Prof. Francesco Silvestri – La cultura a Mirandola nel passato – Dal Rinascimento alla Controriforma”

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Prof. Francesco Silvestri

LA CULTURA A MIRANDOLA NEL PASSATO

“Dal Rinascimento alla Controriforma”

Per mancanza di documenti storici non è stato possibile stabilire in quale condizione fosse l’istruzione pubblica nel Ducato mirandolese du­rante il Medio-Evo, tuttavia è abbastanza facile capire che l’istruzione non poteva essere molto fiorente: soltanto più tardi, nel Rinascimento e preci­samente nella seconda metà del XV secolo, Mirandola avrà uno “Studiun theologicum”. Diversi studiosi di problemi relativi alla storia di Mirandola esprimono il suddetto parere, tra cui il P. Francesco Ignazio Papotti nelle sue “Memorie storiche della città e dell’antico Ducato Mirandolese”, il conte Massimo Scarabelli-Pedocca nelle “Memorie” ed il P. Pompilio Pozzetti nelle sue “Lettere Mirandolesi”. Quest’ultimo, in una lettera, così si esprimeva: “Non può dubitarsi che nel 1463 vi fosse un convento numero­so di sacerdoti, di chierici, di conversi, collo Studio Generale”.

In quei tempi le università teologiche non erano frequentate soltanto dagli ecclesiastici, ma anche dai laici, purché avessero le qualità necessarie. Lo Studio Mirandolese fu, a questo proposito, assai frequentato, in partico­lare, verso la fine del XV secolo e nella prima metà del XVI. Ma, per un alternarsi di vicende, la sua importanza ebbe alti e bassi fino ad offuscarsi quasi completamente nella seconda metà del XVII secolo.

Soltanto il Duca Alessandro II Pico si occupò delle critiche condizioni dello Studio Mirandolese ed anzi, grazie a suo zio materno, il Cardinale Alderano Cybo, riuscì nel 1680 ad elevare lo Studio Mirandolese a Studio Generale di 2° grado, dandogli un notevole impulso con le sue offerte generose nonché con la sua intelligente operosità e riuscendo a dotarlo di insigni professori. Lo stesso Duca volle che i suoi figli frequentassero quello “Studio Generale” e non la scuola privata sovvenzionata soltanto per i principi della famiglia Pico. Sfortunatamente con la caduta dei Pico, nel 1729, lo “Studio”, che era stato per parecchi decenni da loro finanziato e protetto, dovette chiudere per sempre le porte.

Nel 1748 fu ancora una volta aperto dai Padri Gesuiti, più tardi fu diretto dai Padri Scolopi delle Scuole Pie ed infine dai Minori Osservanti. Ma con la Rivoluzione francese, venendo meno l’Ordine degli Osservanti, anche lo Studio Mirandolese (o Scuola Teologica) veniva soppresso. Il frate Paolo da Bologna, in una lettera scritta al confratello Giovanni da Parma, affermava che nello Studio Mirandolese esisteva, sin dal 1503, una fornitis­sima biblioteca.

Nella Signoria dei Pico si sono sempre alternate, attraverso i secoli, illustri accademie. Il P. Francesco Ignazio-Papotti nelle sue Memorie segnalava, a proposito, l’esistenza dell’“ACCADEMIA DEGLI INCOLTI :

“Ebbe sempre la Mirandola professori di belle lettere quali erano i principi di casa Pico, dei quali ne sono testimoni le opere stampate e lasciate non solo da essi, ma dai loro sudditi……………. e ne promoveva l’esercizio con grande applicazione il Duca Alessandro II° Infante, che però fioriva un’adunanza di studiosi e di professori che si addimandava l’ Accademia degli Incolti….”.

Questa accademia esisteva già alla fine del 1500 ed aveva per protetto­re S.Antonio da Padova. Il suo simbolo era rappresentato da una collinetta con alla base una pianura incolta ma verdeggiante, quindi portatrice di numerosi frutti. Il motto era: “Imber Vigorem .

Il Conte Massimo Scarabelli-Pedocca, entrato alla corte dei Pico alla fine del ‘600, ivi educato e diventato paggio, scriveva, a proposito, dell’Accademia che “….Ogni venerdì sera, in tempo di carnevale, facevasi in corte l’Accademia delle Belle Lettere nella sala dei Pico pomposamente illumina­ta  con l’invito generale delle dame”.

