La tenuta dei Conti Carrobio nella Bassa Modenese

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La tenuta dei Conti Carrobio nella Bassa Modenese

È ancora vivo nel ricordo di molta gente della Bassa la famiglia dei Conti di Carrobio, che ebbe residenza per più di cinquant’anni nel castello di Massa Finalese. Due ne sono i principali motivi: il loro immenso patri­monio fondiario, uno dei più cospicui di tutta la provincia di Modena, e i numerosi rapporti di lavoro avuti con i contadini e i braccianti di San Feli­ce, Medolla, Camposanto e Massa Finalese durante la conduzione della lo­ro vasta tenuta.

In questa breve nota si intende soltanto ripercorrere le tappe della formazione della tenuta Carrobio nella Bassa Modenese, sulla base dei rogiti che ho potuto rintracciare presso gli archivi di Modena.

Ricordo, per chi non lo sapesse, che la Tenuta Carrobio è stata gradualmente ceduta a privati negli anni immediatamente successivi alla 2a guerra mondiale, e che la famiglia Carrobio ha lasciato la Bassa Modenese per trasferirsi altrove.

  1. La tenuta di Massa Finalese.

Nel settembre del 1813 Antonio Borsari di Finale Emilia, uno dei mag­giori proprietari terrieri delle valli finalesi, faceva stimare la sua tenuta di Massa Finalese con lo scopo di venderla al sig. Emanuele Sacerdoti di Mo­dena: un antenato della famiglia Sacerdoti, la quale solo alla fine dell’Otto­cento sarà insignita del titolo nobiliare di Conti di Carrobio, nome con cui è comunemente designata.

La tenuta era composta da sette poderi che avevano un’estensione complessiva di 796 biolche modenesi ( = ettari 225,82) ed un valore di Lire Italiane 373.206. Eccone la descrizione sulla base della stima del 1813:

Massa Finalese, 17 e 18 settembre 1813.

Protoc. n° 96. Sacerdoti Emanuele. Visita, rilievi e stima di una tenuta detta di Massa Finalese, di ragione del sig. Borsari Antonio del Finale; all’oggetto di dare un sentimento per farne l’acquisto dal Secondo al Primo, coll’istruzione di fare il capitale in regola del 6%. Spedita il 20 settembre 1813.

Modena 20 settembre 1813

Specchio portante la biolcatura e la rendita d’affitto dei fondi componenti la Tenuta di Massa Finalese di ragione del Sig. Antonio Borsari non compresi i capita­li di bestiame e sementi.

1° Possessione Cà Nova in due Corpi bb. 104,37,1/4, valore L. 41873,00. Casa nuova con piantamenti giovani su detta possessione suscettibile di bonifica dividen­do in più brevi traversi quei dossi molto più in vista. Fabbricato con forno porcili, altro fabbricato con stalla e fienile e portici il tutto di recente costruzione al numero civico A 993, lavorata a bovaria da Santo e Giuseppe frat. Calzolari. Semina annua frumento sacca 19.

11° Possessione Cà Grande in un sol Corpo di bb. 85,68, valore L. 64761, albe­rata e vitata con casa segnata A 997, con altro fabbricato con stalla fienile portici ed altra stalla di sussidio nella cascina delle Magnanine in tempo d’inverno. Vivaio d’olmi, noci e viti, semina annua frumento sacca 16, lavorata a bovaria da France­sco Palazzi.

111° Possessione Colombaron in due Corpi di bb. 80,65,2/4, valore L. 52335,00, alberata e vitata con casa segnata A 1052, con l’abitazione ancora del fattore ed altro fabbricato con due stalle fienili portici e pozzo, macero di poste 32, lavorata da Giuseppe Morselli. Semina annua di frumento sacca 15.

IV° Possessione Carrobbio in due Corpi di bb. 80,27, valore L. 52781,00, albe­rata e vitata con casa segnata A 1071, ed altre fabbriche con forno e porcili ed altro fienile con stalla fienile e portici, questa possessione ha una fabbrica riattata di re­cente e quasi nuova. Lavorata a bovaria da Bartolomeo Monari. Semina annua fru­mento sacca 15.

