Il Partito d’Azione Mirandolese – La liberazione di Mirandola

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Questo importante documento è la testimonianza di Giuseppe Cocchi e Nello Bozzini, due dei fondatori del Partito d’Azione Mirandolese. Come e da chi fu liberata Mirandola?

Ringraziamo Celsino Pozzetti per averci permesso la sua pubblicazione.

Bozzini Nello – Cocchi Giuseppe

IL PARTITO D’AZIONE NELLA RESISTENZA MIRANDOLESE

Febbraio 1978

PREMESSE

A trent’anni dalla fine della guerra di liberazione, le vicende del Partito D’Azione clandestino hanno interessato tutti gli scrittori sulla resistenza della Bassa Modenese in modo non sempre obiettivo; a volte infatti unottica parziale e superficiali conclusioni hanno sminuito il ruolo che il Partito suddetto ha effettivamente svolto nella resistenza mirandolese.

La presente monografia,effettuata sulla base di inoppugnabili fonti,tende dunque a ristabilire definitivamente la realtà dei fatti.

NASCITA DEL PARTITO D’AZIONE A MIRANDOLA

Prima del 25 luglio 1943 nella zona di Mirandola erano già vivi alcuni fermenti antifascisti,ma erano di persone isolate,non di movimenti di opinione.

Nemmeno il partito comunista,che pure aveva in campo nazionale ed internazionale una lunga esperienza organizzativa clandestina, era attivamente presente nella zona; soltanto nel giugno 1942 detto partito fa rientrare dalla Francia a Fossa di Concordia, suo paese di nascita, il militante Arturo Galavotti con l’incarico di organizzare tali fermenti.

Ma nel luglio 1943 non sembra che il Galavotti fosse andato oltre la presa di contatto con gli altri esponenti antifascisti. Tra questi vi era Roberto Serracchioli, un giovane universitario studente bolognese in filosofia collegato al nucleo Giellista di Bologna; egli era venuto a Mirandola avendo ottenuto un incarico di insegnamento al locale liceo classico “Giovanni Pico” per l’anno scolastico 1941-1942.

Dice di lui Nello Bozzini studente mirandolese : “Egli assunse ben presto una funzione di razionalizzazione dei generici fermenti antifascisti dell’ambiente culturale mirandolese. Il suo antifascismo,sufficientemente maturo e critico, fu per noi giovani studenti la prima finestra aperta sull’orizzonte politico del paese” Nell’anno scolastico 1942-1943 il Serracchioli fu sostituito nell’insegnamento da Sergio Telmon  suo amico e militante nel gruppo bolognese di “Giustizia e Libertà”.

Più tardi il Serracchioli,che nel frattempo era stato congedato dal servizio militare,ritornò a Mirandola ove visse dando per qualche tempo lezioni private e dove assieme a Telmon riprese l’opera di attivazione delle tendenze liberal-socialiste negli ambienti studenteschi ed in alcuni gruppi della piccola borghesia.

I primi aderenti al gruppo azionista mirandolese furono gli studenti Belloni Giulio,Belloni Luigina, Bozzini Nello, Benatti Albano, i fratelli Giuseppe e Guido Campanelli, Cocchi Giuseppe, Gambuzzi Paolo, Gallini Silvano, Neri Giuseppe, Pivetti Renzo, Tazzioli Paolo, Silvestri Franco, Zerbini Sergio; vi aderirono pure i commercianti Pozzetti Bruno e Silvestri Nello, l’ìmpiegato Castellini Franco, gli operai Valentini Primo e Gavazza Guido.

IL PARTITO D’AZIONE NELLA RESISTENZA MIRANDOLESE

(Settembre 1943-luglio 1944)

Ancora prima dell ’ armistizio,il gruppo azionista mirandolese attraversa vari momenti di difficoltà; Sergio Telmon lascia la zona per non più ritornarvi, ricercato dalla polizia farà perdere le sue traccie e riparerà nell’Italia liberata; Roberto Serracchioli lascia il gruppo passando da posizioni liberal-socialìste ad altre richiamantisi al comunismo libertario, sarà fucilato nell’estate seguente a Rovereto di Novi,sul sagrato della chiesa, in una afosa giornata il 7 agosto 1944.