I temi che venivano svolti erano poetici e letterari o di attualità.

Durante il matrimonio del Principe Francesco Pico con la principessa Donna Camilla Borghese, nel 1685, si tenne un’Accademia fuori dell’ordinario ed in cui si propose questo tema:

“Se amore, dopo di avere unito ad opera degli dei il cuore degli sposi Pico, avesse dovuto si o no farsene ritorno al cielo”.

Numerosi di quei componimenti sostennero che Amore doveva far ritorno al Cielo ed altri che doveva restare fra gli sposi. Non soltanto i mirandolesi potevano far parte dell’Accademia, ma anche i forestieri: que­sta Accademia degli Incolti fu assai fiorente fino alla morte del Duca Alessandro II° ( 1691) Con il figlio, ancora fanciullo, Francesco-Maria Pico, la situazione si capovolse subito. Non vi furono più Accademie letterarie ma “lutti,calunnie, prigionie e tali tirannie che han ben pochi esempi nelle storie”, come affermava lo stesso Conte Scarabelli.

Nel 1700 i principi Pico perdevano la Signoria, il Ducato passava alle dipendenze degli Estensi di Modena e Mirandola, da capitale di un ducato, diventava una cittadina di provincia.

Così l’Accademia degli Incolti andò estinguendosi. Soltanto nella se­conda metà del ‘700, dopo che erano migliorate le sorti sociali e politiche del mirandolese, l’Accademia potè risorgere a nuova vita, con l’interces­sione di due valenti persone, il conte Vincenzo Panigadi ed il P. Giuseppe Volpi che faceva parte della compagnia di Gesù.

L’emblema ed il motto della risorta Accademia non furono cambiati, ma al posto di S. Antonio da Padova, come protettore, venne messo Gesù. L’Accademia fu attiva sin verso la fine del XVIII secolo.

Dopo la partenza da Mirandola di P. Volpi, essa cessò definitivamente di esistere. Ma all’inizio dello stesso secolo sorgeva un’altra accademia, quella della ‘‘CONFRATERNITA DI SAN ROCCO”, così chiamata perchè era sorta con lo scopo di rappresentare programmi musicali.

Quest’Accademia continuò la sua attività per un secolo e cioè sino ai primi decenni del sec. XIX.

Nella seconda metà del XVIII secolo fu istituita a Mirandola una terza Accademia, quella dei “RINASCENTI”, da parte del conte Francesco Gre­co. Il P. Francesco Antonio Zaccaria, negli Annali letterari d’Italia, aveva infatti auspicato che, oltre che l’Accademia degli Incolti, avrebbero dovuto dar lustro alla città di Mirandola altre Accademie per diffondere non solo la poesia, ma anche la Storia e le Scienze. Infatti i Soci dell’Accademia dei “Rinascenti” trattavano diverse discipline e cioè la Critica, la Storia naturale, la Letteratura, la Storia, l’Agricoltura ecc.

L’Accademia dei Rinascenti ben presto acquistò una certa fama, così che numerosi illustri personaggi italiani avrebbero desiderato diventarne soci. Purtroppo questo centro di cultura dovette ben presto estinguersi, dopo l’improvvisa scomparsa del suo direttore, il conte Giuseppe Greco, proditoriamente ucciso.

“Il Seminario e il Collegio mirandolese degli Ordini Religiosi”

Oltre allo STUDIUM od Università teologica ed alle Accademie, la più antica istituzione scolastica della cittadina dei Pico era il Seminario o collegio, per i futuri sacerdoti. L’istituzione dei Seminari era una delle disposizioni del Concilio di Trento del 1569.

Infatti qualche anno più tardi, nel 1574, il Monte di Pietà offriva denaro in contanti per il seminario mirandolese; fu precisamente la contessa Fulvia da Correggio, vedova del conte Lodovico II Pico, ad istituire il seminario a cui non mancarono aiuti e lasciti da parte di numerose persone caritatevoli.

L’insegnamento era impartito nei primi anni dai sacerdoti Secolari , seguiti dapprima dai “Padri Gesuiti”, poi dai Padri Scolopi ed infine dai “Minori Osservanti”.

