Il segreto di Ulisse – 2° Capitolo

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Secondo Capitolo

«Dunque, potrei digitare “Odissea”, tanto per cominciare: proviamo un po’ a vedere cosa esce!»

La stanza di Brando sembrava un antro, ricavato nella mansarda di casa e a suo parere era dotata di tutti i con­fort: una libreria che ricopriva tre pareti fino al soffitto, un enorme ripiano, attrezzato con computer e relativi marchingegni vari, che sembrava una postazione del Pentagono, telefono, televisore, stereo, e addirittura un telescopio che dall’abbaino puntava dritto verso il cielo. Il letto e l’armadio, in quanto optional, se ne stavano ammassati in un angolo per non sottrarre spazio a cose più importanti.

Quella stanza era la disperazione di sua madre, che dopo vari tentativi andati a vuoto di conferirle un aspet­to più esteticamente accettabile, si era ritirata sconfitta dalla battaglia contro quel suo strano figlio e non met­teva mai piede lassù se non per le indispensabili pulizie.

Aspettando i risultati della ricerca che stava svolgen­do su Internet, Brando contemplava soddisfatto il suo regno sogghignando: «Certo che per essere un umanista non me la cavo male neanche con la tecnologia! E dai, su, muoviti, che motore di ricerca del cavolo. Adesso cambio con qualcosa di meglio!».

Le sue mani volavano sulla tastiera, lanciando una serie precisa di comandi e finalmente la schermata con i risultati apparve sul monitor.

«Accidenti, troppa roba e troppo generica» sbottò cancellando tutto e inserendo altre parole chiave nella stringa di ricerca.

Il modem lampeggiava frenetico e varie volte, nel corso del pomeriggio, il telefono squillò, ma Brando non aveva voglia né tempo di rispondere. Era ormai pre­da di una curiosità che andava soddisfatta a tutti i costi, anche perché se la sua intuizione si fosse rivelata esatta… be’, apriti cielo. C’era di che diventare famosi… o, nella peggiore delle ipotesi, almeno divertirsi parecchio.

«La cosa è più complicata di quanto pensassi, acci­denti» borbottò Brando scorrendo i testi che gli forniva il web. «Un sacco di riferimenti, collegamenti, analogie, passato remoto e presente, mito e realtà che sembrano fondersi, ma non riesco ancora a trovare il nesso, il punto di contatto, se mai esiste. Magari invece sto im­maginando tutto…»

All’ennesimo squillo del telefono, che lo distraeva dalle sue riflessioni, il ragazzo alzò la cornetta con un “pronto” alquanto scocciato.

«Picchio, ciao, sono Marcello, ti disturbo?»

«Sì, parecchio, sono impegnatissimo! Che c’è?»

«La tua cortesia e disponibilità non finiscono mai di sorprendermi! Mi potresti dare una mano con una tra­duzione? C’è un passo che proprio non riesco a capire.»

«Che versione è? Cos’è che non ti torna?»

«Cesare, De bello gallico,(1) be’, a un certo punto dice “mutatis mutandis”. Ecco, sinceramente non riesco a capire cosa c’entrino le mutande con i Galli.»

«Ma cosa stai vaneggiando, Marcello? Scimunito, guarda che quella è una frase fatta, un modo di dire, che non c’entra niente con la biancheria intima! Vuol dire semplicemente “con le debite modifiche”, letteral­mente “cambiate le cose da cambiare”, che non sono di certo le mutande!

«Che strano, giurerei che in quel passo di Cesare non ci sia affatto quella frase, ne sono praticamente certo, ma si sa che la Puviani ama molto rimaneggiare i classici, è la sua passione. Mi chiedo perché non scriva lei qual­cosa direttamente in latino, invece di pasticciare con la roba altrui! Va be’, tutto chiaro, possiamo riattaccare?»

«Ehi, che fretta, Picchio! Che fai stasera? Non dirmi che ti stai facendo bello per uscire con qualche ragazzina del Ginnasio, non ci crederei nemmeno se ti vedessi!»

«E infatti non è così, non ci penso nemmeno: ho di meglio da fare che stare appresso alle ragazzine, qual­cosa di molto, molto più interessante…»

«Tu devi avere proprio qualche rotella fuori posto, perché non ti fai visitare? Va bene che Martina dice che sei un genio, forse sarà per quello che sei così sci­roccato!»

«Che dice di me Martina? Che fate, malignate appena volto le spalle? Dimmi un po’, perché secondo lei sarei un genio?»

«Ciao, ciao, Picchio, buona serata e grazie per la tra­duzione. Ci vediamo domani.»

Marcello interruppe bruscamente la conversazione, ridacchiando per l’ennesima punzecchiatura data all’a­mico e per l’insolita curiosità che quello aveva dimo­strato nei confronti delle opinioni di Martina.

“Che cuocia un po’ nel suo brodo, il genio!”

