La Distilleria-Zuccherificio di Mirandola – 1936-1939

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Questo articolo è un estratto da un libro, veramente ben scritto, di Franco Bianchi, dipendente dell’Azienda dal 1971 fino alla chiusura nel 1983. Che sia un buon lavoro lo dimostra il fatto che è stato, nell’ormai lontano 2008, pubblicato nella collana del Gruppo Studi Bassa Modenese, massima autorità nelle ricerche storiche mirandolesi e della nostra Bassa. L’articolo è stato diviso in più parti, per alleggerire la lettura, dalla nascita dello zuccherificio fino alla morte del suo fondatore Carlo Piaggio avvenuta nel 1938. Il seguito a date da destinarsi.

Quest’articolo, ripetiamo, è solo un estratto che, forse, non fa onore al suo autore, pertanto invitiamo coloro fossero interessati, a consultarlo in biblioteca oppure a farne richiesta al Gruppo Studi Bassa Modenese.

La fondazione (1935-1939)

La storia della Distilleria-Zuccherifìcio di Mirandola ha accompagnato la vita dei mirandolesi dagli anni trenta agli anni ottanta del Novecento. Per cinquantanni vi hanno lavorato alcune generazioni, almeno per una campagna (nel linguaggio corrente, “campagna dello zucchero” o campagna saccarifera),  chi come impiegato ed operaio fisso e chi come avventizio.

…..Si deve alla famiglia Piaggio di Genova l’avvio della costruzione della Distilleria di Mirandola.

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L’attenzione dei Piaggio per l’industria saccarifera parte dal lontano 1888 per volontà di Erasmo Piaggio con la creazione della “Raffineria Genovese”, che si limitava alla raffinazione dello zucchero greggio importato, in quanto la coltivazione della barbabietola era appena ai primordi.

Costituendo la società, Erasmo Piaggio non intendeva però limitare la sua opera alla raffinazione, ma si proponeva di contribuire a creare un’industria italiana dello zucchero comprendente la coltivazione della barbabietola e la sua conseguente trasformazione in zucchero.

I terreni della Bassa Modenese erano adatti a questa coltivazione, ed infatti tale natura si impose sempre più nelle aziènde agricole, aggiungendosi alle tradizionali coltivazioni nella rotazione agraria, che alternava con granoturco, frumento ed erba medica.

Sarà sotto la direzione del figlio di Erasmo, Carlo Piaggio, che verrà costruita la Distilleria di Mirandola.

………L’iter procedurale per la costruzione della Distilleria di Mirandola ha inizio con la comunicazione del 28 giugno 1935 indirizzata a:

[…] Signor Podestà del Comune di Mirandola che la Società Italiana per l’Industria degli Zuccheri ha avanzato domanda al Ministero delle Comunicazioni per essere autorizzata all’impianto di un nuovo Stabilimento per la distillazione delle barbabietole, che dovrà sorgere in codesto Comune ed ha provveduto ad assicurarsi l’acquisto del terreno su cui l’impianto dovrà essere eretto. Si tratterà di un importante Stabilimento, destinato a lavorare annualmente 300/400 mila quintali di barbabietole, il quale darà notevole incremento al movimento industriale e commerciale del Comune [.. .].

Alcuni giorni dopo, precisamente il 6 luglio 1935, viene recapitata alla Società Italiana per l’Industria degli Zuccheri di Genova la positiva risposta del Podestà di Mirandola, Maggiore Enrico Tabacchi.

La distilleria doveva essere costruita lungo l’attuale viale Gramsci, che all’epoca era denominato viale XXVIII ottobre, a ricordo della marcia su Roma avvenuta il 28 ottobre 1922.

In concomitanza con la decisione di costruire la distilleria vi è anche quella di raccordarla con la linea ferroviaria della S.E.F.T.A. (Società Emiliana Ferrovie Tranvie Automobili). In una lettera della S.E.F.T.A. indirizzata al sig. Podestà di Mirandola in data 3 febbraio 1936 si legge:

[…] la Società Italiana per l’Industria degli Zuccheri ha chiesto a questa Società di allacciare con un raccordo detta Distilleria con la nostra Stazione. Il raccordo contempla la posa del binario sulla sede già costruita della progettata Mirandola-Cividale ed in particolare attraversa, come previsto per detta ferrovia, la strada Spagnola a circa 20 metri di distanza dal passaggio a livello della Ferrovia Modena-Mirandola. Il transito delle tradotte per e dalla Distilleria avverrà a velocità ridotta e con pilota [.. .].