Poiché l’edificio del seminario andò in gran parte distrutto in seguito al bombardamento del 1742, il duca Estense Francesco III donò al seminario il convento e la chiesa dei Cappuccini (Frati Minori Francescani). Ma con la Rivoluzione francese prima e l’editto di Napoleone dopo, il seminario mirandolese dovette chiudere i battenti nel 1798. Non fu sufficiente l’allontanamento delle truppe francesi da Mirandola ed una supplica del conte C. Rosselli alla Deputazione per ottenere la riapertura di quel seminario e tutti i suoi beni ancora invenduti furono offerti a quello di Nonantola. Il Duca Alessandro I Pico fu l’unico ad incaricare i Padri Gesuiti di impartire l’istruzione classica nel Ducato mirandolese. All’inizio del 600 questi reli­giosi di S. Ignazio di Loyola facevano il loro ingresso in Mirandola ed Alessandro I offerse loro 1500 scudi con l’impegno che l’Ordine avrebbe fatto costruire un Collegio per l’insegnamento della Grammatica, dell Umanità, della Retorica e della Filosofia ed una Chiesa.

Il Duca Alessandro II Pico, succeduto ad Alessandro I°, morto nel 1637, continuò con un certo entusiasmo i lavori intrapresi dal precedente, sovraintendendoli personalmente. Nel 1689 terminavano i lavori della Chiesa del Gesù e l’anno successivo quelli del Collegio. Così i Padri Gesuiti potero­no ricominciare le lezioni ospitando ben centoventi frati.

Il sacerdote Don Felice Ceretti così si esprimeva sulla costruzione del Collegio dei Gesuiti:

“Esso è una fabbrica ampia e ben architettata posta presso la Chiesa e si stende da settentrione a mezzogiorno prospettando l’antica strada di Terranuova, ora detta dello Spedale. E di un braccio solo. Due lunghi corridoi uno superiore e l’altro inferiore guardando le officine e le pubbliche scuole tutte volte ad Ovest. Questa fabbrica ebbe assai a soffrire per cagione degli assedi sostenuti dalla Mirandola specie negli anni 1704 e 1735. Durante l’ultimo di essi la parte superiore del collegio venne destina­ta ad uso di ospedale per soldati spagnoli, avendo dovuto i padri ritirarsi nell’inferiore”.

Il Collegio mirandolese, verso la fine del 1700 comprendeva QUATTUOR SCHOLAS INFERIORES: la prima era una scuola di Umanità e Retorica; la seconda, una scuola di Grammatica suprema e media; la terza era una scuola di Grammatica infima o inferiore; la quarta una scuola dagli studi rudimentali.

Più tardi verso la metà del 700 venne istituita una scuola di Filosofia ed un’altra di Teologia. Gli studi erano divisi in inferiori e superiori. Quelli inferiori comprendevano cinque anni di studio come il Ginnasio della Riforma Gentile; quelli superiori il corso di Filosofia di tre anni, corrispondenti all’attuale Liceo Classico, e quello di Teologia era costituito da quat­tro anni. Le cinque classi del corso inferiore avevano tutte una denomina­zione diversa. La I classe era chiamata l’INFIMA CLASSIS GRAMMATICAE con lo studio del Latino e del Greco; la II classe si chiamava MEDIA CLASSIS GRAMMATICAE; la III classe era la SUPREMA CLASSIS GRAMMATICAE; la IV classe era chiamata l’HUMANITAS e la V classe la RHETORICA.

Nelle ultime due classi, oltre che il Latino e il Greco, si insegnava pure la Storia e la Geografia, la Matematica, la Fisica, le Scienze Naturali e l’Arte della Guerra. L’insegnamento comprendeva due ore e mezza al mattino e due ore e mezza al pomeriggio.

Nel primo anno del corso superiore si insegnava la Logica di Aristotile, nel secondo anno i libri del De Coelo, il I° libro del De Generatione, i testi di Metafisica; in tutti e tre i corsi l’Etica di Aristotile, gli Elementi di Euclide e nozioni di Geografia e Astronomia. Nel corso di Teologia si insegnava la Sacra Scrittura, la Teologia scolastica e la Lingua Ebraica.

