Attorno agli anni ’70-’80 del XIX secolo, a Mirandola e nella Bassa era tutto un susseguirsi di progetti per le più disparate linee ferroviarie o di tram- ways.
Un’attività dovuta a nascenti comitati promotori od a studi tecnici che, più o meno interessati per motivi di profitto economico, vedevano la loro fonte di lavoro nell’interesse delle Amministrazioni locali di vedere il proprio territorio toccato da una tanto attesa strada ferrata. D’altro canto le Amministrazioni spesso erano le fonti ispiratrici di tanto fervore e non di rado si costituivano in consorzi per meglio gestire, anche direttamente, le proprie istanze. Vari erano anche gli interventi, sui giornali locali dell’epoca, che si contrapponevano, a suon di “duelli” scritti fra le righe, allo scopo di sponsorizzare linee più vicine alle proprie piazze.
Un periodo contraddistinto nei toni e nelle dispute da far sembrare tornati i tempi dei Guelfi e dei Ghibellini. L’anno prima i comitati di due “campanili” erano nemici e l’anno dopo diventavano amici contro, ovviamente, il terzo incomodo rappresentato da un altro ente promotore, di una Città concorrente, in quel momento ostile.
Spesso come “alibi” si cercava di dimostrare l’utilità militare di un progetto rispetto ad un altro e questo per accaparrarsi il fondamentale parere positivo del Ministero della Guerra. Altro importante scopo era quello di cercare di far rientrare il tracciato sponsorizzato entro i limiti estremi di un collegamento internazionale o entro i capi di importanti porti o città. L’arbitro, che ognuno cercava di influenzare per ogni disputa, era il Ministero dei Lavori Pubblici, che doveva concedere il parere positivo e con esso i finanziamenti (od almeno una parte di essi). Nel campo di “gioco” invece non stavano solo le varie Province e Comuni coi loro Deputati e Senatori referenti, i comitati promotori, gli studi tecnici e le imprese, ma stavano anche le Camere di Commercio, le Associazioni Corporative e quant’altro fosse espressione degli interessi in gioco. Le partite spesso si giocavano ai limiti del “fuorigioco”, ma la vittoria voleva dire migliorare, in modo determinante, le condizioni di vita di un territorio.
Il passaggio della ferrovia non solo si rifletteva positivamente sull’occupazione e sui commerci ma anche su altri aspetti tutt’altro che secondari. Ad esempio, uno dei problemi fondamentali che le Amministrazioni locali dovevano affrontare era quello della manutenzione delle strade fatte in terra battuta o, nei casi migliori, di ghiaia od acciottolato. Nei mesi invernali la piattaforma stradale si trasformava spesso in un impraticabile sterrato fangoso. Ebbene il treno, capace di portare quantità enormi di ghiaia o sassi sul posto d’uso (innumerevoli furono i depositi allestiti presso varie località toccate dalla ferrovia), alleviò di parecchio le sorti della viabilità. Si può dire che il treno accorse in aiuto della strada ma quest’ultima, 100 anni dopo, non usò la stessa premura essendo stata, tramite l’automobile, una delle cause della chiusura di molte linee ferroviarie.
Dai documenti rinvenuti presso gli Archivi risulta che anche il Comune di Mirandola si cimentò, a suo modo, nell’impresa ferroviaria diventando “socio”, con ben 20 Azioni del valore di 250 lire ciascuna, della Società Generale per le Ferrovie a Cavalli d’Italia con sede in Firenze .
Relativamente alla costruzione di strade ferrate, dai documenti d’archivio sono emersi:
- una proposta, espressa da alcuni Deputati nella seduta della Camera dell’11 aprile 1861 (all’indomani della costituzione del Regno d’Italia), per un collegamento da Ferrara a Modena via Finale e Cento;
- un progetto (anno 1871-72) di un collegamento ferroviario fra Reggio Emilia-Carpi-Cavezzo-Mirandola con biforcazione, dalla città dei Pico, per Revere e per Finale-Cento-San Pietro in Casale (innesto con la Bologna-Padova). (Progetto C. Lugli di Bologna);
- un progetto (anno 1876), propugnato dalla Provincia di Reggio, di una linea Reggio-Correggio-Carpi-Mirandola-S. Felice-Finale-Ferrara, che costituiva la parte di un collegamento più ampio che faceva capo a Genova e Venezia. Da Reggio la linea doveva prendere la via del mare tramite l’attraversamento degli Appennini, facendo tappa a Pon- tremoli ed a Chiavari. (Progetto Comitato promotore reggiano);
- un progetto di tram a cavalli congiungente Modena con Revere via Mirandola (progetto dei Comuni e delle Province attraversati, anno 1871/77);
- un progetto (Federzoni-Delfini-Ferrari, anno 1878) di una rete provinciale di tramways che doveva unire, fra le altre, Mirandola con Modena e che andava così in contrapposizione col progetto, che poi risulterà vincente, di una ferrovia economica verso il Capoluogo provinciale;
- uno studio (anno 1898) per una ferrovia Finale-Bondeno (studio Deputazione Provinciale di Modena);
- un progetto (anno 1899) di una ferrovia Carpi-Cavezzo-Mirandola (progetto dei Comitati e dei Comuni di Carpi e Mirandola);
- vari progetti per la tratta Mirandola-San Possidonio-Concordia che fu più volte negli intenti e nelle idee di molti comitati promotori o di Imprese di Esercizio Ferroviario (progetti: SAFSMM del 1902, Manfredi del 1912 e A.E.G. Thomson Houston del 1913). Questo collegamento arrivò quasi a concretizzarsi (vedi l’allegato inerente alla linea Mirandola-Moglia-Rolo).
Questi progetti generalmente prevedevano la trazione a vapore o a cavalli, essendo quella elettrica diffusasi a partire dagli anni ’10 del ‘900 e quella termica (a nafta o benzina) a partire dagli anni Venti.
Inoltre occorre precisare che le linee provinciali, costruite nel 1883/84, finivano la loro corsa nelle Stazioni terminali di Mirandola e Finale Emilia. Tali soluzioni venivano però prospettate così solo provvisoriamente, in quanto se ne propugnava il prolungamento da Mirandola a Revere (la diretta Bologna-Verona era, attorno agli anni 1880/90, anch’essa solo agli stadi iniziali) e da Finale a Ferrara. Agli occhi di qualcuno tali prolungamenti avrebbero costituito la parte integrante di un collegamento nazionale da Verona verso il Tirreno tramite la Modena-Lucca, anch’essa negli intenti di realizzazione. In particolare per i Finalesi la propria stazione rappresentò, per parecchi anni, la volontà, mai sopita, di vedersi collegati con Ferrara via Cento o via Bondeno.
E qui ci fermiamo in quanto i progetti si intrecciano fra loro fino a confondersi coi sogni e i desideri di allora.
Solo una frazione di tutti i progetti, a pennino d’inchiostro, venne poi realizzata e di questi il setaccio della storia ce ne consegna ancora una parte e ci mostra oggi il segno dell’ingegno e del lavoro dei nostri avi.
Tratto da: Quando la Bassa Viaggiava in Tram
Autori: Fabio Casini e Fabio Montella
Edizioni CDL