L’idea dell’attentato al duca Francesco V nacque improvvisa nell’animo del giovane studente di farmacia Giacomo Rizzati di Cavezzo.
Mazziniano, ma quel mattino solo cacciatore alla ricerca di selvaggina tra le brume autunnali della propria terra. Un vero incontro col destino.
Il duca estense,infreddolito per la lunga scarrozzata dalla Villa Reale di San Felice, aveva deciso, appena superata la località Tre Torri, di sgranchire le gambe e di riscaldarsi facendo un tratto di strada a piedi. S’incamminò, passo passo, immerso nei suoi pensieri seguito a rispettosa distanza dal maggiore Giovan Battista Guerra.
Più distanziata la carrozza ducale e l’altra che fungeva da scorta. In quel tratto la via del Canaletto ancor oggi s’incurva lentamente ed interseca la strada che da Cavezzo porta a Camposanto (destino dei nomi!). Piovigginava quietamente e la nebbia a tratti apriva e richiudeva la vista della campagna circostante, distesa più in basso della rilevata massicciata stradale. A ridosso dell’arginatura due contadini apparentemente indifferenti continuavano a vangare. Il duca non li notò.
All’improvviso il più aitante dei due buttò la vanga ed imbracciò un fucile che era nascosto nel fosso.
Francesco V era un bersaglio ideale così stagliato sull orizzonte.
Il giovane prese la mira, ma la cartuccia lo tradì.
Col colpo aveva pure mancato un clamoroso appuntamento con la storia. Il ducale bersaglio intuì il pericolo e prontamente si buttò giù, dall’altra parte della strada, raggiungendo incolume la seconda carrozza.
Concitato inseguimento dell’attentatore e secondo colpo di fucile contro la scorta, questa volta esploso, ma senza apprezzabili conseguenze. Cattura ed immediato pericolo di una esecuzione sommaria.
Francesco V lo salvò destinandolo alle patrie galere.
Il Rizzati incredibilmente se la cavò con dieci anni di carcere.
Erano ormai lontani i giorni bui di Ciro Menotti.
A ricordo dell’evento venne innalzata la cilindrica “Cappelletta del Duca” sul luogo dello scampato pericolo, anche questo un segno del mutare dei tempi.
Tratto da “La Nostra Terra” di Renato Bergonzini e Beppe Zagaglia -1983
Complimenti per l’articolo
Come sempre, grazie!