A causa di sommovimenti politici scoppiati nei principali paesi latini d’Europa, i Gesuiti, che erano stati gli artefici della cultura nelle scuole medie e superiori, nei secoli XVI-XVII e XVIII, dovettero abbandonare le loro cattedre, subendo ogni sorta di umiliazione. Anche il Papa Clemente XIV fu costretto a sciogliere quel sodalizio che era il più forte del tempo, quell’organizzazione che si era battuta contro la dottrina di Calvino e di Lutero.

Il popolo mirandolese riuscì a trattenere questi Padri Gesuiti ancora un anno, ma nel 1774 furono costretti ad abbandonare definitivamente i loro beni che passarono all’Università di Modena, e così la cultura tanto fiorente nel Ducato dei Pico dovette rallentare il passo. Furono i Padri delle Scuole Pie o Scolopi che si prestarono magnificamente a colmare quel vuoto dell’istruzione mirandolese ed i cittadini accettarono di buon grado i nuovi religiosi, perchè più esigenti nell’ammettere a scuola i giovani, per­chè dovevano essere dotati di una “insignis eruditio….”. Lo spirito di libera­lità degli Scolopi era di gran lunga superiore a quello dei Gesuiti.

Mentre questi Padri, per la loro opera altamente importante nei con­fronti dei giovani studenti, ottenevano sempre più la stima della popolazio­ne, disgraziatamente un avvenimento molto grave giunse a turbare la quiete generale della città ed a troncare il buon andamento degli studi. Uno dei religiosi veniva trovato, un mattino, pugnalato nel suo letto. Il popolo mirandolese fu molto indignato e nello stesso tempo molto colpito per il grave fatto di sangue e ancor più quando fu messo al corrente che i Padri, dopo qull’avvenimento tanto funesto, pensavano di andarsene altrove.

In seguito agli assedi sostenuti dalla Mirandola, anche l’ex collegio dei Gesuiti fu in parte danneggiato, tanto che i Padri Scolopi che erano subentrati ai primi, si erano ritirati nel piano rialzato per svolgere la loro attività scolastica, ed il piano superiore per ordine del Duca Estense Ercole III era stato adibito nel 1785, ad ospedale.

Nel 1842, poiché le scuole erano state spostate nell’ex convitto, tutto il collegio gesuita veniva destinato ad ospedale fino alla prima guerra mondiale. Durante la guerra diventava sede dell’ospedale militare; nell’imme­diato dopo-guerra tutto il manufatto veniva adibito ad ospizio per gli anziani sino al 1976.

Nel 1980 il Comune riusciva ad approvare un progetto di restauro e di recupero per ospitare la Biblioteca comunale, il Museo con la raccolta numismatica Molinari, la pinacoteca ed una bellissima sala per conferenze. In tal modo, l’antico edificio dei Padri Gesuiti, che l’Amministrazione Comunale aveva acquisito nel 1973, ha di nuovo una parte di primo piano nella vita culturale di Mirandola a cominciare dal 14 maggio 1983, data di inaugurazione dell’edificio restaurato.

I religiosi, come su accennato, decisero di andarsene da Mirandola per trasferirsi nella cittadina di Correggio, in cui avevano aperto un collegio ben attrezzato per la diffusione della cultura e dell’istruzione ai giovani.

Il conte Giuseppe Luosi, ordinatore della legislazione italiana, senato­re, ministro di Grazia e Giustizia del Regno Italico, all’epoca di Napoleone I° sentì il bisogno di indirizzare, a nome di tutta la cittadinanza mirandole­se, un’accorata lettera al Consigliere di Stato per far desistere i Padri Religiosi dalla loro decisione.

“Seguita la soppressione della Compagnia di Gesù, e rimasta essendo questa popolazione della Mirandola sprovvista di chi potesse civilmente educare la gioventù, per superiore provvidissima disposizione furono destinati al difficile disimpegno di tutte quelle incombenze, che venivano prima esercitate dalla soppressa Compagnia di Gesù, i Padri delle nuove Scuole Pie, o Scolopi, addetti alla civile, letteraria e spirituale educazione dei giovani… i ridetti Padri si sono prestati al disimpegno delle assunte obbligazioni nell’educazione della gioventù loro affidata per le scuole di Grammatica, Umanità, Retorica e Teologia.