Avuta l’approvazione del Comune, la costruzione della distilleria ha inizio e i lavori sono condotti tanto rapidamente che già nell’estate del 1936 rimpianto è ultimato ed è in grado di lavorare le barbabietole.

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Contemporaneamente alla costruzione della distilleria, nel 1936, venne edificata anche la casa degli operai, per dare alloggio al personale specializzato, che in genere proveniva da fuori comune. La casa fu ricavata ristrutturando un vecchio casolare e relative stalle ed è ancora oggi visibile, in viale Gramsci, tra la via Spagnola e l’ex cantina vinicola; si notano anche altre due costruzioni , utilizzate come alloggio per gli operai dello zuccherificio, ora in evidente stato di abbandono.

Nel 1936, primo anno di attività, si ebbero gravi problemi di traffico lungo il viale XXVIII Ottobre in entrambi i sensi di marcia, verso Cividale e verso Mirandola, a causa della sosta di circa 450 mezzi di trasporto di barbabietole, costituiti per la maggior parte da carri e carretti trainati da cavalli, somari, muli e buoi. Emergeva, poi, anche un problema igienico-sanitario a causa dei depositi di deiezioni, non solo degli animali, ma anche dei conduttori dei carretti, che non disponevano di servizi igienici adeguati. Questa situazione provocò forti proteste dei residenti, per cui la direzione della distilleria adottò provvedimenti per organizzare al meglio le lunghe soste dei mezzi.

Con Decreto Ministeriale n. 2069 del 22 maggio 1937, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 161 del 14 luglio 1937, la Società Italiana per l’Industria degli Zuccheri di Genova venne autorizzata ad ampliare la Distilleria di Mirandola di alcol assoluto, portandone la capacità produttiva a 1.000 ettanedri giornalieri, per incrementare così la produzione nazionale secondo le disposizioni del regime fascista.

L’importanza della presenza della distilleria a Mirandola fu evidenziata con la visita effettuata il 27 settembre 1937 dall’allora Cardinale Arcivescovo di Bologna Giovanni Battista Nasalli Rocca e sottolineata dal Podestà di Mirandola Maggiore Ferruccio Pinotti nella lettera inviata al direttore della distilleria.

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Nella lavorazione della barbabietola l’utilizzo dell’acqua riveste un’importanza fondamentale per i diversi impieghi nel processo di trasformazione del prodotto. Le barbabietole vengono spinte idraulicamente, mediante getti d’acqua, dal silo in una canaletta che le convoglia, per galleggiamento, in fabbrica. Vengono sollevate, a mezzo di pompe, verso il reparto di lavorazione, e quindi entrano nelle lavatrici, dove vengono ripulite. L’acqua melmosa, che risulta da questi lavaggi, viene inviata in vasche di stoccaggio e decantazione per consentire il successivo riutilizzo.

Costituiva quindi un problema non indifferente per la distilleria lo smaltimento delle acque “putride” prodotte. In data 9 aprile 1937 vi è un incontro della direzione della distilleria con il Consorzio di Bonifica di Burana, il Genio Civile, il Commissario del Comune di Mirandola e i rappresentanti del Fascio per discutere l’immissione degli scarichi delle acque della distilleria con una apposita condotta interrata che attraversava il viale XXVIII Ottobre per riversarsi nel Cavo Bruino. Il risultato dell’incontro è l’acquisto da parte della Società Italiana per l’Industria degli Zuccheri, come si evince dall’atto notarile del 5 febbraio 1938 , del terreno agricolo denominato fondo “Belfiore”, che avrebbe costituito la sede dell’invaso, in via Bruino, per la raccolta delle acque putrescibili della distilleria prima e dello zuccherificio successivamente.

Altro problema ambientale emerso nelle prime campagne di lavorazione delle bietole era rappresentato dall’inquinamento atmosferico, causato dall’utilizzo del carbone per alimentare le caldaie. Le emissioni dai camini finirono per inquinare i vigneti impiantati vicino alla distilleria, e furono causa di molte querele da parte dei proprietari per la declassazione della qualità delle uve ritirate dalla cantina vinicola.

