Riccardo Pellati – Il Lambrusco di Sorbara

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Disegno di Koki Fregni

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Matilde di Canossa “La Grande Contessa” era discendente di una famiglia tedesca stabilitasi in Toscana, nacque nel 1046 – morì nel 1115. L’estensore di queste note ha vissuto il periodo bellico nel quale la Bassa Modenese era occupata dalle truppe tedesche e si è reso conto di persona di quanto i tedeschi amas­sero e gustassero il lambrusco.

Cosa c’entra Matilde di Canossa? C’entra, c’entra e come! Quando 900 anni fa in toscana gustò il chianti, avrà creduto che fosse il miglior vino italiano, ma poi la “Grande Contessa” venne per ragioni belliche a Sorbara dove nel 1084 sconfisse il cugino Enrico IV. Come facciamo a pensare che a Sorbara, Matilde di Canossa non abbia gustato il frizzante Lambrusco?!

Quando un tempo si vinificava in casa (fortunatamente c’è ancora nella Bassa chi lo fa) si prendeva l’uva tipica relativa e si pigiava “coi piedi”, la fermentazione era più o meno lunga a secondo della stagione più o meno calda, in media però 3-4 giorni. Coloritamente Sandro Bellei e Ugo Preti, nel “Ricettario Modenese” a pag. 118 sottolineano: “Quando il mosto ’al tacheva a boier e a tirer sò al capel (cominciava i fermentare e ad alzare il “cappello” di vinacce) era tempo di fare il primo assaggio per decidere se spillare il vino dal tino per riporlo nelle damigiane o aspettare ancora un po’ “ch’as fésa” (che diventasse più pieno). Riposto il vino nelle damigiane. attendeva la luna adatta di febbraio o marzo per l’imbottigliamento. Levato “al vein s-cét” (il vino schietto) bisognava “sgraspèr” (togliere lo strato superiore, secco, for­mato dalle vinacce, il cosiddetto “cappello”) e poi aggiungere all’uva rimasta nel tino altra uva e dell’acqua. Appena messa l’acqua si togheva il “biroun” (un lungo tappo di legno che, avvolto nella stoppa, chiudeva ermeticamente il foro inferiore del tino) per lasciare uscire il liquido che veniva successivamente, e ripetutamente ributtato nel tino finché le vinacce non si erano raffreddate. Questa operazione veniva fatta verso sera. Il mattino successivo si levava il vinello, chiamato anche “sopè” un vino leggero (5-6 gradi al massimo), ideale per le prime colazioni del mattino e per calmare le invincibili arsure estive”.

Di “vitis labrusca” si parla fin dagli antichissimi tempi, ma a Sorbara naturalmente oggi si produce il vino DOC (Denominazione di Origine Controllata), il vero “Lambrusco di Sorbara”, quel vino spumante che gorgoglia nel bicchiere cor un’allegra spuma rosa, il vino che entusiasmò Matilde di Canossa!

Riccardo Pellati

Tratto da “Al Rezdor” 1993

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