Ora si è qui sparsa voce, che per superiori disposizioni possono i ridetti Padri Scolopi venire aggregati agli altri di Correggio. Circostanza che ha ricolmato e ricolma d’alto cordoglio l’universale di questa popolazione… e che tal perdita riuscirebbe tanto più sensibile e pregiudichevole quanto che mancano negli altri ceti persone fornite della conveniente abilità per provvedere alla pubblica educazione suddetta e l’altra religione dei Minori Osservanti, l’unica che verrebbe a rimanere in questa città, sembra essere per la totale diversità dell’Istituto poco adattabile alla professione degli Scolopi, ciò che può dirsi anche d’ogni altro Ordine regolare”.

Purtroppo la petizione scritta dal Conte Giuseppe Luosi non ebbe alcun esito favorevole presso i Religiosi, che persistettero nella loro deci­sione di trasferirsi a Correggio.

In tal modo le scuole di Mirandola perdettero degli emeriti ed intraprendenti insegnanti. Il Collegio degli Scolopi fu così trasformato in Ospe­dale e la scuola si trasferì, in un secondo tempo, in un’altra sede e fu presa in carico dai Minori Osservanti, i quali riuscirono anch’essi a soddisfare le esigenze delle famiglie, per quanto quei Padri fossero ben lontani dal nuovo incarico, loro affidato, nel campo scolastico.

Certo è che con i Minori Osservanti, la cultura a Mirandola cominciò a manifestare i primi segni di decadenza, soprattutto all’inizio dell”800, determinata anche dall’apatia e dal disinteresse delle autorità comunali e dalla popolazione stessa.

“La cultura sotto gli Estensi”

Il Duca estense Francesco IV, secondo la concessione che gli veniva affidata dal Papa Pio VII nel 1820, aveva in animo di cedere alle Opere Pie di altre città i restanti beni di proprietà dei vari Ordini religiosi, rimasti dopo l’Editto contemplato dalla Rivoluzione francese, con lo scopo di aprire in Mirandola un collegio o seminario di Oblati . Nel 1822, il Duca riusciva ad aprire in Mirandola, accanto al Ginnasio,, anche il Liceo. Ne è testimonianza una lapide in latino che si trova nel chiostro dell’ex convento dei France­scani così scritta:

“D.N. FRANCISCO IIII
TUTORI INSTITUTIONIS PUBLICAE
CUIUS MUNIFICENZA LYCEUM IUVENTUTIS CONTUBERNALIS
DISCIPLINAEIURIS ET MORUM EDISCENDAE APERTUM EST

MIRANDULANI EX DECR. AN. MDCCCXXII.”

Due anni dopo, un cittadino mirandolese, il Parenti, scrivendo all’ami­co Giacinto Paltrinieri, esprimeva tutta la sua inquietitudine, ma nello stesso tempo le sue speranze in merito alla vendita del convento, con i cui proventi sarebbe stato possibile istituire un collegio o Seminario, per ospitare una scuola inferiore ed una superiore di Filosofia. Ma esprimeva i suoi timori sulla realizzazione di tale progetto, ben conoscendo il disinteresse della cittadinanza e delle autorità amministrative, al contrario di quanto avevano dimostrato i cittadini di Carpi, Correggio e Finale Emilia. Infatti i timori espressi dal Parenti si avverarono, perchè il sogno del Duca France­sco IV e dell’illustre sig. Vischi non si tramutò in realtà. In tal modo le scuole di Mirandola passarono dei periodi alterni di floridezza, accompagnati da fasi di disordine e di scarsa organizzazione. Si registrò anche molto disinte­resse da parte degli insegnanti, con conseguente minimo profitto degli allievi. Questo disordine continuò sino al 1836, anno in cui a Mirandola fu chiamato come Podestà e dirigente della scuola classica, il conte Felice Ceccopieri di Carrara. Questo uomo, volitivo, di grande cultura ed intelli­genza, si mise subito all’opera per recuperare il tempo perduto, in quel ducato così illustre, culla di una insigne famiglia, che si era sempre prodi­gata nei secoli passati, nel proteggere la cultura, l’istruzione e la religione, nella piccola ma florida cittadina pichense, che dal 1500 alla fine del 1700 aveva anche battuto monete nella sua zecca. Così il solerte conte carrarese, a prezzo di grandi sacrifici, riuscì a dare un forte impulso all’istruzione nel Ginnasio mirandolese, grazie alla collaborazione di valenti insegnanti che egli seppe al tempo stesso incoraggiare e spronare.

