Santi e miracoli nella Mirandola dei Pico.

Commenti (0) Mirandola raccontata da Vanni Chierici

“Finalmente santamente, come Ella era sempre vissuta, così morì, leggiermente chinando il capo, e spirando l’Anima nella bocca del Crocifisso.” Con queste parole del padre Leonardo Bonetti, della congregazione Somasca, si conclude la prima parte dell’elogio funebre a Maria Pico.

Maria nasce il 5 marzo del 1613, terzogenita del duca Alessandro I e Laura d’Este. Fin da bambina dimostra un carattere deciso e forte ma, schiva dei fasti e degli agi della corte, preferisce il silenzio della meditazione e della preghiera e decide di votarsi al servizio di Dio e recare sollievo ai poveri ed agli ammalati. Vorrebbe diventare Clarissa nel convento di S. Lodovico, ma il padre è decisamente contrario e glielo vieta; lei di contro rifiuta le nozze coi principi della migliore nobiltà, per mantenersi pura e donarsi completamente a Dio.

Non potendo indossare l’abito monacale, trasforma le sue due stanze in un piccolo convento personale dove mortifica il proprio corpo col cilicio e praticando digiuni e penitenze. L’appannaggio annuale dovutole per il suo ceto e le rendite che le derivano dai suoi possedimenti personali vengono devoluti in beneficenze ed in opere per abbellire chiese e conventi della città; spesso si ritrova nella condizione di non poter aiutare i poveri per aver già donato tutti i suoi beni.

Nonostante i ripetuti rifiuti nell’ottemperare agli obblighi di corte, il duca l’ama moltissimo e la tiene in alta considerazione; un episodio per tutti. Il duca Alessandro I è passato alla storia per essere un governante giusto e benevolo verso i suoi sudditi ma severo, tanto da non aver mai commutato una pena di morte … tranne una sola volta. Un servitore non ebbe il coraggio di disobbedire all’ordine del proprio padrone di uccidere un suo nemico. Come capita spesso, nel processo per omicidio il padrone se la cava, ma il povero servo viene condannato a morte dal duca. Maria, ancora giovanissima, s’interessa al caso ed arriva alla conclusione che il pover’uomo non merita tale condanna. Chiede allora al padre la grazia per la vita del disgraziato che le viene però rifiutata. La notte prima dell’esecuzione, mentre risuonano i colpi dei martelli dei falegnami che costruiscono la forca, Maria si reca nella cappella ducale dove con penitenze e preghiere raccomanda l’anima del condannato al Signore. Fatto ciò corre alla stanza del padre e bussa con veemenza alla porta chiedendo di essere ammessa alla sua presenza per un “fatto di grande importanza”. Una volta introdotta nella stanza inizia a perorare con fervore la causa per il suo protetto ed infine si prostra tutta piangente ai piedi del genitore dicendo: “ Padre amatissimo, non mi torrò di qui insino a tanto non m’abbiate conceduta la vita di quello sgraziato, che già vi domandai, e questo mio pianto valga soddisfare alla giustizia invece del sangue.”

Maria Pico

Maria Pico

Illustrazione dell'elogio funebre di Maria Pico

Illustrazione dell’elogio funebre di Maria Pico

Alessandro I Pico e Laura d'Este - Genitori di Maria

Alessandro I Pico e Laura d’Este – Genitori di Maria

Maria Cybo - Co reggente con Maria Pico

Maria Cybo – Co reggente con Maria Pico

Il duca resta talmente commosso da una figlia così devota, umile e piangente che le dona la vita del condannato. I maligni affermano che avendo pressanti impegni di corte il mattino dopo, il duca abbia ceduto per poter tornare finalmente a letto a riposare, ma questa è senz’altro una bassa insinuazione.

Col prosieguo della vita l’aura di santità che circonda la principessa s’infittisce fino ad attribuirle “celesti visioni”. Come quando, nel 1669, il duca Alessandro II parte verso l’isola di Candia per portare aiuto militare ai veneziani. Dopo qualche tempo, non avendo notizie, la duchessa Anna Beatrice d’Este confida le proprie preoccupazioni alla zia Maria. Questa si raccoglie in preghiera e dopo un po’ corre dalla nipote avvisandola con gioia che prima di notte “… n’avria del suo ritorno prosperi avvisi.” E così è; sul far della sera giunge un corriere che consegna una lettera del cardinale d’Este che avvisa della partenza del duca da Candia per il ritorno.

