Il business della emodialisi in Europa e nel mondo stava raggiungendo dimensioni ragguardevoli e perciò Bellco si concentrò all’inizio esclusivamente su di essa. A Mirandola eravamo partiti con grande anticipo.Bellco lasciò alla Dasco la gestione dei prodotti-progetti di routine, tra cui un fallimentare rene a piastre monouso, con seri problemi di tenuta. Il solito colosso americano onnipresente, che ci accompagnò e molestò sempre, la allora denominata Travenol Corp.( la futura Baxter)era l’unico concorrente degno di nota, e i colossi europei del settore erano ancora di là da venire: Fresenius per esempio aveva le dimensioni di Bellco, una macchina e pochi prodotti monouso veramente insignificanti.
La svedese Gambro si sarebbe presentata in modo massiccio sulla ribalta internazionale solo dopo un paio d’anni.
Inoltre Veronesi , che si era studiato la Sandoz per circa due anni, sapeva che la forza contrattuale degli svizzeri, quand’anche essi avessero aperto gli occhi, non era sufficiente per impedire alla Bellco di crescere come concorrente.
Un filtro dializzatore monouso,tipo a rotolo, una nuova macchina per emodialisi che non necessitava di sterilizzazione del circuito idraulico tra un trattamento e l’altro, una pompa per il sangue che necessitava di un solo collegamento sul braccio del paziente ,e non due, erano i prodotti di punta che furono sviluppati in Dasco e poi “trasferiti” in Bellco.Quest’ultimo prodotto era stato sviluppato con uno dei nefrologi leader in Europa, il Prof. Ringoir di Ghent e il suo staff di tecnici.
Quali discorsi accattivanti, quali promesse di collaborazione siano state sussurrate tra Veronesi e Gasparini da un lato e gli svizzeri dall’altro non so: so che comunque nelle intenzioni di Veronesi Bellco doveva diventare una ditta autonoma e autosufficiente.
La Bellco agli albori del 1973 era una piccola realtà molto aggressiva, disposta a tutto, fornita di prodotti innovativi sui quali doveva capitalizzare in un tempo molto breve , per non dare alla Dasco il tempo di riorganizzarsi dallo scompiglio. In Europa Veronesi riutilizzò i suoi vecchi collaboratori che Sandoz aveva profumatamente liquidato: Monsieur Bruneel in Belgio, Franz Roesch in Germania e tanti altri: persone capaci e molto immanicate nei propri mercati.
Per quanto riguarda la mia area scegliemmo una nuova ditta distributrice in Jugoslavia, la Velebit di Zagabria, che si dimostrò sempre a un buon livello di efficienza e per alcuni anni promosse una quantità considerevole di affari, in uno scenario mai facile.
Nizsalovszky continuò a lavorare con noi, facendo finta di lavorare per la Dasco e lasciando a loro un po’ di affari e molte speranze.
Negli altri paesi la situazione stava maturando lentamente, partendo da una base molto modesta, ed era mia premura incanalare in Bellco gli affari man mano che divenivano attuali. Questo era particolarmente vero in Polonia: terminata come Dasco la prima fase esplorativa attuata con il buon Adamczyk (l’uomo locale a suo tempo segnalatoci dalla Sandoz), che mi aveva permesso di conoscere la situazione in dettaglio, il contratto di rappresentanza fu da me sottoscritto come Bellco, con la assegnazione di un nuovo agente locale(1) In Bulgaria mi sarei occupato io direttamente della promozione, senza nessun rappresentante ufficiale, poiché i medici collaboravano con me direttamente e per loro il nome Dasco-Bellco era una realtà astratta e lontana.
Impiegai invece parecchio tempo a rendermi conto che era inutile incaponirsi sulla Repubblica Ceca.
La classe medica era totalmente demotivata, e la burocrazia ,atta a demoralizzare chiunque volesse saggiare la ricettività del paese, kafkiana nei suoi regolamenti, si sposava ad una parvenza di industria locale che produceva impianti ospedalieri antidiluviani in un regime di autarchia paleotecnologica.
Un vero peccato, perché come il paese “ufficiale” era ostico commercialmente parlando, così il paese “reale” era ospitale per gli occidentali (i cechi si consideravano loro stessi degli occidentali in castigo). Sembrava quasi che volessero accelerare il disfacimento del regime con un tanto peggio-tanto meglio.
Dasco fece comunque una fornitura, un impianto completo per l’ospedale di Bratislava, in Slovacchia: c’era uno strisciante desiderio di sottrarsi ai capestri della inetta e antidiluviana tecnologia “domestic” boema e ai venditori di carcasse viennesi (Websinger), che spingeva già allora gli slovacchi a guardar altrove. Instaurai ottimi rapporti con il dott. Reznicek , il primario , e alla fine fummo tutti soddisfatti.
La fornitura venne assicurata alla Dasco nel 1973 da un vecchio marpione fiorentino, il Sig. Maccagnani, responsabile in Est Europa per la Ote Galileo, e maritato con una signora praghese, e ovviamente Dasco riconobbe a Bellco una adeguata provvigione anche su questa fornitura.
Sfortunatamente, ci fu un giro di vite a livello ceco, e ogni ulteriore tentativo di entrare in quel paese fu vano (Gambro conobbe bene il problema qualche anno dopo , investendo una fortuna e portando a casa solo briciole).
Nel 1973 si materializzò, come abbiamo già anticipato, anche la mega fornitura Dasco all’URSS (da cui la Bellco trasse una grande e immediata linfa provvigionale):Gianni Bellini portò a buon fine la trattativa Bellco-Dasco-URSS.
Il problema era che l’ente sovietico importatore di attrezzature ospedaliere, Medexport, conosceva Gianni Bellini e se ne infischiava dei rapporti Dasco-Bellco, per cui pretese comunque su un contratto Dasco la firma di Bellini (ce n’è da far girare la testa). Quando Bellini si presentò dall’allora nuovo boss della Dasco (il Diego De Taddeo) con un ordine di 500 milioni di lire intestato alla Bellco per prodotti Dasco, il boss cacciò praticamente Bellini dal suo ufficio e poi, dal momento che non poteva rinunciare alla fornitura, per ripicca fece scaricare il materiale in spedizione nel cortile Bellco e quest’ultima dovette imballare e spedire i prodotti. Ci furono anche conflitti di competenza su chi doveva montare gli impianti nei centri dialisi sovietici e l’assistenza tecnica e il training del personale ecc.ecc.. Non abbiamo mai saputo dove siano finite tutte le apparecchiature, ma la realtà negativa era un’altra:data la mancanza di un piano nazionale per la dialisi (per la popolazione sovietica e non per i soli gerarchi) i discorsi finivano lì: l’URSS non avrebbe generato business ulteriore. Tutto si chiuse in una grande delusione per Dasco e Bellco.
Ci fu inoltre anche la fornitura da parte di Dasco di due centri dialisi chiavi in mano alla Libia nel 1973 con ulteriori versamenti di provvigioni alla neonata Bellco.
Addirittura i due impianti libici restarono ad arrugginire in qualche cortile di ospedale libico prima di essere ripresi in considerazione dalle autorità sanitarie locali , e poi… onestamente ho perduto le tracce.
(1) In tutti i paesi dell’Est Europa tutte le società locali addette alla rappresentanza di prodotti “occidentali” erano controllate dallo Stato:esse poi affidavano la promozione dei prodotti ai loro fidati collaboratori.