La collocazione nel territorio della Bassa Modenese della distilleria ha costituito un concreto aiuto per le aziende agricole, in quanto all’epoca i mezzi di trasporto per la consegna del prodotto non erano adeguati alle lunghe distanze, essendo per lo più carri e carretti trainati da animali. La vicinanza dello stabilimento al luogo di produzione portò ad aumentare, di anno in anno, la superficie coltivata a barbabietola, andando a sostituirsi alla canapa verde, sua diretta concorrente.

Per favorire i coltivatori che avevano le aziende lontano dalla fabbrica e quindi difficoltà nel consegnare le barbabietole, vennero creati, su disposizioni della direzione della distilleria, vari punti di raccolta vicino alle stazioni ferroviarie della S.E.F.T.A. di Cavezzo, San Felice sul Panaro, Massa Finalese, Carpi, Soliera, Rolo/ Novi e i relativi costi di trasporto furono sostenuti dalla stessa direzione.

In quei primi anni di attività la distilleria lavorava 10.000 quintali di barbabietole al giorno producendo 1 ettanidro di alcol ogni 9 quintali di prodotto lavorato. Per incrementare la produzione di alcol veniva importato melasso da altre fabbriche consorelle. In minor quantità si distillava il vino, con conseguente produzione di glicerina ricavata dalle vinacce.

Per estrarre dalle barbabietole sugo, melasso e zucchero occorre produrre vapore e quindi la fabbrica doveva servirsi di caldaie, che all’epoca, utilizzavano come combustibile il carbone. Nei primi anni di lavorazione della Distilleria di Mirandola fece scalpore l’installazione di una caldaia “La Mont” (fig. 25), che risultava essere la prima unità di grossa potenza costruiti in Italia.

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Il carbone utilizzato veniva trasportato mediante il raccordo ferroviario della S.E.F.T.A. vicino alle caldaie, dove gli operai lo scaricavano, a mano, dai vagoni. Successivamente l’utilizzo del carbone negli zuccherifici fu sostituito prima dall’olio combustibile, poi dal gas metano.

Nel corso del 1938 l’Italia fascista, per superare il proprio isolamento diplomatico conseguente alla Campagna d’Etiopia, aveva stretto un’alleanza politica ed ideologica con la Germania nazista.

Si colloca in questo contesto l’invito, rivolto agli operai della Distilleria di Mirandola da parte dell’Unione Provinciale Fascista e dei Sindacati dei Lavoratori dell’Industria di Modena, a partecipare ad una gita in Germania per approfondire i legami politici e sindacali fra le due nazioni

Si ha notizia dagli incartamenti riservati che in questo periodo, caratterizzato da notizie più di conflitti che di pace, viene compilato dalla direzione della distilleria un elenco del personale ritenuto indispensabile alla lavorazione, da trattenere in caso di mobilitazione per cause belliche. L’elenco viene inviato alla III Delegazione Interprovinciale per le Fabbricazioni di Guerra di Bologna.

La distilleria lavorava per l’industria bellica e gli operai e impiegati, essenziali al funzionamento dello stabilimento, non furono mai chiamati alle armi.

Il 23 dicembre 1938 venne celebrata a Genova la cerimonia funebre del Presidente e Amministratore Delegato della Società Italiana per l’Industria degli Zuccheri, ing. Carlo Piaggio (fig. 26), morto in una clinica di Milano, dopo quaranta giorni di sofferenze.

Egli aveva iniziato l’attività lavorativa nelle industrie del padre, senatore Erasmo, caratterizzando il suo operato nell’utilizzo di macchine italiane, al posto di quelle di importazione, per le nuove costruzioni o ristrutturazioni di impianti industriali. Ciò è evidente in particolare nella realizzazione dello Zuccherificio di Littoria, voluto dal Duce, a completamento della grande bonifica dell’Agro Pontino. Le distillerie di bietole di Mirandola e di Rovigo rappresentavano, per Carlo Piaggio, un apporto risolutivo, con la produzione di alcol, al problema del carburante nazionale.

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Tratto da: La Distilleria – Zuccherificio di Mirandola (1936-1986 )

Autore: Franco Bianchi

Gruppo Studi Bassa Modenese

Anno: 2008

Le immagini della costruzione sono state gentilmente concesse dal collezionista e amico Marco Macherini

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