Nello Bozzini assume allora la direzione del gruppo, intensifica i collegamenti con il gruppo Giellista di Modena particolarmente con Gino e Sauro Sintini, padre e figlio, che in seguito faranno spesso visite di animazione agli amici mirandolesi.

La successiva riorganizzazione della Repubblica di Salò segna un momento cruciale per l’antifascismo locale, occorre fare delle scelte e le persone compromesse devono passare alla clandestinità.

Si accentuano le difficoltà per il gruppo azionista mirandolese, mancando esso di una struttura organizzativa consistente e mancando ancora in zona altre consistenti organizzazioni antifasciste alle quali appoggiarsi. Alcuni Giellisti, quelli che più sì erano compromessi, partono per la montagna e si arruolano nelle bande partigiane dell’Appennino;  le motivazioni di queste partenze furono dovute al fatto che, come documenta Ermanno Gorrieri, le direttive del Partito d‘Azione provinciale erano le seguenti:

Organizzarsi in pianura e agire in montagna”.

Queste scelte influenzarono sempre la condotta degli azionisti mirandolesi.

Gli azionisti che restano in Mirandola continuano, seppure in pochi,ad agire nella lotta e ad organizzarsi in pianura come é attestato anche dalla storiografia locale comunista;  si organizzano con le altre forze antifasciste locali nel Comitato di liberazione Mirandolese designandovi, come rappresentante, Nello Bozzini e successivamente Nubes (Paolo) Gambuzzi, e seguono attività di volantinaggio e di sabotaggio; cercano, ma senza risultati, di coinvolgere nella lotta antifascista il gruppo dell’Azione cattolica di Antonio Suozzi, dirigente diocesano locale; allestìscono una base di partenza, per le formazioni partigiane dell’Appennino di cui si servono diversi giovani fra cui Nino Spelta e Francesco Silvestri che si arruolano nelle formazioni democristiane delle brigate “Italia“.

Ma l’intesa tra i vari gruppi ideologici,che ufficialmente durerà fino alla liberazione, non ha vita facile, é infatti ricca di disparità di vedute, di contrasti a volte anche incresciosi, di diffidenze: l’operaio azionista Primo Valentin propagandò infatti il giornale clandestino “Voci di officina” nella fonderia Focherini fra l’ironia degli operai comunisti che attratti dai miti massimalisti del marxismo male comprendevano l’intellettualismo Giellista; in altre occasioni si volle ironizzare sulle strutture Gielliste delle formazioni di montagna allorché un azionista mirandolese, Riccardo Guandalinì, rientrò dall’Appennino bolognese e sì arruolò nelle locali formazioni comuniste; nel suo ritorno si volle artatamente vedere una pretesa sfiducia nelle capacità combattive delle formazioni Gielliste dell’Appennino, cosa che i fatti smentirono radicalmente. Altri contrasti si ebbero nella collaborazione unitaria clandestina,nel contesto però di un fecondo confronto dialettico di idee.

Il PARTITO D’AZIONE  NELLA FASE CRUCIALE DELLA RESISTENZA MIRANDOLESE          .

(agosto 1944-aprile 1945)

In questo periodo,ai primi dell’agosto 1944, Nello Bozzini, arrestato per due volte consecutive,abbandona il gruppo mirandolese ed entra in contatto con un GAP comunista dì Concordia sulla Secchia; altri azionisti,fra cui Nello Silvestri, abbandonano pure il gruppo entrando nelle formazioni comuniste della zona che dispongono ora dì migliori strutture e di una più efficiente copertura dì sicurezza.

