Bologna Verona – Il caso Mirandola e il ricorso al Re

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Il progetto dell’asse ferroviario Bologna Verona nacque nel 1873, ma non tutti sanno che fu oggetto di molte dispute tra i comuni interessati.

Primo fra tutti tra la Provincia di Bologna e il Comune di Mirandola.

Un fatto poco noto, ma curioso, accese gli animi dei Mirandolesi, più di un secolo fa, in merito al progetto della linea ferroviaria Bologna-Verona; una questione che mise in contrapposizione Mirandola con Bologna e che tenne banco per parecchi anni sul finire dell’Ottocento.

Il tema del con­tendere fu il passaggio della linea ferroviaria più o meno vicino all’abitato della città dei Pico.

Infatti il progetto presentato dalla Provincia di Bologna al Ministero dei Lavori Pubblici (progetto Minarelli-Protche) prevedeva il passaggio della linea distante 4 km dal centro di Mirandola.

L’allora Am­ministrazione mirandolese tendeva, invece, a far avvicinare il più possi­bile, tramite una variante, la linea verso il proprio centro storico cittadino (fin quasi a farne rasentare la cerchia delle Mura), mentre la Città e la Provincia di Bologna avevano progettato un passaggio più rettilineo, ma più distante da Mirandola, della linea stessa. Lo scopo dichiarato dai bo­lognesi era quello di dare priorità alla direttrice “internazionale” rispetto a quella “locale”, essendo il percorso “europeo” il vero interesse della città felsinea. Il valico del Brennero, che apriva i commerci sui floridi mercati del Nord, era infatti il motivo scatenante della disputa. Per Bologna acca­parrarsi un passaggio, il più breve possibile, su tale direttrice spalancava una finestra sulle mille opportunità che con essa si creavano. Per i miran­dolesi, invece, occorreva dare priorità al carattere locale della linea essen­do, questa, stata approvata inizialmente in terza categoria e quindi anche al servizio diretto delle piccole realtà.

Si aprì così, fra i due contendenti, un’aspra battaglia a suon di carte bollate, istanze, ricorsi al Re ed in par­ticolare di duelli scritti sulle righe dei vari giornali. Ogni tesi era adottata, da ciascuna delle due parti, allo scopo di spostare il tracciato di qualche chilometro, in un senso o nell’altro. Pareva la linea spostarsi, sulla carta, come il fronte sull’lsonzo della Grande Guerra che di lì a poco sarebbe venuta. Si “combatteva” aspramente per quella manciata di chilometri. Il giorno prima pareva conquistata una posizione che il giorno dopo era già persa. Al riguardo citiamo un breve passo tratto da una lettera inviata, dalla Deputazione Provinciale di Bologna al Ministero dei Lavori Pubblici, nel 1889: “È giunta notizia […] che il Municipio di Mirandola e la Depu­tazione Provinciale di Modena hanno deliberato di insistere nuovamente per ottenere che la ferrovia Bologna-Verona devii dal suo tracciato diretto per toccare Mirandola. […] Noi non sappiamo immaginare che gli interes­sati per la deviazione di Mirandola adducano oggi un qualche argomento che non sia già stato discusso nelle precedenti deliberazioni del Governo. […] Ora qualunque deviazione da questa linea snatura il carattere proprio che essa ha, e tende a sostituire a una grande strada di comunicazio­ne internazionale una ferrovia di interesse locale”. Sempre per dirla con le parole della celebre canzone Gucciniana La locomotiva, “La storia ci disse poi come andò a finire”: le tesi mirandolesi “deviate su una linea morta”, il ricorso al Re fu respinto ed i felsinei la ebbero vinta.

