Lunedì 24 Luglio a Mirandola – Pietro Paltronieri “Il Mirandolese”

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In occasione del 350° della nascita di Pietro Paltronieri (23 luglio 1673) l’Associazione Amici della Consulta APS e il Comitato Sala Trionfini in collaborazione con la parrocchia di Mirandola, la Consulta del Volontariato e la Fondazione Cassa di Risparmio di Mirandola organizzano una conferenza nella quale, il prof. Gian Luca Tusini dell’Università di Bologna, parlerà di Pietro Paltronieri, detto il Mirandolese, pittore di fantastiche architetture. 

L’iniziativa ad ingresso libero si terrà lunedì 24 luglio 2023 alle ore 21.00 presso la Sala Trionfini Piazza Celso Ceretti 9 a Mirandola. 

Nell’occasione verrà esposto il registro del battesimo del 1673, normalmente custodito presso l’Archivio parrocchiale di Mirandola.

Don Felice Ceretti parla del Paltronieri nel volume n. 15 delle Memorie storiche della città e dell’antico ducato della Mirandola.

Nel 1990 la Cassa di risparmio di Mirandola S.p.A. ha pubblicato la monografia Pietro Paltronieri – Il Mirandolese, curato da Maria Cristina Bandera.

Nel 2016 la Fondazione Cassa di Risparmio di Mirandola ha arricchito il suo patrimonio di opere artistiche mediante l’acquisto di quattro grandi tele del Paltronieri.

PALTRONIERI, Pietro Giacomo, detto il Mirandolese o il Mirandolese dalle prospettive.

Biografia:

E’ nato a Mirandola il 23 luglio 1673 da Andrea Poltronieri questo il vero cognome, riportato nell’atto di battesimo e mutato in Paltronieri dalle fonti.

A Mirandola ebbe luogo la sua prima formazione artistica, con Giovanni Francesco Cassana, un allievo di Bernardo Strozzi che fu artista alla corte del duca Alessandro II Pico.

Paltronieri fu presto attratto dal grande esempio di Francesco e Ferdinando Bibiena, artisti che avevano rivoluzionato la tecnica delle architetture dipinte con l’introduzione della veduta per angolo, permettendo di raggiungere virtuosismi prospettici che facevano immaginare spazi infiniti, quali si potevano ammirare a Mirandola negli affreschi della chiesa del Gesù (oggi perduti). A Bologna era entrato alla scuola di Marc’Antonio Chiarini affermato scenografo e pittore di architetture illusionistiche. Qui maturò la sua formazione nella quadratura, genere che a Bologna si era affermato al punto da rappresentarne uno dei maggiori orientamenti artistici. Successivamente si avviò verso i temi della pittura rovinistica sull’esempio di Giovanni Gioseffo Santi.

All’inizio del ‘700 fu a Vienna, al seguito di Chiarini, il quale era stato chiamato dal principe Eugenio di Savoia per realizzare, con Andrea Lanzani, gli affreschi della sala della Udienze, la cosiddetta sala Rossa, nel palazzo d’Inverno del principe. Il primo ciclo di opere per il quale si ha un riferimento cronologico preciso è costituito da dieci tempere su tela a soggetto mitologico dipinte per casa Savi-Marulli a Bologna, una delle quali – la Veduta di rovine con Giove e Venere siglata «P. P.» – è datata 1712.

Una tappa di fondamentale per la formazione del pittore fu il soggiorno, in data imprecisata, a Roma dove l’esperienza diretta sulle antiche rovine si riflette nella serie di dodici tempere su tela con Vedute di rovine in palazzo Caprara a Bologna, databile all’inizio del terzo decennio del XVIII secolo. Fu negli anni trascorsi a Roma, che Paltronieri mise a punto quella commistione di grandiosi monumenti classici in rovina ed elementi gotici che caratterizza le sue opere insieme a un gusto per gli accostamenti bizzarri e le stratificazioni che ha fatto ipotizzare il contatto diretto con Giovanni Paolo Panini e Filippo Juvarra.

La fase più matura dell’artista è rappresentata da sette tempere commissionate dal cardinale Pompeo Aldovrandi e conservate in palazzo d’Accursio a Bologna; eseguite tra il 1724 e il 1733. Paltronieri ebbe modo di conoscere direttamente i pittori veneti suoi contemporanei quando, nel terzo decennio del Settecento, fu chiamato a collaborare alla celebre impresa delle cosiddette ‘tombe allegoriche’, una serie di dipinti raffiguranti celebri personaggi della storia inglese promossa dal noto impresario teatrale Owen Mc Swiny per conto di Charles Lennox duca di Richmond al fine di decorare la residenza di campagna di quest’ultimo a Goodwood, nel Sussex; ogni tela era eseguita da tre artisti diversi, specializzati rispettivamente nella pittura di figure, di prospettive architettoniche e di paesaggio.

A tale iniziativa, di grande risonanza e rilevanza culturale (Mazza, 1976), parteciparono Marco e Sebastiano Ricci, Pittoni, Canaletto, Giovan Battista Piazzetta, Giuseppe e Domenico Valeriani, Giovan Battista Cimaroli, così come anche i bolognesi Donato Creti, Francesco e Vincenzo Monti, Gioseffo Orsoni, Carlo Besoli e Nunzio Ferraioli. Paltronieri vi partecipò collaborando come specialista di architetture prospettiche nella Tomba allegorica di Charles Sackville, VI conte di Dorset, terminata e spedita in Inghilterra nell’ottobre 1725, nella Tomba allegorica di James, I conte di Stanhope (1726, Bologna, Pinacoteca nazionale), nella Tomba allegorica di William Cadogan, I duca di Cadogan (Londra, The Matthiesen Gallery), nella Tomba allegorica di Sidney Godolphin (1727, Londra, The Matthiesen Gallery), nella Tomba allegorica di Archibald Campbell, I duca di Argyll (Bologna, Pinacoteca nazionale), nella Tomba allegorica di Charles Spencer, duca di Sunderland (una copia, eseguita dalla bottega di Donato Creti, è nelle collezioni della Cassa di Risparmio di Bologna). L’ultimo riferimento cronologico relativo a Paltronieri è la data 1733 iscritta in una delle tempere Aldovrandi. Da allora e fino alla morte dovettero essere per l’artista anni di successo e numerose commissioni, poiché la biografia di Marcello Oretti riporta un lungo elenco di sue opere dislocate «nelli palazzi e Case de’ Nobili della città di Bologna», ma anche a Roma, Venezia, Genova e Firenze. Fra i dipinti di questa fase estrema si collocano le cinque tempere su tela in palazzo Rondinini a Roma (inedite), la Veduta di rovine (salvatasi dai bombardamenti della seconda guerra mondiale) nella Gemäldegalerie di Dresda, acquistata a Venezia nel 1741, e, a Genova, le sei sovraporte già in palazzo Brignole, ora conservate nella Galleria di Palazzo Rosso, eseguite con la collaborazione di Nicola Bertuzzi come figurista e immerse in una calda tonalità preromantica.

Sposò Anna Raimondi con la quale ebbe molti figli. Morì a Bologna il 3 luglio 1741.

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