Quirino Mantovani – Quei giochi pericolosi del dopoguerra

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1951 Scuole elementari cl.I Gent.conc.Antonio Zerbini

Introduzione -I giochi: se non c’erano, si inventavano

La necessità aguzza l’ingegno. Ovvero se non ci sono soldi per acquistare i giochi, bisogna inventarseli, utilizzando quello che c’è. E di fantasia ne avevano davvero tanta i simpatici monelli che scorrazzavano numerosi e impuniti per le vie cittadine, spesso affrontandosi divisi in bande proprio come i ragazzi della via Pàl.

Questi giovanissimi mirandolesi erano capaci di trasformare praticamente qualsiasi oggetto in un gioco. Divertimenti in verità sempre piuttosto cruenti, per cuori impavidi insomma e che molto spesso lasciavano segni tangibili sul corpo e nei vestiti. E siccome erano tempi difficili, strapparsi un paio di pantaloni, magari l ’unico che si possedeva, poteva costare molto caro al malcapitato, quando si presentava al cospetto dei genitori. La sentenza, inappellabile, era già scritta: sberle, sculacciate e a letto senza cena.

Quei giochi pericolosi del dopoguerra

E finalmente finì la guerra.

Nel Castello Pico a quel tempo vivevano parecchie famiglie e c’erano quindi numerosi ragazzi e ragazze. Quello che mancava, invece, erano i soldi e così si ricorreva sempre a giochi non costosi: alle cinque buche, ai quattro cantoni, a nascondino, al giro d’Italia, a boccine, a stecca, a mosca cieca e, per le bambine, a fiofischio. Il più pericoloso era però il gioco della guerra. La zona di via Smerieri, piazza Costituente, dove ora c’è il monumento dedicato a Giovanni Pico, arrivando fin sulla via Circonvallazione, era il territorio di noi “castellani” e chiunque osava occupare quegli spazi veniva allontanato con le buone o con qualche bernoccolo. Avevamo costruito spade in legno senza punta ma molto robuste, archi con frecce in legno (le frecce realizzate con gli ombrelli erano troppo pericolose e guai se i nostri genitori ce le trovavano!) e pure fionde che utilizzavamo parecchio, anche se, pensandoci adesso, potevano fare molto male. Le battaglie con la via Bassa sono diventate storiche. Ci contendevamo il prato che esisteva prima dei due attuali condomini tra la via Tabacchi e la vecchia caserma dei carabinieri. Via Tabacchi, via Smerieri e piazza del Piastrino contavano al massimo una quindicina di ragazzi, mentre noi del Castello eravamo circa 60 senza contare le ragazze. Un vero esercito e, purtroppo per il mio amico adesso e allora nemico Ivo Panzani, non c’era nulla da fare. Data la nostra schiacciante superiorità gli altri erano sempre costretti alla ritirata. Adesso mi scuso con gli ex abitanti della via Bassa per avere negato loro quel po’ di prato e lasciato qualche bernoccolo in testa. Eravamo giovani e incoscienti. Ma anche i giochi più tradizionali potevano essere pericolosi e avere conseguenze decisamente sorprendenti.

Un giorno, per esempio, stavamo giocando a nascondino. Eravamo in parecchi ed era il turno di contare di Francesco Maini. L’ultimo che saltava fuori poteva fare “poma salvi tutti”, salvare gli altri giocatori e costringere Francesco a contare di nuovo. Quella volta l’ultimo ero io. Balzo fuori dal mio nascondiglio ed essendo molto veloce mi catapulto verso la porta dove c’è la poma. Sono quasi arrivato quando perdo l’equilibrio e colpisco con una violenta testata la porta che si apre. All’interno c’era il magazzino del fruttivendolo Gazzotti con tante qualità di frutta. «Vado ad avvisare Gazzotti» dico. «At sarà mat con tut cal ben ad Dìo ca ghe dentar. Aspeta un poc (Sarai impazzito con tutto quel ben di Dio che c’è dentro. Aspetta un po’)» mi rispondono. E così attendo un quarto d’ora e poi vado ad avvisare Gazzotti. «Si è dimenticato la porta del magazzino aperta» gli dico. «Grazie. Prendi una patata americana e mangiala». Si avvia verso il magazzino ma quando arriva trova solo le casse vuote. In pochi minuti i miei amici avevano svuotato tutto.

Gazzotti comincia ad imprecare, ma poi, ben conscio della fame che c’era in giro, ci perdona tutti.

Tratto da: Amarcord Mirandola

Autore Quirino Mantovani

Anno: 2015

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