filatura), vasi, ciotole e piccole statuette in bronzo sono stati trovati con una certa abbondanza nella zona di Pavignane, a testimonianza di un consistente insediamento.
Sicuramente si insediarono in questa zona anche coloni romani, mentre il Costa Giani e il Silingardi assicurano che la chiesa di San Felice fu la prima ad essere costruita nella Bassa modenese, nel 551. Dapprima essa era dedicata a Santa Maria, poi, non si sa bene in quale epoca, prese il nome di San Felice, in omaggio al vescovo di Tibari, in Africa, martirizzato a Venosa, in Lucania, il 30 agosto 303. Probabilmente la prima chiesa faceva parte di un nucleo abitato, formatosi in seguito alla creazione di un ospedale, cioè di un luogo di riparo per viandanti. Tutto intorno, infatti, non vi erano che boschi, paludi e disordinati corsi d’acqua, come è dimostrato dalla presenza del Bosco della Saliceta e di toponimi come San Biagio in Padule e Rivara.
Ma la vera storia di San Felice inizia soltanto prima del Mille. Dice il solito Tiraboschi che fin dai primi anni del secolo decimo esisteva il Castello di San Felice, “uno forse di quelli che in Italia furono innalzati per difendersi contro le irruzioni degli Ungheri sì frequenti al principio del secolo stesso”. Inizia anche a San Felice quel periodo che gli storici chiamano “incastellamento”. La prima menzione è del 927, ma anche nel 929 è citato in una carta il “castrum Sancti Felici”. Il documento, che si trova all’Archivio di Modena, è firmato da Ugo, re di Provenza.
Evidentemente in questo periodo attorno al Mille il paese può vantare un buon sviluppo, se la nuova chiesa di San Felice porta il titolo di pieve.
Sul piano politico il castello e il paese sono sotto il dominio del vescovo di Modena, almeno dal 1001 al 1227; anno in cui tutti i diritti feudali passano al comune di Modena. Le lunghe discordie fra i nobili modenesi e ferraresi fanno sì che nel 1288 tutte le terre che vanno da Modena a San Felice e a Finale entrino sotto il dominio degli Estensi con Obizzo II d’Este, signore anche di Ferrara.
Nel 1306 gli Estensi sono cacciati da Modena e dalle altre terre della nostra provincia e torna la sovranità comunale, poi nel 1312 inizia il dominio su San Felice del tiranno Rinaldo Bonaccolsi, detto il Duca Passerino, di cui anche a San Felice ancora si conserva memoria. Dopo qualche anno, nel 1328, Passerino è sconfitto e ucciso in battaglia e San Felice conosce momenti molto tribolati, prima sotto il dominio dei Pico (dal 1328 fino al 1338), poi ancora sotto il dominio del marchese Obizzo III d’Este, con un breve intervallo (nel 1346) sotto il controllo di Paolo Pico, signore di Mirandola.
Memorabile, in questo corrusco periodo, la battaglia di San Felice, avvenuta il 25 novembre 1 332, fra le truppe estensi e quelle di re Carlo IV di Boemia, affiancato dai Pio di Carpi, e conclusa con la vittoria del sovrano boemo.
Ma nel 1340 avviene anche un episodio molto importante per San Felice: la costruzione del primo nucleo del nuovo castello. Racconta il Costa Giani che Obizzo III d’Este “per renderlo luogo di buona difesa fece erigere nel 1340 la Rocca e lo recinse di salde mura già prima guastate pel sostenuto assedio”. Il marchese Nicolò II volle che il castello di San Felice fosse continuamente munito di guardie e a partire dal 1380 lo fornì di un castellano, con il grado di capitano.
Relativamente tranquilla fu la vita dei sanfeliciani sotto gli Estensi fino al celebre Borso d’Este che nel 1452 concesse ai sanfeliciani il diritto di ricostruire il loro mulino e nel 1464 concesse anche il diritto di avere propri statuti, pubblicati poi il 1 dicembre 1464, ma già nel 1327 la comunità sanfeliciana aveva ottenuto il proprio Staturo in cui si stabilivano diritti e doveri dei cittadini.
