Chicche dall’Indicatore Mirandolese 1877-1908 – Gli ultimi avanzi del mobilio e delle pitture del Castello della Mirandola

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Indicatore Mirandolese anno 1881

Indicatore Mirandolese anno 1881

Gli ultimi avanzi del mobilio e delle pitture del Castello della Mirandola

Poiché Francesco Maria Pico, ultimo dei duchi nostri, ebbe trasportato altrove le cose migliori della sua corte; poiché nel 1710 il ducato della Mirandola fu venduto a Rinaldo I d’ Este duca di Modena ; e poi­ché lo scoppio del mastio del castello ebbe ruinata gran parte della corte stessa, venne­ro finalmente i commissari imperiali a sten­dere le mani sugli ultimi avanzi del ric­co mobilio e delle pitture in esso rimaste. Si legge infatti in un Diario sincrono ms. sotto la data dell’ 11 luglio 1716 alla pag. 191. « Ritrovandosi comandante di questa piazza il capitano imperiale Botta Adorno, fecesi questi esibire da’ Ministri Camerali (oltre quello che ebbe la Mantova) l’ inventario dei mobili tutti che si trovavano in castello di ragione di casa Pico, e però, sull’ordine di questo, fatto il debito incontro, si prin­cipiò ad incassare tutti e singoli i mobili medesimi di qualsivoglia sorte, talmente che ne furono condotti con carri venuti dal Mantovano carri 17, e di poi nel giorno 13 ne furono condotti via altri carri 12. — Mobili condotti via carri N. 29 ».

Nel 21 successivo si trova « Dal suddetto signor Comandante Botta Adorno fu­rono venduti mobili altri diversi agli Ebrei di Reggio di qualità di sellaria, corami, adobbi da camera di qualità diverse, casac­che da carabini da scoruccio, habiti da pag­gi, e d’altra specie, e questi tutti levati dalla corte ducale della Mirandola, sendo già stati riposti nella Galleria sotto chiave in mano del medesimo comandante, sicché sfornito e spogliato affatto il palazzo sem­brava un’orrida spelonca. Li 16 agosto ne furono condotti via diversi altri carra del Mantovano, e finalmente non vi restò per cosi dire un chiodo ». Sotto la data del 3 settembre dell’ anno stesso si trova no­tato: « Ritrovandosi robe diverse di ragione di casa Pico in qualità si di pitture, come di mobili domestici rispettivamente in casa del sig. Giuseppe Maffei ed in quella della solita habitatione de’ medici, come pure certa quantità di libri legali nella casa del signor Uditore Lodovico Piccinini, furono da queste per ordine del Comandante Ce­sareo levati e trasportati in Castello, e di poi condotti a Mantova nel giorno 5’ detto assieme con tutti li rami ed altri utensili di cucina della ragione predetta. » (p. 194).

Finalmente alla pag. 196 è registrato.

« Addi 16 ottobre 1716. Furono scassati tutti gli altri attrezzi militari di questa for­tezza rimasti dall’eccidio del torrione, e consistenti in cose di poca qualità, cioè rot­tami, e frantumi d’arme e diverse ferra­rese, e su quattro carra furono anche que­sti condotti a Mantova. Li 21 poi detto il comandante sopra accennato come quello che già li avea esercitati (come si è detto) simili atti, pretese di levare dal rimasto ducale appartamento, e particolarmente nel­la camera già nominata dei Giganti le pitture che nelle muraglie di quella erano state affisse inamovibili per trasportarle a Man­tova, ne fu fatta perciò gagliarda ripulsa da questo signor conte Governatore, anzi in nome del signor Duca Rinaldo d’ Este padrone, amplissima protesta e dichiaratone per pubblico rogito del signor dottor An­tonio Gallafasi di non acconsentire in verun un modo a tale attentato. Ciò non ostante furono sferrate dai muri per forza tali pit­ture di qualità di gran rimarco, e pur esse trasportate a Mantova ». 

Anche il p. Papotti parlando di queste cose accenna che furono trasportate a Man­tova nel 28 ottobre, e che fra esse si tro­vavano « due specchi di meravigliosa gran­dezza e lavoro attorniati di variì finissimi cristalli di monte donati dal generale Fosaulida governatore di Milano dopo la guer­ra della Staffarda al duca Alessandro II e ri­masti intatti nell’ atterramento del castello e caduta del volto della galleria ». 

Prima però che tutto questo fosse avve­nuto, nel 5 luglio dell’indicato anno 1716 Carlo Barbieri segretario del duca Rinaldo anzidetto, avea interpellato il Consigliere Ghibellini sulle pitture stesse conforme all’ ordine dì S. A. ed egli avea risposto, « essere di parere, che siano compresi nel­la vendita della Mirandola tutti e singoli i beni confiscati alla riserva solo del cà­none». Esso consigliere Ghibellini chiedea però vedere nuovamente l’instrumento della compra, ma il Barbieri ripigliava:  Io che non ho mai veduto l’instrumento ho preso per partito di scrivere un biglietto al dottor Muratori perchè lo faccia avere al detto consigliere Ghibellini, che me lo parteci­perà, et consideraremo il punto con stu­diare anche i libri e prima di rispondere in proposito a Mantova.