Intanto Martina, dopo aver fatto i compiti, non aveva resistito alla tentazione di fare un giro di tarocchi,(2) la sua passione. Da quando, la mattina, aveva visto Brando così assorto e turbato, era preda di una strana sensazio­ne, come se tutto fosse sospeso in attesa di strani eventi.

Con reverenza aveva quindi tratto dal cassetto chiuso a chiave della sua scrivania il mazzo di carte avvolto in un drappo nero, aveva rimosso la stoffa e si predispo­neva a vedere cosa avesse in serbo il destino, concen­trandosi sul pensiero dell’amico.

Intanto il suo gatto nero, Paracelso, si era appollaiato di fronte a lei sulla scrivania e, perfettamente immobile, la fissava con i suoi occhi dorati.

«L’Angelo, Sei di Spade, Due di Spade, Il Matto, Il Bagatto, L’Appeso, Il Carro, Il Sole, La Fortuna, La Morte. Accidenti, che giro sconvolgente, praticamente tutti Arcani Maggiori!»

Non contenta o meglio non convinta, Martina rifece più volte le carte, ma il messaggio pareva ben chiaro: in sostanza parlava di un viaggio imminente, a cui avrebbero partecipato tre amici, viaggio irto di difficoltà e avversità, da superare con astuzia e intrighi per risol­vere un fitto mistero, ma che senz’altro sarebbe stato coronato dal successo, e che avrebbe determinato un cambiamento, una trasformazione irrevocabile.

«I tarocchi non mentono mai, posso sbagliare a in­terpretarli, ma ogni giro mi dice la stessa cosa, e sento che tutto questo è legato a Brando, in maniera indisso­lubile…»

D’impulso compose il numero di telefono dell’amico ma lo trovò occupato; provò e riprovò, ma sempre con lostesso risultato. Non poteva aspettare, allora accese il computer e gli inviò una e-mail dal tono un po’ con­citato e farneticante:

Picchio, devo vederti o parlarti il prima possibile, è della massima urgenza. Lo so, tu stai rimuginando qualcosa e fai il misterioso, come al solito, ma le carte hanno parlato per te, e lo sai che con i tarocchi non si scherza.

C’era anche Paracelso vicino a me! Qualunque cosa tu abbia in mente c’entriamo anch’io e Marcello di sicuro quindi esci allo scoperto! Non è il momento di stare a sentire Orazio: ” Odi profanus vulgus et arceo”! Ti è piaciuta questa? Ti si addice molto: “Odio la massa ignorante e la tengo lontana”! Comunque non sto scherzando!!! Accidenti, chiamami!

La strega Martina

A furia di stare davanti al video a scegliere e scartare documenti, rimuginare e ragionare per trovare collega­menti, Brando aveva gli occhi rossi e la testa in fiamme ed era ormai sera inoltrata quando si accorse del mes­saggio di Martina.

«Ma questa è matta da legare, lei, i suoi tarocchi e il suo gattaccio nero! Però, pur non sapendo quello che mi passa per la testa, ci è andata vicino, eccome! E adesso che le dico, come me la levo dai piedi? O forse davvero c’entriamo tutti e tre in questa storia pazzesca? -Non e ancora il momento delle spiegazioni, non saprei proprio cosa dire, mi prenderebbero per pazzo e con la nomea che ho di soggetto alquanto originale diventerei la barzelletta di tutto il Liceo. Mandiamole un messaggio “neutro” e aspettiamo ancora un po’. Poi si vedrà…»

Ciao, Strega Martina.

Rispondo alla tua chiamata esoterica, ma ti faccio pre­sente quanto segue:

  1. Non credo ai tarocchi.
  2. Il tuo gatto è un gran Parac…elso e probabilmente voleva solo una carezza o un po’ di croccantìni e non gliene poteva fregare di meno del tuo giro di carte.
  3. La tua citazione è sbagliata: vulgus è neutro e quindi l’aggettivo giusto è profanum e non profanus\ comunque ho apprezzato lo stesso.
  4. Sto effettivamente pensando a qualcosa di strano, ma te ne parlerò a tempo debito e non so se sarà il caso di dirlo anche a quel somaro di Marcello. Vedremo.
  5. A proposito: di che cosa hai malignato con lui stamat­tina? perché secondo te sarei un genio?
  6. Detto questo ti saluto. Rimetti via le carte, chiudi Para­celso fuori di casa, che non è igienico tenere un gatto in camera da letto, e dormi bene. Ci vediamo domattina al solito posto.PicchioPer il resto della notte Brando non fece altro che leggere e salvare documenti dal web e, fatto per lui del tutto incredibile, scordò persino di fare i compiti per il giorno dopo.Il mattino successivo, dopo aver dormito appena un’ora, si svegliò tardissimo e giunse in classe trafela­to, solo un attimo prima dell’ingresso del professore di latino.Ovviamente aveva dimenticato l’appuntamento con Martina!

(1) De bello gallico: opera di Caio Giulio Cesare avente per oggetto la de­scrizione della guerra contro i Galli durata dal 58 al 52 a.C.

(2)Tarocchi: carte per la divinazione del futuro.

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