Altro episodio significativo nella vita di San Felice avvenne nel 1412: narrano le cronache che “la comunità di San Felice spediva ambasciatori al marchese Nicolò in Ferrara Bortolomeo Azzolini e Giuliano Campi, acciocché volesse inviare il celebre ingegnere Bartolino da Novara per porre il castello in istato di migliore difesa; la quale giusta richiesta fu tosto acconsentita; e il Bartolino passava da Finale a San Felice con “molte carra d’attrezzi e provvigioni da guerra”. Bartolino da Novara, insomma, provvede a rifare interamente la Rocca estense e a darle quel volto e quella austera bellezza che vediamo oggi. Unica differenza, rispetto a quei tempi, è che ora la Rocca è ricoperta dalle tegole. Inizialmente era scoperta.
Nel 1510 San Felice è occupata dalle truppe di Papa Giulio II della Rovere, e il 2 gennaio 1511 lo stesso Pontefice trascorse la notte nella Rocca. Il giorno dopo sfugge per vero miracolo ad una imboscata tesagli dal francese Pietro Baiardo, il celebre “cavaliere senza macchia e senza paura”, nella zona della Galeazza, sotto una violenta bufera di neve.
Il resto della storia di San Felice, sempre sotto il dominio degli Estensi, non ha un grande rilievo ed è molto simile a quella degli altri centri vicini. Nel corso dei decenni si succedono invasioni, battaglie, assedi. Sulla popolazione si abbattono sciagure di ogni genere, ma poco importa ai Signori. Nella peggiore delle ipotesi si applicano nuove tasse.
Specie i primi anni del ‘700 furono tragici per le nostre terre, con una serie di battaglie, assedi e combattimenti che culminarono con la famosa battaglia di Camposanto avvenuta nel 1743. Poi l’arrivo delle truppe di Napoleone, alla fine del secolo, e infine San Felice diviene parte della Repubblica Cispadana, prima nel dipartimento del Panaro, poi in quello d’Alta Padusa con giurisdizione sulle parrocchie di Rivara, Camposanto, Cadecoppi e San Martino Spino. Poi di nuovo il ritorno degli Estensi con Francesco IV d’Austria-Este.
I moti carbonari del 1831 vedono San Felice di nuovo in primo piano, con la figura di Giuseppe Campi (1788-1 874). Indomito sostenitore delle idee di libertà, prese parte ai moti del 1821 e a quelli di Ciro Menotti nel 1831.
Numerosi furono anche i sanfeliciani impegnati nelle varie guerre d’indipendenza.
Di grande rilievo anche il contributo offerto dalla gente di San Felice all’affermazione delle idee socialiste, primo fra tutti l’onorevole Giacomo Ferri. Nè va dimenticato quanto hanno fatto i sanfeliciani nella recente guerra di Liberazione.
Il principale monumento di San Felice sul Panaro è, naturalmente, la Rocca Estense, che negli ultimi tempi l’amministrazione comunale ha provveduto gradualmente a ristrutturare. La Rocca è a pianta quadrilatera, con torri angolari, casseri e maschio. Molto bello è il cortile interno con il pozzo centrale, mentre una serie di scale porticate conduce ai camminamenti e alle sale superiori, l’interno del maniero accoglie la biblioteca comunale con sale di lettura, una sala per convegni e per i servizi culturali.
Dell’antico borgo medioevale, che recintava l’area della Rocca, la chiesa parrocchiale e il palazzo comunale, restano ancora in piedi i cosiddetti “Torrazzi”, che limitavano la zona militarmente più protetta. Questi edifici si fanno risalire al secolo XIV.
Altro monumento importante di San Felice è la chiesa parrocchiale. Di essa, come si è detto, si ha una prima notizia nel 551 (era dedicata a Santa Maria Assunta), mentre di una nuova chiesa, già con il titolo di pieve, si ha una prima documentazione nel 1081. Nel 141 7 la chiesa era talmente malridotta che crollò parzialmente, e si dovette attendere il 1499 per la sua riedificazione completa. Altri lavori di abbellimento e di ingrandimento furono fatti nel 1606 e nel 1700. Nuove opere di sistemazione della chiesa sono state ultimate proprio nel 1982.
L’interno di questa chiesa è di austera bellezza. Vi si aprono sei altari, tre per ogni lato. Il secondo altare a destra di chi entra è ornato di stucchi realizzati da Giovanni Antonio Raimondi, bolognese, nel 1 762 e conserva uno stupendo Crocefisso ligneo del ‘500. Molto interessante la Cappella del Rosario, con soffitto in legno a comparti, paliotto e altari lavorati a intarsio. La statua della Beata Vergine del Rosario è dello scultore bolognese Giovanni Collina.
