Dicembre – Il calendario

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IL CALENDARIO

Il calendario, inteso in senso moderno, è un sistema di riparti­zione dell’anno solare in mesi e in giorni, stabilito per gli usi civili. E questo si chiama “calendario civile”. Ma c’è anche il calendario fondato sul corso della luna, dove si calcola il tempo a lunazioni, cioè il tempo impiegato dalla luna a tornare nella stessa posizione. Di questo tipo, ad esempio, erano il calendario ebraico e quello greco e adesso è esclusivamente lunare il calendario musulmano, fatto di 12 mesi, alternativamente di 29 e 30 giorni, con un mese intercalare ogni 3 anni.

Il nostro calendario deriva da quello romano, in un primo tem­po composto da 10 mesi e in seguito, per volontà del secondo re di Roma Numa Pompilio, portato a 12 mesi, per un totale di 335 giorni. Ciascun mese aveva le sue “calende” (nel primo giorno) e le sue “idi” verso il 15. Il calendario romano fu poi nuovamente riformato da Giulio Cesare nel 46 avanti Cristo ed ebbe validità fino al 1582, con 12 mesi, un totale di 365 giorni e un anno bisesti­le di 366. Ma nel 1582 avvenne l’ultima riforma, quella gregoriana, dal nome del promotore Papa Gregorio XIII, che è l’attuale.

Va tuttavia rilevato che questo calendario gregoriano ebbe una (assurda) parentesi con il famoso ma quasi sconosciuto “calenda­rio repubblicano” adottato in Francia nel 1793 e in vigore fino al 1 gennaio 1806. Questo calendario, frutto della Rivoluzione francese, fu esportato anche in Italia per qualche anno, dove tuttavia non fu accolto con entusiasmo: l’anno cominciava con uno strano capo­danno fissato al 22 settembre e i mesi prendevano il loro nome dalle stagioni: si partiva con il mese di “vendemmiaio”, seguito dal “brumaio” e poi nell’ordine, dal “frimaio”, “nevoso”, “piovoso”, “ventoso”, “germinale”, “floreale”, “pratile”, “messidoro”, “fruttido­ro”, infine “termidoro”.

Non mancava, ovviamente, la confusione e di questo si rese conto anche Napoleone Bonaparte che, divenuto Imperatore dei Francesi e anche Re d’Italia, pensò bene di tornare al vecchio ca­lendario varato da Papa Gregorio XIII.

Ma torniamo alle nostre tradizioni, perché anche dicembre è un mese ricco di santi importanti, di vecchie credenze e di antiche usanze, che talvolta sfociano nel folclore. Ma è anche un mese ric­co di nebbie, poiché le statistiche della nostra regione sostengono che dicembre vanta il maggior numero di giorni nebbiosi, specie nella seconda metà del mese, e con la più bassa escursione termi­ca giornaliera, nel senso che la differenza della temperatura fra la notte e il giorno è minima; insomma fa sempre freddo.

A proposito di antichi proverbi, va detto innanzi tutto che nel giorno dedicato a Santa Bibiana, che cade il 2 dicembre, una volta, quando non c’erano ancora il colonnello Bernacca e suoi emuli, era tradizione azzardare le previsioni del tempo per i mesi inver­nali, osservando le condizioni meteo di quel giorno. Il vecchio proverbio diceva infatti che “se piove il giorno di Santa Bibiana, piove quaranta giorni e una settimana”, con una evidente previsio­ne nefasta per 47 giorni di pioggia. Per fortuna, i vecchi proverbi non dicono sempre il giusto. Se viceversa il tempo era bello e so­leggiato, magari senza nebbia, fino alle festività natalizie il clima avrebbe concesso una lunga e salutare tregua. In ogni caso la lu­minosità del giorno conosce una ulteriore flessione di 17 minuti fi­no al 22 del mese, giorno del solstizio d’inverno.

Nella giornata dell’8 dicembre, festa dell’Immacolata Concezio­ne, e giorno festivo, era tradizione (e lo è ancora) che si tenesse a Finale Emilia la “sagra della sfuiada”, cioè la sagra della tipica “Tor­ta d’Ebrei” o della “tibuia”, di cui si è ampiamente parlato. 

Traddo da: Antiche tradizioni mirandolane

Autore: Giuseppe Morselli

Edizioni Bozzoli

Anno 2006

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