Memoria Festival – Le considerazioni di Franco Gambuzzi

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La manifestazione che si terrà a Mirandola nei giorni dal 9 al 12 giugno p.v. è stata presentata nel corso di una conferenza stampa piuttosto affollata (presenti molti dei promotori come la Fondazione della Cassa di Risparmio, la Popolare di San Felice e la Coldiretti) presso la storica libreria Zanichelli, sita sotto i portici del Pavaglione, a Bologna.

A definirne le caratteristiche sono intervenuti il sindaco Maino Benatti e l’assessora Alessandra Mantovani, il presidente del Consorzio Festival Giuliano Alberani , il direttore del Festival Giampaolo Ziroldi oltre ad Ernesto Franco, presidente del comitato scientifico.

La manifestazione avrà una cadenza biennale e l’impegno del Consorzio sarà quello di consentirne la continuità nel tempo. Il budget previsto è sui 200-250.000 euro, neanche tanto se si considera la portata degli ospiti ed il numero degli eventi e la loro assoluta gratuità, compresi gli spettacoli.

Importante garantire l’accesso alle manifestazioni a tutti indistintamente.

Inoltre, proprio in questi giorni, è arrivata la disponibilità di ENI alla sponsorizzazione.

Non si è mancato di accennare all’importanza dell’enorme appoggio che verrà garantito dal volontariato.

La programmazione prevede eventi che si susseguono nel tempo secondo un calendario equilibrato e saranno fruibili  in spazi equamente suddivisi sul territorio.

L’ambientazione  degli spettacoli non cercherà in alcun modo di nascondere le ferite inferte alla città. Non si vuole con questo nascondere le difficoltà della ricostruzione e del molto lavoro che ancora resta da fare nonostante, in questi quattro anni, si sia fatto molto in tema di recupero.

E’ atteso il sostegno della Presidenza della Repubblica.

Al di là della presentazione del Festival (del resto molto ben presentata sul sito approntato appositamente, www.memoriafestival.it, che consiglio vivamente di consultare) ed alle sue specifiche peculiarità rispetto ad altre manifestazioni simili  mi pare interessante riportare alcuni punti che ho apprezzato e che ritengo qualificanti nell’intervento di Ernesto Franco soprattutto quando, specificandone i contorni, nota come i ricordi si espandano per cerchi concentrici, uno ne ricorda un altro e a sua volta ne rimanda ad un altro ancora. Ed è proprio in questo modo che viene articolato il festival, per cerchi, non necessariamente concentrici, che si intersecano l’un l’altro come alla ricerca di un comune punto d’incontro o, se si vuole, di radici comuni.

Condivisibile anche il taglio che si vuol dare, col festival, al concetto di memoria non considerandola come una ideologia fine a se stessa, come fosse un feticcio. Si vuole contrastare l’idea di memoria come un arrocco pericoloso nella consolazione e nella nostalgia del passato, in una sorta di “Laudatio temporis actis” elegiaca e senza sbocchi. Al contrario far passare l’idea di memoria come “l’intenzione del presente che radica nel passato per progettare il futuro”.

Importante far passare il concetto di quanto sia essenziale coltivare la memoria come caratteristica essenziale dell’umano proprio come se fosse un tassello di una storia più ampia, parte di un puzzle più grande come la storia dell’intera umanità. Anche così si contraddistingue e si esalta in modo pieno la dignità dell’uomo.

Ripensando infine alla storia recente di Mirandola, alle  rovine portate dal terremoto e a come gli urbanisti vedono e progettano una ricostruzione possibile per una città “visibile”, non si può non pensare a quello che di una città è “invisibile” e di cui siamo parte noi, i nostri rapporti e le intese interpersonali, i nostri modi di essere, la storia e i ricordi, i nostri pensieri e le nostre aspettative.

Tutti elementi che difficilmente sono rappresentabili in un semplice diagramma cartesiano.

Noi, siamo la città invisibile.

Importante fare proprio il concetto che città visibile e città invisibile siano strettamente connesse in quanto non disgiungibili. Ho trovato molto pertinente questo rimando a Calvino e alla sua “Le città invisibili” che, guarda caso, proprio in questi giorni sto rileggendo.

Franco Gambuzzi

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