In questo momento di particolari difficolta Giu­seppe Cocchi assume la direzione dei Giallisti rimasti e con essi forma una squadra che in seguito,fino alla vigilìa della liberazione, volendo conservare la sua caratterizzazione ideologica, agirà autonoma nei confronti delle altre formazioni partigiane gappista e sappiste della zona che, inquadrate dall’organizzazione comunista, daranno vita-nel febbraio 1945-alla brigata Remo e tale autonomia la squadra conserverà, pur mantenendosi sempre in contatto con il comando Piazza, anche se durante i combattimenti per la liberazione di Mirandola il capitano Giuseppe Ferraresi, che oltre ad essere comandante della piazza era anche comandante della Brigata Remo, l’aggregherà al battaglione partigiano Pecorari.

Ora il piccolo gruppo Giallista riprende l’attività di sensibilizzazione politica con particolare attenzione ai giovani e alla ricerca di aderenti; sul piano operativo intensifica i rappòrti con le forze partigiane azioniate della montagna e in particolare con le formazioni del Battaglione Anderlini con il quale opera in stretta collaborazione armata ad opera di Cocchi Giuseppe.

Nella zona Mirandolese il nucleo Giallista-oltre alle attività operative che potevano essere condotte in autonomia-svolge attività di collaborazione con il Comando Piazza, partigiano; le più significative fra queste ultime sono le raccolte di informazioni-come da relativa circolare del Comando Piazza del 3 febbraio 1945-sulla dislocazione delle truppe tedesche locali,sulla ubicazione e il relativo aggiornamento,in apposita cartografia, delle trincee scavate a difesa della città di Mirandola.

Altra azione del nucleo Giallista-in cui si distìnsero gli azionisti Giuseppe Cocchi,Franco Castellini e Bruno Pozzetti-fu l’occupazione della caserma del la G.N.R. fascista e della città dì Mirandola effettuata il 22 aprile 1945 prima ancora dell’ingresso in città delle rimanenti forze del battaglione partigiano Pecorari.

Quest’ultimo fatto,che è ampiamente illustrato e documentato in una relazione di Giuseppe Bocchi al Partito d’Azione in data 5 maggio 1945 depositata da Nello Bozzini presso l’Istituto Storico della resistenza di Modena, é una pagina di storia della resistenza mirandolese che torna tutta ad onore della squadra del Partito d’Azìone rimasta in loco come è documentato anche da altri cronisti locali; questa squadra-costituita fattivamente da Giuseppe Cocchi, Giuseppe Neri, Bruno Pozzetti, Franco Castellini- é stata in grado di sensibilizzare e portare alle armi, per la liberazione della città di Mirandola, circa altre 35 persone.

LA LIBERAZIONE DI MIRANDOLA

Come si é detto la liberazione di Mirandola é dettagliatamente narrata in una relazione di Giuseppe Cocchi al Partito d’Azione recante la data 5 maggio 1945. Di es­sa il Partito ne ha fatto un sunto sottoscritto da alcuni aderenti che é stato depositato anche esso pressi L’Istituto Storico della Resistenza di Modena e che è quello più comunemente conosciuto e commentato in opposizione ad una relazione del Capitano Giuseppe Ferraresi Comandante della Piazza di Mirandola e della Brigata Remo.

Si ritiene pertanto opportuno qui riportare per intero, la relazione di Giuseppe Cocchi.

“RELAZIONE AL PARTITO D’AZIONE “

Liberazione della Città di Mirandola.

“Nella notte del 21 aprile 1945 alle ore 22 circa,in una “casa rifugio nella campagna tra S.Martino Carano e S.Possidonlo ove mi trovavo,fui avvertito che il Comando della Brigata Remo ordinava di tenersi pronti per l’occupazione di Mirandola e per la sua difesa dai tedeschi in “quanto le truppe alleate si stavano avvicinando. “Immediatamente mi recai in città ed avvertii e feci av­vertire tutti gli amici.

“Nella mattinata del 22 mi presentai al Comando che si era installato in una villetta lungo la circonvallazione est di Mirandola per riferire che i miei amici erano pronti. Fui invitato a ripresentarmi alle ore 13,45 per eventuali disposizioni. Puntuale all’appuntamento il comandante Gap.Ferraresi mi ordinò di tenere sotto osservazione la caserma della G.N.R, in quanto i militi fascisti erano stati invitati a sbandarsi senza armi e lasciare la caserma prima delle ore l8 diversamente a quell’ora sarebbero stati attaccati dalle forze partigiane.

