Eleonora Tomasini – Lupi nella pianura emiliana.

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Lupo a Finale Emilia

Lupi nella pianura emiliana: come gli argini di fiume diventano importanti corridoi per la biodiversità.

 Di Eleonora Tomasini

In una pianura padana che sembra essersi trasformata sempre più a portata di uomo e che diventa sempre meno a portata di animali, diversi sono i segnali che comunque ci annunciano un ritorno della natura anche nella nostra area. Questa ricolonizzazione da parte di animali e piante, di territori che possono sembrare inospitali, è in realtà una risposta di adattamento, che ci mostra, sbalordendoci, la resilienza della natura.

Complice una aumentata protezione di aree rinaturalizzate, sottratte all’agricoltura intensiva ed alla cementificazione, ed un aumento di prede naturali come gli ungulati, legati a motivi venatori, sentiamo sempre più spesso parlare di lupi in pianura padana.

Gli animali selvatici non seguono regole scritte, né tantomeno leggono cartelli o statistiche, ma basano la loro vita sul semplice concetto della sopravvivenza. La disponibilità di cibo e di rifugi è tutto ciò che guida la riproduzione, e quindi la conservazione, di una determinata specie.

La presenza del lupo in pianura non deve stupirci più di tanto, sfogliando vecchie e datate carte topografiche, ci accorgiamo che i nomi dati dai nostri avi a determinate località, contengono svariate volte la parola “lupo”. Pensiamo alla piccola località del Cantalupo (a Bondeno, in provincia di Ferrara) o a quella di Ca’ del Lupo in prossimità di Bologna o a via Mazzalupi a Concordia sulla Secchia. Segno che in un passato i lupi si potevano intravedere anche tra la nebbia della pianura emiliana.

Che il lupo appenninico abbia fortunatamente scampato il rischio di estinzione, aumentando notevolmente la sua densità dagli anni 70’ ad oggi, ormai non è più una novità. Sempre più di frequente sentiamo al notiziario o sui social media eccitanti notizie acchiappalike che raccontano di incontri fortuiti con questi enigmatici animali.

Ma in pianura? Risulta ancora una novità, destando ancora molto stupore. Difatti il lupo è una specie che sembra, a causa di leggende, fiabe e false credenze popolari, inesorabilmente legato al bosco ed alla montagna. Tuttavia gli studi sulla sua dieta e sull’uso del territorio, lo dipingono come un animale estremamente plastico, adattabile sia ai diversi tipi di preda che reperisce più facilmente, che agli habitat, mostrando un incredibile adattamento alla convivenza con l’uomo, modificando il suo home range e gli orari di maggiore attività per evitarlo.

Spinta dai numerosi avvistamenti di lupo nelle nostre zone, assieme a quelli del suo lontano cugino, lo sciacallo dorato, ho cercato di immedesimarmi nella testa di uno di loro per cercarli. “Sono un animale schivo ed elusivo durante il giorno, preferendo le ore più buie per muovermi. Sono spinto da un istinto naturale di sopravvivenza, che mi porta a seguire le mie prede, calcolando minuziosamente (anche se ne sono inconsapevole!) l’energia che impiegherò per catturarle, rispetto a quelle che mi servono per fare tutto il resto, compreso cercarmi un compagno/a. Attorno a me, i miei simili stanno diventando sempre più numerosi, e quindi devo muovermi per cercare un territorio, che sarà solamente mio.”

Questo il lupo lo è venuto a scoprire solo più tardi, ma da fine degli anni 80 agli inizi degli anni 90 la nostra specie ha assistito all’espansione di un altro animale: la nutria, detta amichevolmente castorino. Questo animale, che ha origine molto lontane rispetto all’Italia, ha trovato un terreno fertile dove procreare, una volta scappato dagli allevamenti in cui veniva rinchiuso per diventare una morbida pelliccia economica. Il disastro ecologico che porta l’introduzione di specie aliene, è fatto ormai noto, come è noto che i nostri sistemi per debellarla, risultano pressoché impotenti e poco efficaci.

Per fortuna la natura guarda oltre i nostri disastri, seguendo esclusivamente le sue regole non scritte. Ed è allora che, un animale come la nutria, arrivata da un altro ambiente, privo di predatori o di qualsiasi altro competitore che potesse limitarne il numero, diventa un interessante opportunità per un lupo; animale dalle così poche pretese.

Durante una mia solita passeggiata a Finale Emilia, cercando sempre le zone meno battute, per incrementare la possibilità di avere un incontro ravvicinato con qualche volpe meno timorosa o di avvistare un distinto rapace veleggiare nei cieli, mi ritrovo in un tratto del fiume Panaro un po’ nascosto. Rispetto alla sponda opposta, questa sembra quasi deserta! Disturbata solo da un uomo a cavallo, ed ahimè da un paio di motocross, decido comunque di addentrarmi più vicino al fiume possibile, attraversando la golena e ritrovandomi con gli stivali immersi nel terreno argilloso del fiume. Un naturalista lo sa bene, il terreno soffice, misto ad una folta vegetazione ripariale, anche piuttosto matura a stabilire dall’altezza dei pioppi su cui sta crescendo una fitta rete di edera, è come un parco giochi. Mentre mi perdevo a studiare le tracce dei vari animali, cercando di trovare il 5° dito dell’impronta del tasso, distinguendolo dall’istrice, o cercando di capire chi aveva lasciato quella determinata fatta, mi imbatto in una grande orma di canide. Poco prima un grande pastore tedesco era passato, correndo libero sotto lo sguardo della sua padrona. Sebbene una parte del mio cervello, quella più sognatrice ed entusiasta abbia subito pensato ad un lupo, quella più razionale e pessimista ha associato al cane questa bella impronta.