Il ricorso al Re , anno 1889/90

Il ricorso al Re , anno 1889/90

Il ricorso al Re, anno 1889/90 (ASCMir, "Strade e Ponti",1890 )

Il ricorso al Re, anno 1889/90 (ASCMir, “Strade e Ponti”,1890 )

Le tre varianti, di tre relativi comitati, al tracciato principale elaborato dalla Provincia di Bologna nel 1880. La questione delle varianti occupò le discussioni per circa un ventennio, anni 1880-1900

Le tre varianti, di tre relativi comitati, al tracciato principale elaborato dalla Provincia di Bologna nel 1880. La questione delle varianti occupò le discussioni per circa un ventennio, anni 1880-1900

L'Onorevole sanfeliciano Giacomo Ferri, promotore della Bologna-Verona, che avrebbe favorito la linea della Bassa nei confronti della Modena-Lucca. La caricatura è di Umberto Tirelli. Ferri è ritratto come distruttore della Ghirlandina, ovvero "nemico" degli interessi di Modena città. Tratto da: Arturo Rabetti, Modena d'una volta,Modena, La vela, 1975 (Riproduzione facsimile dell'ed.Roma,Formiggini,1936)

L’Onorevole sanfeliciano Giacomo Ferri, promotore della Bologna-Verona, che avrebbe favorito la linea della Bassa nei confronti della Modena-Lucca. La caricatura è di Umberto Tirelli. Ferri è ritratto come distruttore della Ghirlandina, ovvero “nemico” degli interessi di Modena città. Tratto da: Arturo Rabetti, Modena d’una volta,Modena, La vela, 1975 (Riproduzione facsimile dell’ed.Roma,Formiggini,1936)

Il progetto definitivo finì per essere approvato, seppur con lievi modifiche, secondo l’elaborato redatto dagli Ing. Protche-Minarelli (tracciato odierno). Per la cronaca occorre anche sottolineare il fatto che le varianti proposte era­no più di una. A Nord del Po, infatti, sia la Provincia di Verona e sia un Comitato appositamente costituito stavano perorando, ciascuno, la causa di due relativi spostamenti di percorso . Accogliere, da parte bolognese, anche una sola di queste istanze poteva significare correre il rischio di ac­coglierle tutte. La sommatoria di tutte le varianti avrebbe inciso in modo rilevante sul tracciato. Alla luce di tutto questo appare più comprensibile la tenace ed irremovibile posizione tenuta dai bolognesi.

Una doverosa precisazione richiede anche la posizione della Provincia di Modena in tutta questa vicenda. Da subito la nostra Deputazione provinciale tenne un comportamento a dir poco ambiguo. L’interesse provinciale era, infatti, il completamento della dorsale appenninica della linea Verona-Mantova- Modena che doveva, negli intenti, portarsi sul Tirreno tramite la valle del Secchia e poi Lucca e Livorno. Il comitato promotore di quest’ultimo pro­getto (costituito dalle Province di Lucca, Livorno, Pisa, Modena, Reggio Emilia e Mantova) vedeva come pericolosa concorrente la linea diretta Verona-Bologna tanto che, i nostri “cugini” Modenesi, furono accusati di ostacolare il progetto felsineo presso il Ministero dei Lavori pubblici. Al riguardo, in una sessione (1904) del Comitato promotore della linea Bologna-Verona, il componente rappresentante degli interessi della bassa Modenese, l’Avvocato (ed allora Sindaco di San Felice) Giacomo Ferri, nella sua veste anche di Consigliere provinciale, appoggiò apertamente le istanze locali. Cercò di attribuire i ritardi nella costruzione della linea Bologna-Verona al governo, cercando di discolpare la Deputazione mo­denese dalle accuse di “depistaggio”. La propria premura, nei confronti dell’Amministrazione provinciale, non lo mise comunque al riparo dalle successive critiche modenesi. Tutt’ora la linea Bologna-Verona, passa a 4 km dall’abitato storico di Mirandola e la vecchia stazione, rinnovata, se ne sta ancora là testimone dei fatti narrati.

Tratto da “Quando la Bassa Viaggiava in Tram” – Autori Fabio Casini e Fabio Montella – Edizioni CDL

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