Ma il vero, autentico gioiello della chiesa parrocchiale di San Felice è il famoso “Trittico” di Bernardino Loschi realizzato dall’artista parmense nel 1500 su commissione di Alberto Pio da Carpi, che raffigura, al centro, l’incoronazione della Vergine da parte di Cristo. Nel riquadro di destra c’è l’immagine di San Geminiano, vescovo di Modena, in quello di sinistra San Felice. Sovrasta il tutto il Cristo morto con ai lati la Madonna e San Giovanni Evangelista. È forse l’opera pittorica di maggior rilievo che si conservi nella Bassa modenese.
Nella sacrestia della chiesa si può ammirare una tela del secolo XVIII, raffigurante una bella visione del Castello sanfeliciano.
Il campanile, di antica origine, è stato rifatto nelle forme attuali nel 1611. Di recente, i lavori di ristrutturazione hanno portato alla luce un magnifico Cristo in terracotta, di autore non ancora accertato, che gli esperti fanno risalire al 1300-1400.
Si tratta comunque di un’opera di grande interesse artistico, certamente in dotazione all’antica chiesa costruita intorno al Mille e quasi interamente crollata nel 1417.
Altra interessante chiesa di San Felice è quella di San Giuseppe, detta anche la Madonna del Mulino. Essa prende il nome da un mulino che esisteva fin dal secolo XIV e che era alimentato dalle acque del canale Canalino. La chiesa fu eretta nel 1425, ricostruita nel 1648, di nuovo ristrutturata nel secolo scorso e riaperta al culto nel 1878.
Di notevole rilievo la chiesa e il convento di San Bernardino, la cui prima pietra fu gettata dallo stesso San Bernardino da Siena nel 1435. Il convento fu poi sopresso nel 1 768. Nel 1771 la famiglia Bergamini, venuta da Milano ad abitare a San Felice, divenne proprietaria di ciò che restava del convento, facendo anche ricostruire, nel 1777, l’attuale oratorio, accanto al quale sorge un bel chiostro secentesco.
L’oratorio di Santa Croce sorge nel centro del paese, nella zona cioè che si è sviluppata, sotto il profilo edilizio, dal ‘500 all’800. È opera dell’architetto milanese Giacomo Papotti e venne costruito nel 1725 e restaurato nel 1870. Un tempo custodiva un quadro prezioso, una “Deposizione di Cristo dalla croce”, opera del veneziano Palma il Giovane. Il Duca Francesco IV lo “prelevò” con un ignobile pretesto e non venne mai più restituito.
Di buon interesse anche alcuni monumenti civili. Il municipio di San Felice è sorto nel 1691 e anni successivi su disegno dell’architetto Pietro Piazza di Modena e di nuovo ampliato nel 1815. Conserva alcuni buoni quadri dell’800.
Nella piazza in cui sorgono il Municipio e la Rocca, è stato costruito nel 1925 il monumento ai Caduti, opera di stile neoclassico del prof. Aldo Roncaglia.
La torre dell’orologio fu edificata prima del 1594, ma certamente fu rinnovata o rifatta in fasi successive. Quella che vediamo attualmente risale al 1744. In epoca successiva (1775) è stato ricostruito il palazzo del Monte di Pietà: nella facciata ospita una meridiana realizzata nell’Ottocento da Antonio Costa.
Dopo aver parlato del passato, uno sguardo alla San Felice di oggi.
E un paese dalle vivaci attività, con un polo industriale molto attivo e alcuni stabilimenti di grande rilievo. Sviluppate sono anche le attività artigianali, mentre l’agricoltura, seppure condizionata da una crisi di carattere generale, ha avuto un grande impulso nel settore frutticolo e in quello delle ortive.
Prima di lasciare il paese, va ricordato anche l’ex Casino del Duca, una bella villa del ‘700, chiamata ora Villa Ferri, dove i Duchi di Modena alloggiavano durante le loro battute di caccia nel Bosco della Saliceta.
Giuseppe Morselli
Tratto da: Guida storica e turistica della Bassa Modenese
A cura di: Giuseppe Morselli
Anno 1982