In quell’epoca, tuttavia, a Mirandola l’istruzione era quasi soltanto impartita ai giovani di sesso maschile. Il conte Ceccopieri si prodigò allora per dare un determinato risveglio anche all’istruzione riservata alle ragazze ed infatti riuscì ad ottenere dal Duca estense di aprire nel 1837 un monastero di religiose Domenicane con lo scopo di creare scuole per le fanciulle non soltanto di Mirandola, ma anche delle località limitrofe, sia di condizione agiata che povere. Ma dopo appena due anni dalla sua venuta a Mirandola, il Ceccopieri moriva improvvisamente, cosicché il Ginnasio ritornava nel più grande squallore e disordine. Ma in quelle condizioni non si trovava soltanto la scuola dei Pico, anche gran parte delle istituzioni scolastiche della provincia dovettero essere ben presto riformate, dopo la restaurazione del Ducato estense.

“La Cultura mirandolese dopo l’Unità d Italia”

Nel 1849, con la riforma scolastica del governo estense, la scuola classica di Mirandola subiva una profonda modifica. Anche il Liceo classi­co o corso di Filosofia, che durava da quasi due secoli, con qualche interru­zione, veniva riformato e subì una crisi, determinata dalla soppressione delle ultime tre classi del Ginnasio e cioè della III Ginnasiale, o corso di Grammatica suprema, della IV G„ o corso di Umanità, e della V G., o corso di Retorica. In seguito alle rimostranze della cittadinanza, si riuscì nel 1870 a ripristinare il funzionamento delle tre classi; nel 1871 fu riaperta la IV e l’anno successivo la V Ginnasio. Da quell’anno sino al 1903, anno in cui fu soppresso definitivamente, il Ginnasio funzionò abbastanza regolarmente con una discreta frequenza da parte degli allievi.

Il continuo cambiamento degli insegnanti e dei capi-istituto fu particolarmente dannoso alla scuola; si pensi che capitò anche di restare senza qualche insegnante e di dover assegnare ad un solo insegnante due classi, con tutti i disagi per gli alunni che è facile immaginare.

Le autorità comunali di quell’epoca hanno sempre seguito con inte­resse e con orgoglio lo sviluppo della scuola classica. Anche gli allievi frequentanti quel Ginnasio, negli ultimi anni dell’‘800, sono diventati, per la maggior parte, degli ottimi professionisti, che ancora ricordano, con no­stalgia, gli anni felici e spensierati della loro giovinezza sui banchi della vecchia scuola classica; scuola che nel 1903 veniva soppressa a causa di meschini interessi ed intrighi di alcuni mirandolesi. Si può immaginare quale indignazione avranno provato i cittadini onesti, amanti del sapere, dell’istruzione pubblica! Così una seria, onesta, istituzione scolastica dei Pico, dopo oltre trecento anni di operosità, veniva cancellata per sempre ma non nella memoria degli onesti cittadini.

Soltanto dopo qualche anno i rappresentanti della pubblica amministrazione si accorsero della perdita di una civica istituzione ginnasiale, che aveva riscosso tanto prestigio non soltanto nel Ducato dei Pico, ma anche nei paesi vicini. Infatti, tra i numerosi giovani che frequentarono quella scuola, emersero personaggi illustri i quali hanno fatto onore alla classica scuola mirandolese o con i loro scritti o con le loro opere. Fra costoro, storici illustri come Pompilio Pozzetti, Giacinto Paltrinieri, l’Ing. Giovanni Tabacchi, senatore del Regno e propugnatore dell’Unità d’Italia, l’Ing. Francesco Montanari, eroico garibaldino, morto a Calatafimi in terra sici­liana, il conte Giuseppe Luosi, ministro di Grazia e Giustizia e governatore delle Romagne e tanti altri.