“Alle ore 14, accompagnato da Bruno Pozzetti, dopo aver constatato che attorno alla caserma non c’erano movimenti di militi, decisi, con una scusa, di entrare nella caserma stessa la cui porta d’ingresso era chiusa.Bussato ci fu aperto e ci trovammo alla presenza di una decina di uomini. Dal dialogo che seguì apprendemmo che gli altri si erano già allontanati e che essi erano incerti sul da farsi. Allora ci qualificammo e riuscimmo a convincerli ad andarsene anch’essi. Uno di loro,che era in borghese, fu mandato fuori a cercare abiti civili per gli altri. Al suo ritorno, rivestitisi in borghese anche gli altri militi, uno alla volta, a breve distanza l’uno dall’altro e disarmati, si allontanarono dalla caserma che rimase così in possesso mio e di Bruno Pozzetti.

“Lasciato Pozzetti in caserma,mi recai al Comando per riferire. Ivi mi fu ordinato di fare occupare la Caserma dai miei amici e di tenerla in attesa che alle ore 18 entrassero in Mirandola il Battaglione Pecorari della Brigata Remo. Mi fu inoltre rilasciato il seguente ordine scrìtto:

“il comando della Caserma è assunto dal Sig,Cocchi. “tutti gli armati entro detta caserma devono stare agli ordini di detto comandante. Non vale nessun ordine se non ha regolare timbro. Il Comando Brigata,” “(Segue timbro a due cerchi concentrici con stella “a cinque punte)

“Chiamati gli amici ed invitati dei conoscenti fidati, in breve la caserma fu occupata da una quarantina di persone. Erano circa le ore 15.

“Poco dopo,con alcuni uomini armati solo di pistole,mentre perlustravo i dintorni della caserma,mi imbattei in una pattuglia di tre tedeschi. Coltili di sorpresa e circondatili, dopo aver puntato loro le rivoltelle, li disarmammo e li trascinammo in caserma, ivi alcuni armati sì avventarono contro i tre prigionieri e parlarono di ucciderli. Uno dei tre allora,preso dalla paura e dalla disperazione, si avvinghiò ad un armato per impossessarsi dell’arma e difendersi. Dovetti intervenire con decisione anche minacciando l’uso delle armi per riportare l’ordine. Era inumano uccidere chi si era arreso e proprio a poche ore dalla fine della guerra,anche se si trattava di tedeschi,.Temendo poi che la paura facesse di nuovo perdere il controllo dei nervi al tedesco che già una volta li aveva persi ed in un ulteriore tentativo di fuggire uccidesse e venisse ucciso, ordinai di lasciarlo immediatamente libero,tanto non poteva più nuocere. Gli altri due, visto le mie intenzioni e la mia fermezza se ne stettero tranquilli in caserma ritenendola un luogo più sicuro della strada.

“Più tardi transitarono in colonna, automezzi carichi di tedeschi e delle autoblinde. Due autoblinde, una delle quali trainava un cannoncino,si fermarono lungo il viale poco distante dalla caserma. I soldati tedeschi che le guidavano disposero il cannoncino e le mitragliatrici delle autoblinde con la bocca puntata verso la caserma, ma non riuscii a comprendere se intenzionalmente o per caso, tanto più che poi si aggiravano nei pressi apparentemente tranquilli come in attesa che passasse il tempo.

“Alle ore 18,30,non avendo sentore dell’arrivo del battaglione Pecorari e non potendo pensare di poter sostenere un eventuale attacco alla caserma da parte delle autoblinde e del cannoncino, per la inferiorità della potenza delle armi se non del numero degli uomini che le servivano,anche per prudenza, disposi che Castellini partisse con 23 uomini armati divisi in due squadre e trasferisse, dalla caserma in un cortile di una casa del centro dell’abitato, un certo numero di armi. Disposi altresì che una squadra tenesse sotto controllo la zona sud-est di Mirandola e particolarmente la cabina di distribuzione dell’energia elettrica,e l’altra la zona sud-ovest con l’ospedale civile, la squadra rimasta in caserma, doveva “presidiarla e tenere sotto controllo la zona centro-nord di Mirandola con il Municìpio.

