Giovanni Pico – La memoria d’oro

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Alla domanda “Chi è Pico?” la rispo­sta più comune è “quello della memoria”. Doveva proprio avere una memoria eccezionale per essere ricordato per questa dote. Eppure non è chiaro come sia nata tale fama che forse è il frutto di una leggenda.

Nella biografia scritta da Gianfrancesco, il nipote del cuore, in cui si esaltano tutte le sue virtù e a cui tutti i biografi posteriori hanno attinto, di memoria non si parla neppure. Certo, la sua cultura enciclope­dica presupponeva una memoria di ferro, anzi d’oro. Ma nel tempo in cui visse – un tempo con pochi libri – la memoria era largamente diffusa perché indispen­sabile, e il suo esercizio era continuo ed anche rego­lato da particolari tecniche. La mitizzazione di questa dote, però, più che accompagnarlo in vita, avvenne dopo morto quando furono conosciute meglio le sue novecento Tesi, e quando furono noti, grazie alle let­tere, certi episodi della sua vita, come quello di avere appreso in un solo mese di studio la lingua ebraica e di prepararsi a fare altrettanto con la lingua arabica e quella caldaica.

Scrisse, infatti, in una lettera a Marsi­lio Ficino: “(…) Spero di poter al più presto leggere Maometto che parla nella propria lingua. Infatti, do­po aver studiato per un intero mese la lingua ebrai­ca, mi son dato allo studio di quella arabica e di quella caldaica, e sono certo di fare in esse lo stesso progresso che ho fatto in quella ebraica in cui sono già in grado – senza lode, ma senza colpa – di detta­re una lettera. Vedi, caro Ficino, quanto possono l’entusiasmo, il lavoro e la costanza, anche se le for­ze sono piuttosto deboli”.

Comunque, anche il poliglottismo di Pico fa parte della sua leggenda, più che della sua storia.

Nel 1400-1500, a differenza di oggi che l’abbiamo delegata al computer, la memoria era considerata non soltanto una tecnica, ma una pratica morale. A fianco ai numerosi trattati di mnemotecnica e agli strumenti didattici relativi, come i cosiddetti “Teatri della memoria” che dovevano servire ad affinarla, so­no altrettanto numerosi gli scritti filosofici sulla me­moria, senza di cui la vita diverrebbe una lavagna su cui quel che si scrive si cancella. “Quest’arte gran­diosa del ricordo – secondo lo scrittore Pietro Citati – suscita in noi, oggi, meraviglia, emozioni e una punta d’angoscia. Gli uomini di una volta dormiva­no, viaggiavano, discorrevano, compivano gli atti più comuni dell’esistenza portando nella mente l’or­dine dell’universo. Il mondo poteva crollare, le stelle spegnersi, i teatri venire abbandonati, gli angeli ca­lunniati, i libri arsi e dispersi per sempre, ma la me­moria continuava a racchiudere nei suoi vasti quartieri il cosmo vivente”.

L’immagine: Dettaglio dell”adorazione dei Magi di Sandro Botticelli, opera del 1475 oggi conservata agli Uffizi di Firenze. Si pensa che il personaggio al centro con il braccio in movimento e in posizione orizzontale, possa essere Giovanni Pico.

Tratto da: Quei due Pico della Mirandola – Giovanni e Gianfrancesco

Autore: Jader Jacobelli

Edizioni Laterza 

Anno 1993

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