Anche la sua morte viene preceduta da una sorta di predizione, più coi fatti che con le parole. Il giorno prima di mettersi a letto colpita da pesante febbre, trascorre tutta la giornata con le nipoti con “discorsi santi ed abbracciamenti inusitati”, come se si trattasse di un addio. Sul letto di morte poi ha il suo ultimo atto di generosità. Pochi giorni prima del decesso, avvenuto il 7 dicembre del 1682, si fa portare in camera tutte le carte che attestano debiti nei suoi confronti e le fa stracciare e bruciare, liberandone così tutti i suoi debitori.

Pur non frequentando la corte come avrebbe desiderato il padre, Maria ebbe anche un peso nel governo del ducato quando, aprendo il testamento di Alessandro I, scoprì di essere stata nominata co-reggente dell’infante Alessandro II assieme alla madre di lui Maria Cybo. Le due donne andarono abbastanza d’accordo fino al momento in cui Alessandro II, un anno prima della maggiore età decise di essere pronto per governare da solo. La madre si oppose fermamente mentre Maria appoggiò il giovane. I due ebbero ragione e la principessa/monaca potè tornare a dedicarsi completamente alla carità cristiana.

In un’epoca come il rinascimento stupisce il fatto che un personaggio come Maria Pico, morta vergine ed in odore di santità, e che il padre Bonetti nel suo elogio funebre ha persino paragonata a s. Francesco e s. Chiara, non sia stata neppure beatificata. Eppure la Mirandola era una città pia e piena di chiese e conventi, ricchi di opere d’arte ma anche di sante reliquie. Basti pensare che solo nel convento e chiesa di S. Lodovico vi erano le seguenti: 1- La testa di s. Cilizia, vergine e martire compagna di s. Orsola. 2 –  Il corpo di s. Cirino, donato dalla duchessa Anna Beatrice d’Este. 3 – Il corpo di s. Lucio martire. 4 – Un braccio di s. Teodoro martire. 5 – Resti dell’abito di s. Francesco, resti dell’abito, velo e capelli di s. Chiara, e resti dell’abito di s. Rufino, compagno di s. Francesco. 6 – in altri quattro reliquari vi erano resti di altri 22 santi. In questo contesto non può certo stupire la presenza di un miracolo.

Nel convento vi era un’immagine di Maria Vergine formata di stucco, donata dalle principesse Pico che si eran fatte monache, che raffigurava Maria con in braccio il Bambin Gesù; era denominata Beata Vergine della Guardia e venerata come vera guardiana e difenditrice del convento e delle religiose. Nel 1673, a causa dell’umidità, una consorella si accorse che  un occhio dell’immagine si era rovinato e deturpava la bellezza del viso della Vergine. Vennero contattati diversi artigiani per porvi rimedio, ma tutti, chi per un motivo chi per un altro, si rifiutarono di compiere il restauro. Il due febbraio, festa della Purificazione, come usava ormai da anni, le sorelle riverirono con particolari atti d’ossequio e devozione l’immagine deplorandone però con tristezza l’imperfezione di quell’occhio. La sera la principessa suor Maria Brigida Pico, incaricata di levarle gli abbigliamenti festivi usati per l’occasione, si accorse con stupore “… che il predetto occhio prima guasto, fosse della bellezza primiera …”. Sorpresa e meravigliata chiamò le consorelle e tutte gridarono al miracolo e che l’immagine fosse diventata miracolosa lo scoprì il giorno 6 suor Ginevra Dorotea; dopo una giornata di intense preghiere al cospetto del manufatto essa scoprì che la cancrena che le divorava il petto era guarita. Da allora altre suore e fedeli della Mirandola, ma anche forestieri, videro esaudirsi le loro preghiere e presto l’immagine fu meta di pellegrinaggi e circondata da ex-voto e venne eretta una nuova cappella per accoglierla più degnamente.

Le vicende della vita ci hanno lasciato solo pochi ricordi e testimonianze scritte su questa miracolosa immagine. Nel 1798, i francesi soppressero il convento e le religiose dovettero andarsene con diverse destinazioni e dividendosi fra loro le varie opere sacre; la B.V. della Guardia toccò a suor Chiara Francesca Albarelli di Finale. Essa si trasferì per un certo tempo in ciò che restava del convento dei Serviti portando seco la sacra immagine per poi tornare al paese natio; da questo momento si perdono le tracce dell’immagine e non si sa dove sia finita.

Vanni Chierici

Fonti:  Memorie storiche della città e dell’antico ducato della Mirandola.

Vol. III – IV – VIII.

Cronaca della Mirandola – Giovan Francesco Piccinini.

Fiori poetici sparsi sopra il sepolcro dell’illustrissima ed

Eccellentissima signora principessa Maria Pica – P. Leonardo

Bonetti.

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