In una carta annessa si trova la dispo­sizione e l’ordine delle pitture laterali di quattro camere nobili nell’ appartamento ducale del Castello della Mirandola, colla spiegazione di ciò che rappresentavano, col­l’avvertenza che erano già state levate tutte le laterali, e vi restavano solamente quelle dei soffitti. Ci par bene riportare questa de­scrizione medesima sopra copia estratta dall’Archivio di Stato di Modena della quale ci è stato cortese l’egregio prof. Adolfo Venturi ispettore della R. Galleria di quella città; avvertendo che chi bramasse ulteriori notizie su queste pitture, può consultare il Ridolfi nelle Vite dei pittori veneziani stampate in Venezia nel 1648, ed il march. G. Campori ne’ suoi Artisti Italiani e Stra­nieri negli Stati Estensi editi in Modena nel 1835, ove parla del Palma e del Peranda.

Nell’anticamera sesta (essa dice) erano lateralmente quattro gran quadri, col nome degli autori Santo Peranda e Giacomo Palma e col tempo in cui erano stati dipinti, nel 1614, copiosissimi di figure rappresentanti le pri­me quattro Età del mondo, lavorate nell’idea degli antichi favoleggianti idolatri: e perchè detti quadri non coprivano intie­ramente le pareti, nel contorno vi saranno da due braccie in circa di pitture a fresco negli angoli. La pittura del soffitto rappre­senta la Gerarchia de’falsi Numi colla fi­gura d’ ognuno d’ essi in una sola tela po­sta nel mezzo e contornata da pitture a fresco senza figure in disegno d’architettura.

Nella seconda camera dell’Udienza le pitture laterali, che, a differenza della prima predetta camera abbracciavano dap­pertutto allintorno le pareti, essendo at­taccate al soffitto e calando fino alla sommità degli usci, contenevano quattro differenti tavole, cioè la cena del Re Licaone, quan­do vi fu fulminato da Giove suo ospite. La guerra dei Giganti contro del cielo. Il Di­luvio favoloso e la ristaurazione del genere umano seguita dopo il diluvio per mezzo di Deucalione e Bauci col getto prodigioso dei sassi.

» Il soffitto è lavorato sul disegno dell’altra predetta camera differendo solo nel­la pittura del mezzo, e ha pure una tela che rappresenta la lotta d’Èrcole con Anteo.

» Segue la terza camera detta dei Ri­tratti, perchè si trovava finita con vari ritratti di alcuni Ser.mi Principi delle due Serenissime Case Estense e Pico e questi pure sono stati levati e trasportati a Man­tova; la parte delle pareti non occupata dai ritratti è dipinta a fresco a guisa di piccola galleria.

» Nel soffitto vi è nel mezzo pittura si­mile alle predette con diverse figure din­venzione, rappresentanti le principali eroi­che virtù, comecché di quelle erano adorni li personaggi che stavano effigiati in essa camera.

 Le pitture infine laterali della quarta camera detta la camera Rossa abbraccia­vano similmente, come quelle della seconda, tutte le pareti all intorno e mostravano in essa eccellentemente espressa la Favola di Fetonte cavata dalle Metamorfosi d’Ovidio. È bensi questa camera diversa dalle men­tovate nel soffitto lavorato assai più magni­ficamente con diversi intagli dorati e più ricco anche di pitture essendovi, oltre quel­la di mezzo compagna in grandezza alle altre sopradette, il soffitto che contiene la figura d’ Apollo, le qualtro stagioni, il tem­po con altre Deità tutte ben disposte, es­sendovi dalle parti altre sei piccole figure che vengono a formare nobilmente il sof­fitto, che piaccia a Dio non incorra la fa­talità del resto ».

Purtroppo cotali timori ebbero ad av­verarsi, e ciò che non potè essere portato via, venne distrutto o non curato. Nel 1790 ridotta ad uso di teatro la galleria eretta dal duca Alessandro li Pico, si distrussero i pregevoli dipinti a fresco di Biagio Falcieri veronese; e corsero la sorte medesi­ma quelli della sala del Moro eseguiti da Giacomo Borbone di Novellare. Ciò che ri­mase dell’appartamento delle Psiche, fu ridotto nel 1816 a quartiere militare: e qualche anno addietro si vedeva ancora un soffitto di stanza con avanzi di stucchi e di dorature, ora perduti. E la bellissima sala dei Carabini dipinta a chiaro-scuro dal Peranda, aiutato probabilmente da Mat­teo Ronzone Dalmatino il piu valente dei suoi scolari, è ora ridotta nel più orrido e compassionevole stato. Cotale fine hanno avuto gli ultimi resti di quella reggia, nella quale l’anzidetto duca Alessandro II Pico non avea dubitato, durante l’assedio di Vien­na del 1683, d’invitarvi l’imperatore Leopoldo e la sua corte.

F.C.

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