La Mirandola – Storia urbanistica di una città – Il Castello, le Mura, la Fortezza – XVI capitolo

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La Galleria Nova

Foto di Alberto Toscani (1960)

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Nell’anno 1783, come si è detto, si cominciò per ordine del Duca di Modena la demolizione di quelle parti del Castello che erano state risparmiate dallo scoppio della Torre Grande (1714) perché asserite pericolanti e per presunte necessità urba­nistiche; per prima cosa si abbatterono le mura perimetrali e si colmarono, in parte, le fosse che dividevano la fortezza dalla città; indi nel 1785 si cominciò a demolire la Torre della Maddalena; in seguito nel 1786 si demolì, perché inutile, la porta del castello col suo ponte, poi la Torre delle Polveri (già detta la Pennarola) e una parte della fortezza, il Rivellino della Porta e le sue fortificazioni.

Alla fine del secolo XVIII, anzi ancor prima, di tutto il vasto complesso residenziale e militare della Reggia erano rimasti solo alcuni edifici adibiti ad abitazione e a magazzini e la torre di Piazza. Al giorno d’oggi, grazie alle distruzioni perpretate in seguito, del castello restano in pratica solo due fabbricati, uno della parte centrale, interna, l’altro, periferico, dell’ala di Settentrione.

Della parte centrale resta parte del palazzo di Ludovico II, che fronteggiava la porta del Castello e il «Palazzo Ducale Vecchio» cioè il fabbricato che guarda presentemente verso il Teatro Nuovo e la piazza. L’edificio, sventrato ed alterato all’in­terno, modificato all’esterno, isolato dagli altri edifici vicini sciaguratamente abbattuti, compare nonostante alcuni tentativi di recupero come un informe caseggiato senza alcune traccia della originaria dignità architettonica: parte del porticato chiuso, le luci delle finestre ridotte o spostate, le stanze tramezzate, i grandi camini asportati.

Di tutta l’ala di Settentrione resta solo la «Galleria Nova» fatta costruire (nel 1688) da Alessandro II per allargare gli am­bienti residenziali del Palazzo Ducale e per custodire la sua col­lezione di quadri. Nonostante lo stato di abbandono in cui si trova, l’edificio dimostra ancora nel disegno delle quattro grandi arcate in origine aperte a terrazzo e nel movimento prospettico degli avancorpi laterali i segni della sua antica imponenza archi­tettonica.

Panorama da Settentrione

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Di fronte allo stato di abbandono e di degradazione in cui ancora si trovano ai nostri giorni le parti originali del castello è opportuno osservare ancora una volta come questo compariva in origine e considerare quale declassamento abbia avuto la Città dalla sua devastazione.

Le Mura

Il guasto delle mura e la Piazza della Città.

Litografia del secolo XIX; in foglio. Biblioteca Comunale della Mirandola

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Dopo la distruzione del Castello, di seguito, non in succes­sione cronologica ma come corollario, avvenne la distruzione delle mura. Pressoché nello stesso tempo si andavano distrug­gendo, lentamente ed episodicamente, le fortificazioni esterne e gli spalti.

I prati degli ex conventi, gli orti e i cortili delle case, i prospetti posteriori di queste, mancando progettazioni sostitutive ed immediate, si affacciavano direttamente alla campagna circo­stante, impreparati e provvisori, colle loro parti peggiori e più dimesse.

Illustrative, parzialmente, di questa situazione compaiono queste due tavole, una che illustra il guasto delle mura nei pressi della Porta (con una desolata veduta della piazza) e l’altra, pur stupenda nel suo insieme, che mostra nel panorama da set­tentrione le mura ancora presenti in parte ma già abbassate al cordolo.

L’Illustrissima Città della Mirandola

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La demolizione delle mura rappresentò l’ultimo atto del pro­cesso di degradazione dalla Città e nello stesso tempo la conclu­sione simbolica di una situazione che si era già verificata di fatto dalla seconda metà del secolo XVIII.

Non è possibile al giorno d’oggi e nelle condizioni presenti farsi una idea dell’aspetto che aveva dall’esterno la città murata; neanche è possibile farsi una idea dell’aspetto delle mura cioè di «come erano le mura», se non per generalizzazione, perché gli ultimi resti di esse, della lunghezza di pochi metri, che si vedono in castello, di fianco alla «Galleria Nova», non con­sentono in alcun modo il benché minimo recupero ideale.

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La Fortezza

Attacchi della Mirandola assediata dalle armi spagnole nell’anno 1735.

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La figura riporta alcune caratteristiche della fortezza. Il di­segno (che si riferisce ancora alla Guerra di Successione Polacca; si vedono gli approcci e le linee degli Spagnoli con le posta­zioni delle artiglierie, il «pontone» già lanciato sulla fossa per l’attacco e la breccia nel muro del bastione dei Servi) mostra il tipo di fortificazione della Mirandola cioè la città fortificata mediante la realizzazione di opere fisse (fortini avanzati) nel corpo della cinta esterna secondo gli schemi e le teorie del grande architetto ed ingegnere militare Sebastiano La Preste Marchese di Vauban.

Disegno del recinto della Piazza della Mirandola

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Il disegno mostra il profilo del parapetto dei bastioni e delle cortine a livello della linea di tiro; al centro della cortina tra i Servi e il Bonaga si vede la seconda porta della Città, detta di Modena, aperta nel 1768.

Disegno del fossato

Della Piazza della Mirandola

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Il disegno è dovuto a due disegnatori diversi. La parte rela­tiva al tracciato delle mura e del fossato (che sembra ridotto a poco più di un rivolo) è di carattere tecnico e risale alla seconda metà del sec. XVIII, di ignoto rilevatore. Il disegno dell’interno, di carattere rievocativo, risale alla prima metà del sec. XIX ed è da assegnare in base a confronti con altre carte e documenti al mirandolese ing. Guglielmo Papotti.

Tratto da: La Mirandola – Storia urbanistica di una città

Autore: Vilmo Cappi

A cura: Cassa di Risparmio di Mirandola – Seconda Edizione a cura del Circolo “G.Morandi” di Mirandola.

Anno: 2000

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