Quell’istituto scolastico, dopo un ventennio di silenzio, riapparve; non poteva infatti scomparire definitivamente dalle istituzioni di Mirandola. Così nel 1923, per merito del Preside Prof. Angelo Campanelli, sorgeva ancora una volta, per non più scomparire, quell’istituzione ginnasiale che,per alcuni anni, si sarebbe sviluppata accanto ad un altro serio istituto tecnico inferiore; le materie letterarie dovevano essere comuni, cioè insegnate dagli stessi professori del Ginnasio. Ma il corso tecnico, dopo qualche anno, scompariva per lasciare posto al solo Ginnasio, unico istituto della Bassa Modenese, che negli ultimi sessant’anni ha ben meritato la stima ed il ricordo di tantissimi cittadini.

Questa scuola, che poi sarà affiancata dal Liceo, non poteva mancare in un centro importante quale l’ex Ducato dei Pico, e in una florida zona agricola, commerciale ed industriale. Ebbene il Ginnasio, che è sempre stato comunale, diventerà poi pareggiato nel 1927 per volontà ed interes­samento del Preside Campanelli, e del podestà Sig. Tabacchi.

L’istituto tecnico inferiore era frequentato, in quei tempi, dagli stessi allievi che provenivano dalla soppressa Regia Scuola Tecnica, trasformata, in seguito, in Regia Scuola Complementare. Il Preside Campanelli, Dottore in Lettere, oltre che svolgere le attività di Capo Istituto era pure insegnante di materie letterarie e qualche anno più tardi di Filosofia e Storia.

“Il nuovo Ginnasio-Liceo”

Nel 1923/24 il Ginnasio, dopo un intervallo di ventanni, riapriva i battenti, soltanto con le prime tre classi; nel 1924/25 il Consiglio comunale deliberava l’istituzione sia della IV ginnasiale che della IV Ist. Tecnico Inferiore. In quell’anno, gli alunni sostennero gli esami di Stato a Modena con risultati assai buoni. Nel 1925/26 il Ginnasio otteneva la V classe e nell’anno successivo 1926/27 lo stesso, grazie all’interessamento delle autorità comunali, al lavoro, alla diligenza, alle fatiche degli insegnanti ed allo studio, alla volontà degli alunni, poteva diventare pareggiato.

Dopo un anno, e cioè nell’ottobre 1928, veniva autorizzata anche la I classe del Liceo comunale, nell’ottobre 1929 la 2 classe e nel 1930 la 3 ed ultima liceale. Tutto ciò è stato raggiunto soprattutto per merito del Presi­de e dell’interessamento delle amministrazioni comunali e provinciali e dei genitori degli alunni.

Ma le difficoltà per la scuola non erano ancora scomparse, perchè il Ginnasio-Liceo non possedeva una sede propria.

La questione durò a lungo, e fu dibattuta diverse volte negli ambienti comunali e scolastici. In quegli anni il Ginnasio era sistemato provvisoriamente in alcune aule dell’edificio delle Scuole Elementari sulla circonval­lazione e precisamente nel padiglione od ala posto ad est di Mirandola ed in seguito, per un breve periodo, in un vetusto fabbricato di via Francesco Montanari, che già nei secoli passati aveva ospitato istituzioni culturali dei padri Gesuiti e degli Scolopi.

Nel 1929 finalmente il Liceo-Ginnasio poteva essere alloggiato in quel bellissimo edificio, la cui facciata principale è in stile gotico, disegnata dall’Architetto Guerzoni di Modena; manufatto che è stato ricavato nell’ex convento dei Frati Francescani, accanto all’omonima chiesa monumenta­le, che custodisce alcune tombe dei principi Pico.

Anche oggi il Liceo-Ginnasio si trova ubicato in tale costruzione, che racchiude un interessante chiostro, nel mezzo del quale fa spicco un originale e pregevole pozzo in marmo chiaro.

Nel 1932 anche il Liceo classico comunale diventava pareggiato dopo che il Preside Campanelli aveva superato non pochi ostacoli, burocratici. Nel 1934/35 il Liceo poteva, finalmente, ottenere l’appellativo di “regio” cioè “statale”

Francesco Silvestri

Tratto da: “Sessant’anni di vita del Liceo-Ginnasio “Giovanni Pico” – Mirandola 1923-1983

L’immagine del “Liceo Ginnasiale” è stata gentilmente concessa dal collezionista Roberto Neri

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