L’area ha un elevato potenziale per la fauna selvatica, è difatti un autentico corridoio ecologico per una lunga serie di animali. Qui vi trovano rifugio gallinelle d’acqua, aironi, tassi, istrici, volpi e lepri. Ma non solo, le inconfondibili strisciate sul terreno indicano la forte presenza di nutrie in questa zona, esattamente come ormai in tutti i nostri corsi d’acqua. La vegetazione è così fitta che rende il posto impenetrabile, o quasi, all’uomo, permettendo agli animali di usarla sia come rifugio, che come autostrada naturale per spostarsi senza essere disturbati dall’uomo.

Incuriosita dalle impronte, e volendo mettere in pratica quanto letto sui manuali naturalistici, decido di mettere una fototrappola, ed ho avuto la sorpresa che tutti gli ecologi sognano di trovare: un bellissimo lupo, incuriosito da questo aggeggio, è stato immortalato in un video. Il video è stato poi segnalato ad ISPRA, la quale sta svolgendo il primo vero censimento nazionale su questa specie, per aumentarne le conoscenze e quindi iniziare una vera opera di sensibilizzazione su questo spettacolare animale.

Oltre a testimoniare la presenza di questo animale in natura, questo video vuole essere una ulteriore prova di quanto siano importanti i fiumi per la biodiversità, permettendo a piante ed animali di compiere anche lunghi tratti, colonizzando nuove aree o scambiando informazioni genetiche, evitando accuratamente il contatto con l’uomo. Uno sguardo di tutela in più deve essere rivolto ai nostri due fiumi principi: il Secchia ed il Panaro, che attraversano la pianura colorandola ed arricchendola di habitat naturali unici; gli stessi che hanno permesso ad animali come le volpi o i tassi di ritornare in pianura anche quando la pressione venatoria esercitata su di essi li aveva portati praticamente a scomparire.

Da troppo tempo i nostri fiumi vengono però sempre più maltrattati, non lasciandogli il loro naturale corso, rilegandoli a sempre più stretti passaggi, effettuando tagli della vegetazione e dragaggi spesso immotivati, dovuti ad un approccio datato di vecchie metodologie di gestione dei fiumi. Sempre di più sono gli studi che suggeriscono un approccio più naturalistico nei confronti dei corsi d’acqua, permettendo sia una migliore conservazione della biodiversità, che un miglioramento della qualità dell’acqua e della nostra sicurezza idrica.

Il compito difficile sarà far uscire dai nostri confortevoli salotti naturalistici, i concetti di ecosistema e di circolarità che ne deriva. Molti collegamenti che sembrano immediati a chi studia i fenomeni da più tempo, sembrano invece scollegati tra loro e privi di logica a chi invece non è navigato nella materia. Usando notizie più accattivanti come la presenza del lupo a due passi dalla città in cui viviamo, possiamo far capire come tutto ciò che avviene in natura sia collegato, e che noi siamo parte di questa catena, nel bene e nel male, dovendo imparare a convivere piuttosto che a mettere barriere.

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Eleonora Tomasini nasce a Medolla nel 1992. Da sempre appassionata di animali e natura, inizia i suoi studi all’università di Modena di scienze biologiche. Svolge un primo tirocinio al Parco Natura Viva di Pastrengo, giardino zoologico fortemente interessato alla conservazione delle specie selvatiche in natura ed al benessere animale. Spinta dalla voglia di imparare di più sulla conservazione degli habitat naturali, inizia gli studi all’università di Parma alla specialistica di ecologia e conservazione della natura, dove può esprimere al meglio tutta la sua passione verso l’ecologia e la natura. Conclude la laurea magistralmente con una esperienza Erasmus di 9 mesi in Romania, dove assieme al WWF e Rewilding Europe, partecipa al progetto di reintroduzione dei bisonti europei provenienti da zoo e parchi faunistici, in natura, più precisamente sui Carpazi, dove li segue e li monitora, cercando di gestire gli eventuali conflitti tra uomo ed animali selvatici. Questa esperienza la aiuta a capire che la conservazione della natura, a qualsiasi livello, parte dalla giusta divulgatura.
Seguono altre esperienze sul campo, lavorando in diversi C.R.A.S. (centro recupero animali selvatici), dove apprende le tecniche giuste per recuperare la fauna selvatica, laddove possibile rimettendoli nuovamente nel loro ambiente naturale. All’interno dei cras continua il suo lavoro di divulgazione, svolgendo visite guidate per bambini ed adulti durante le manifestazioni che costantemente si svolgono in questi centri.
Partecipa ad un progetto di reintroduzione di Ibis eremita in natura, magnifici uccelli tristemente vicini all’estinzione in Friuli Venezia Giulia, e svolge un servizio di volontariato in cornovaglia in un centro recupero di scimmie maltrattate perché tenute come animali domestici. Rientrata nel modenese inizia a lavorare per la conservazione e valorizzazione della nostra pianura aprendo un blog (www.divulgatura.it) dove insieme ad altri ragazzi parla di natura. Svolge diverse visite guidate ed attualmente lavora ad un programma di reintroduzione delle testuggini palustri europei, gravemente minacciate dalla competizione con quelle americane.
Il suo obiettivo è quello di abbattere quella triste barriera che si è instaurata, ormai da troppo tempo, tra uomo e natura, usando la sua passione per far capire l’importanza di vivere in un ambiente sano.

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