“Alle ore 22,30 mi recai al comando per riferire ed avere notizie ed ordini. Appresi che il Battaglione Pecorari,che alle ore 18 avrebbe dovuto entrare in Mirandola, era stato fermato in campagna per scontri con tedeschi in ritirata. Ne conseguiva che la città doveva, almeno per il momento, essere difesa dal solo gruppo dì armati alle mie dipendenze. Non avendo io collegamenti con gli altri partigiani, che dovevano concorrere a presidiare Mirandola in attesa dell’arrivo degli alleati,per un migliore coordinamento delle forze, ritenni opportuno porre le tre squadre di armati da me comandati sotto il controllo diretto e costante del comando Brigata.

“Rientrato poi in caserma mi fu riferito che le due autoblinde con il cannoncino erano ripartite.

“Verso mezzanotte le due squadre a sud-est ed a sud-ovest di Mirandola aprirono il fuoco,ora l’una, ora l’altra,contro automezzi carichi di tedeschi in ritirata e le sparatorie,sia pure con intervalli, si prolungarono fino alle ore 2. Non conosco le eventuali perdite tedesche in quanto nessun automezzo fu fermato nella sua fuga. Solo nella mattinata mi fu comunicato la morte di due partigiani,ma anche ora oggi non conosco le vere circostanze nelle quali essa avvenne essendo le versioni fornite più d’una e contrastanti tra di loro.

In piena notte,erano circa le ore 2 del 23 aprile,una batteria americana aprì il fuoco sull’abitato. Ritornai allora al Comando per avere notizie, sorpreso che gli alleati non fossero a conoscenza che la città era sotto il controllo dei partigiani e per chiedere di nuovo del Battaglione Pecorari.

“Mi fu riferito che le prime pattuglie del Battaglione Partigiano stavano già entrando in città e che una pattuglia, sotto il comando dello stesso Cap.Ferraresi era partita per raggiungere le truppe alleate e fare cessare il fuoco su Mirandola. Solo alle ore 5,30 circa il cannoneggiamento ha avuto fine. Non si lamentano danni alle persone in quanto alla prima cannonata erano tutte fuggite in periferia, qualche casa invece è stata incendiata o diversamente danneggiata.

“Finalmente nella prima mattinata una colonna di truppe alleate é entrata in città tra il tripudio delle forze partigiane e della popolazione.

“Mirandola li 3 maggio 1945                               .

 Cocchi Giuseppe

Come si é detto molto si è discusso sulla liberazione di Mirandola perché si ritengono discordanti le relazioni in proposito del Comandante di Piazza e del Partito dAzione, una l’attribuisce al Battaglione Pecorari della Brigata Remo e l’altra al Partito d’Azione; inoltre ad alcuni sembra strano che la caserma della G.M.R.fascista e la città stessa non siano state occupate dalle formazioni della Brigata Remo che,sotto la guida del P. C.I.,erano state le indiscusse protagonìste della lotta partigiana nel mirandolese.

Questi ultimi non dovrebbero ignorare che, a volte, nello svolgersi degli eventi, subentrano motivi indipendenti dalla volontà delle parti interessate, motivi che nel caso,giocando a favore della squadra del partito d’azione, hanno permesso ai Giellisti di essere protagonisti di fat­ti tanto importanti facendovi intervenire nuclei di cittadini organizzati sia pure all’ultimo momento.

Per quanto riguarda le discordanze evidenziate dalla storiografia comunista, le relazioni del Comando Partigiano di Piazza e del Partito d’Azione non sono divergerti, per chi conosce la vita del gruppo Giallista di Miran­dola e come i fatti si sono realmente svolti secondo la citata relazione di Giuseppe Cocchi del 5 maggio 1945, le due relazioni avendo solo sintetizzato il resoconto degli avvenimenti-secondo una propria particolare visuale- sono formalmente, ma non sostanzialmente discordanti.

