Curiosità da Bomporto

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NOTE DI CRONACA DA BOMPORTO NELL’OTTOCENTO:
SALVATAGGI NEL NAVIGLIO E NEL PANARO

È un dato risaputo che il Naviglio modenese era, ancora in età ducale, una im­portante via commerciale per i traffici fra Modena e Ferrara. Nel tratto fra Bastiglia e Bomporto la navigazione risultava però difficile e furono quindi necessarie opere di rettifica al percorso del canale. L’opera più impegnativa fu la costruzione del soste­gno o porto a Bomporto: un borgo che, per la sua posizione fra il Panaro e il Navi­glio, divenne un punto nodale per i traffici commerciali che qui trovavano un valido punto di approdo. In questo punto privilegiato si sviluppò ben presto, dal XV seco­lo in poi, un piccolo centro, il cui nome — Buon-porto — evidenzia appunto la fun­zione di riparo sicuro per i naviganti. Gli abitanti della borgata vivevano grazie ai guadagni derivanti dal passaggio di persone e merci e dal transito delle imbarcazio­ni: ce lo conferma anche Alessandro Tassoni, il celebre poeta modenese che nella sua “Secchia Rapita”, canto III°, ottava XXIII, ricorda che quelli della riviera “che da Bomporto a la Bastia si stende” sono “povera gente, ma superba e altera, che in terra e in acqua a provecchiarsi attende (Si guadagna da vivere)”.

E proprio la vita a contatto quotidiano con il fiume Panaro e il Canale Naviglio mi ha suggerito questa breve nota che mette in evidenza una consuetudine ora com­pletamente scomparsa.

Ancora nella metà del secolo scorso per uscire e per entrare in paese dal lato nord i cittadini erano costretti ad attraversare i due corsi d’acqua sopracitati su banchette malsicure e strette e la caduta in acqua di persone era un episodio assai ricor­rente; anche i casi di annegamento erano frequenti, dato che molte persone pur non sapendo nuotare dovevano attraversare i fiumi per una serie infinita di ragioni (la­voro, spostamenti vari, ecc).

A dir la verità, non mancavano i coraggiosi pronti a buttarsi per salvare chi ca­deva in acqua. Ce lo conferma una lettera del 24 maggio 1835 inviata al Podestà di Modena in cui si dichiara che l’Elisa figlia di Girolamo Montanari di Ravarino d’an­ni 16, venuta a Bomporto per comprare dei viveri, mentre si stava recando a casa il giorno nove maggio, nel transitare sulla banchetta sul fiume Panaro, le si offuscaro­no gli occhi, e cadde in acqua con il pericolo di annegare, se in quel momento non ci fossero stati presenti Licario Vignocchi e Giuseppe Cavazzuti di Bomporto. Que­sti, nel vedere la donna cadere in acqua, si tuffarono nel fiume molto rigonfio, e riu­scirono a salvarla, mettendo in pericolo la loro vita.

Durante le operazioni di salvataggio furono aiutati anche da Giovanni Vaccari, Luigi Cavazzuti e Giuseppe Zoboli, tutti di Bomporto, che erano accorsi pronta­mente alle grida d’aiuto.

Poco tempo dopo l’Agente Comunale di Bomporto informava il Podestà di Modena dell’avvenuto salvataggio della ragazza ed avanzava la proposta che i soc­corritori venissero compensati dal Governo con una somma di denaro per imprime­re loro coraggio in altri consimili casi.

Un comitato di Modena, designato a esaminare la proposta, evidenziava la ne­cessità di assumere ogni più precisa informazione sui soccorritori e soprattutto se vi erano vincoli di parentela tra la persona soccorsa e coloro che l’avevano salvata. Le indagini danno esito negativo e il primo giugno 1835 il Governatore della città e pro­vincia di Modena disponeva che il Governo pagasse un premio di L. 10 ai due soc­corritori .

La consuetudine iniziata nel 1835 ebbe i suoi effetti e molti altri furono i casi di persone compensate dal Governo per il coraggio dimostrato in simili salvataggi, gli interessati dovevano però presentare domanda al Ministero di Buon Governo, come avverte una circolare del 25 giugno 1850.

Nell’Archivio Storico Comunale di Modena, fra le Prodotte della Comunità, sono così depositate una serie di domande datate fra il 1849 e il 1856 relative alla ri­chiesta del premio che il Governo rilasciava per incoraggiamento di questi valorosi. Ecco un esempio di domanda:

Li 24 Gennaio 1856

Ieri dopo pranzo 24 gennaio, Ermenegildo Garuti del sudetto luogo (di Bomporto) cadde in Panaro ed il sopra esponente vedutolo in pericolo accorse in di lui aiuto saltando nel Pana­ro, quindi faccio voto alla SS. VV. ill.ma per ottenere quel premio che si accorda a chi da ope­ra a salvare uno dalle acque; testimoni sono: Clemente Bertelli, Francesco Bertelli di Bompor­to.

E dichiarandovi suo umilissimo servo, con tutta la riverenza.

L ’umile oratore (Serafino Gibertonì).

La domanda era accompagnata da questa nota dell’ufficio comunale di Bomporto:

Febbraio1856                                                                                                                                                                                                                                                                                  .L’Agente Comunale di Bomporto conferma l’accaduto al Podestà di Modena.

Relativamente alla prece di Gibertonì Serafino alla SS. VV. ill.ma le significo che non esistono vincoli di parentela tra Ermenegildo e il Gìbertoni, l’ultimo dei quali per salvare da certa mor­te il primo si tuffò vestito com ’era nel Panaro e condusse il pericolato salvo alla riva.

Nel renderLa edotta della verità dell’accaduto, mi è grato il presentarLe la mia distinta stima.

Giuseppe Garuti

Non ho notizie posteriori di questa pratica; certo è che con la costruzione del ponte in muratura sul Naviglio e poi sul Panaro i casi di persone che cadevano in ac­qua divennero sempre più rari.

Guido Molinari

Tratto da: La Bassa Modenese – Quaderno n°5

Anno 1984

12nov06 023

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