La Busa….la Buca

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La busa era un gioco molto semplice, ma anche molto impegnativo, e i bambini dovevano mettere in pratica tutta la loro abilità per riuscire ad eliminare i loro avversari e vincere la gara. Nel cortile si scavava una piccola buca, larga circa cinque o sei centimetri, e poi si provvedeva a spianare il terreno con una ramazza, cercando di eliminare sassi o altri oggetti che avrebbero impedito il gioco; alla fine veniva tracciata una linea sul terreno a circa quattro metri di distanza, dietro alla quale si allineavano tutti i bambini partecipanti al gioco della “busa”, ognuno dei quali aveva la sua biglia personale.

Si eleggeva il capogioco, ossia quello che doveva dare l’ordine di inizio gioco, e poi tutti contemporanea­mente lanciavano la propria pallina di terracotta verso la buca, tentando di farla entrare all’Interno. Le palline restavano a terra dove si erano fermate dopo il lancio e la vicinanza alla buca, o esservi entrata, determinava la precedenza nel turno di gioco, chi vi entrava aveva il diritto al primo lancio. Iniziava così il gioco della “busa”, il primo stringeva fra il dito pollice e il dito medio la propria pallina e, mirando, la lanciava verso le biglie avversarie, perché chi riusciva ad entrare in buca aveva il diritto di colpire le altre palline con un “cric” del dito medio oppure lanciarla rasoterra; e se non riusciva a colpire nessuna biglia avversaria, passava la mano al secondo giocatore. Ogni biglia colpita era catturata, ed il suo padrone non poteva più giocare perché eliminato. Quando si sparava il colpo (era un modo di dire), il giocatore aveva la possibilità di spostare la pallina di una spanna dalla buca dove era entrata, e nel tiro doveva colpire e spostare la pallina degli avversari agendo come una catapulta.

La misura della spanna era quella del bimbo che giocava, quindi più la mano era grande più aveva facilitata la distanza dal bordo della buca alla biglia scelta come bersaglio.

Ogni bambino aveva la propria pallina con colori o simboli diversi, ma tutte dello stesso tipo, ossia tutte di terracotta o di vetro o anche di plastica.

Il gioco aveva una durata sempre diversa, ed era in base all’abilità dei concorrenti. Vinceva la gara chi per primo riusciva a catturare (palla prigioniera) tutte le biglie, in conseguenza di ciò eliminava gli altri avversari, e quelli molto bravi nei lanci riuscivano a spostare con un solo tiro due o più palline, mettendo subito fuori gioco vari avversari. La posta in gioco era un blocco di due o tre figurine o addirittura la biglia catturata, eliminando in questo modo gli avversari più pericolosi (se non avevano ricambi).

Il gioco della “busa” si svolgeva molto spesso all’ombra di filari di alberi, e lontani dal passaggio dei carri agricoli e dagli animali domestici, la cosa più importante era che il terreno fosse ben livellato e senza troppa erba che ostacolasse il gioco stesso. Nei mercatini dell’antiquariato capita spesso di vedere sui banchi dei commercianti le biglie di vetro o terracotta, e a quella vista la memoria corre veloce al vecchio gioco della “busa”.

Racconto di Oriano Tommasini tratto da Piazza Verdi – Finale Emilia –

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