Infatti il Comando Piazza è nel vero quando attribuisce la liberazione di Mirandola al Battaglione Pecorari della Brigata Remo in quanto ad esso aveva aggregato la squadra Giellista che spontaneamente si era mossa sotto la guida del Comando Piazza stesso.

Il Partito d’Azione é pure nel vero perché esclusivamente dai suoi aderenti era composta la squadra che- come componente del Battaglione Pecorari-fu la prima forza partigiana ad occupare la caserma fascista della G.N.R, e ad  effettuare l’occupazione della città di Mirandola come risulta dai documenti riportati anche nella acclusa appendice.

CONCLUSIONE

Dopo il Partito Comunista, il Partito d’Azione fu l’organizzazione polìtica che contribuì maggiormente alla lotta partigiana nel mirandolase; dodici giovani provenienti dalle file azioniste, furono riconosciuti partigiani combattenti e precisamente Belloni Giulio, Bozzini Nello, i fratelli Giuseppe e Guido Campanelli, Cocchi Giuseppe,  Guandalini Riccardo, Pivetti Enzo, Silvestri Franco, Sìlvestri Nello, Tazzìoli Paolo, Serracchioli Roberto, Zerbini Sergio; diversi altri ebbero il riconoscimento di patrioti.

Due di costoro caddero per la libertà; Serracchiolì Roberto e Riccardo Guandalini ucciso il 31 agosto 1944 a San Martino Spino da un fascista del luogo, durante un non riuscito tentativo di disarmo. Un azionista carpigiano , Derfo Dallai, fu impiccato a Mirandola il 22 febbraio 1945

Brunetta

APPENDICE II

Archivio Bozzini Nello-Vignola (Modena)

Brigata REMO – inverno 1944

Fra grige cavedagne

la vampa degli spari,

sulla sferza del vento

l’eco degli spari.

Nelle brume invernali

gli incendi dei casolari,

fra stivali chiodati

gli scheletri dei casolari.

Nelle aie gelate

il singulto dei rastrellati,

sull’assito dei camion

il tremito dei rastrellati»

Nelle caserme nere

l’urlo dei torturati,

nel buio delle celle

le piaghe dei torturati.

Sullo spiazzo dei cimiteri

le labbra dei fucilati,

sugli argini del Secchia

le dita dei fucilati.

Ai tronchi dei crocicchi

la smorfia degli impiccati,

sull’asfalto dei viali

le larve degli impiccati.

Fra la neve delle basi

il cuore dei partigiani,

nel fango dei rifugi

l’alba del domani.

 

BIBLIOGRAFIA

Notizie sull’attività del Partito d’Azione mirandolese durante la resistenza sono riportate nei seguenti libri:

ALBERGHI PIETRO- “L‘Emilia Romagna nella Guerra di Liberazio ne Vol.2°Partiti Politici e C.L.N.” Ed.De Donato,Bari -1975 pag.37     . .

BERGONZINI L “La resistenza a Bologna” Vol.3°-Bologna -1970 pag.542

CAMPANELLI GUIDO “1943-1945“ Resistenza come rivoluzione Ed.Cultura Operaia,Napoli 1975,pag.124 e passim.

CANOVÀ-GELMINI-MATTIOLI-“La lotta di Liberazione nella Bassa Modenese» Ed.A.N.P.I.,Modena 1975 pagg.66 e passim.

CAMPANELLI GIUSEPPE “Ne paga ne quartiere” Ed.Rizzoli,Milano pag.1 e passim                         –

GORRIERI ERMANNO “La Repubblica di Montefiorino” EDIZIONE Mulino* Bologna 1966,pagg,246,683 e passim

GORRIERI FRANCA “La Resistenza nella Bassa Modenese” Ed.Cassa di Risparmio di Carpi,Carpi 1973 pag.148 e passim

MORSELLI GIUSEPPE “Mirandola:30 secoli di Cronaca” Éd.Vicenzi,S.Prospero (Mo) 1976, pag.207 e passim

VENTENNALE DELLA RESISTINEA~Memorie della Resistenza Modenese a cura della amministrazione comunale di Mirandola-1960

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