V° Luogo Colombarina in un sol Corpo di bb. 30,54; valore L. 20044. Albera­to e vitato con casa segnata A 1054, ed altra fabbrica con forno e portico lavorata a bovaria da Geminiano Fontana semina frumento sacca 5.

VI0 Prateria Bottardi che serve di tale agli effetti sopra descritti. Senza alberi, fondo asciutto, del quale 15 biolche circa lavorative. Estensione di bb. 32,48 per un importo di valore di L. 12679.

N.B. I sopra descritti fondi sono favoriti dalla situazione loro eminente per cui sono esentati da qualsivoglia inondazione.

VII° Prateria detta Le Magnanine e le Cento di bb. 381,14 valore L. 128733. Separata dallo scolo terratico, con pozzo diroccato, con casa segnata A 1013 che contiene una stalla fienile da cascina ed altra fabbrica con porcili e forno ed altro fienile con la stanza da fare cascina.

N.B. Detta prateria è soggetta alle acque di rottura dei fiumi, ma riceverà ogni vantaggio dalla costruzione della Botte di Burana. Sono pure da togliere per presta­zioni di frumento a favore dell’Arcipretura di Massa L. 1300 di capitale. La Prate­ria Magnanine e Cento come la possessione Cà Grande sono soggette a livello di L. 3800, due Pesi di butirro ed uno staio di fagiolini a favore del Sig. Antonio Ser­torio e per suo capitale di L. 86488.

In archivio non ho reperito il vero e proprio atto di compravendita, ma poiché i fondi della Tenuta Borsari sono gli stessi che intorno al 1880-1890 formavano la tenuta Carrobio, si può ragionevolmente affermare che i Sacerdoti procedettero effettivamente all’acquisto della proprietà Borsari in un momento compreso tra il 1813 e la fine dell’Ottocento.

Alla tenuta di Massa Finalese furono successivamente aggiunti altri poderi delle Valli tra Pavignane e Finale Emilia, come, ad es., la Cabassa e l’Olmo in comune di San Felice (per complessive biolche 220 circa), le Ca­vicchie e la Veronesa lungo la via dell’Albero, a settentrione di Massa, e, forse, qualche altro fondo ancora (ma non si esclude che qualche podere della vecchia tenuta Borsari sia stato successivamente designato con un nuovo nome).

  1. La Tenuta Bosco in San Felice sul Panaro, Camposanto, Solava e Medolla.

Prima di passare ai Conti di Carrobio nell’aprile del 1909, la Tenuta Bosco era già stata l’oggetto di una serie di avvicendamenti di proprietà, che qui si vuole brevemente ripercorrere.

È noto che nel periodo della Restaurazione (1815-1859) il Bosco della Saliceta era di proprietà della Camera Ducale. In quegli stessi anni il Du­ca pensò di formare, attorno al bosco, un’organica azienda agraria, e per­tanto procedette all’acquisto di vari poderi.

Nel 1822 egli riuscì a farsi cedere il fondo Ricina nel territorio di San Felice sul Panaro, mentre nel 1821 aveva avuto la possessione del Bosco o Zenaroli (oggi corte Casino e piantamento) situata nel territorio dì Camposanto. Tra il 1819 e il 1844 egli acquistò alcuni poderi e appezzamenti che erano posti ad est del Bosco, tra quest’ultimo e la via che da Bottegone conduce a San Felice, passando per Gorzano: precisamente, si tratta dei terreni di proprietà Luppi di Camposanto, eredi della Tenuta Castelbarco-Visconti di Milano (1819), della possessione Tusina, poi detta Granai (1823), della possessione Grande di Gorzano, poi detta Bulgarella (1825), del podere Dosso, poi detto Dogarazzo (1830), e dei poderi Tosa e Zoccola (1844).

A sud del Bosco, nella zona denominata Prati Livelli di Solara, il Duca di Modena effettuò una serie di acquisti tra il 1824 e il 1828: i fondi Salda e Casella (oggi Boschetta), ceduti dai Malagoli di Solara, altri terreni della famiglia Molza, la Cà del Vento e i Quattro Cantoni dalle famiglie Malavasi di Staggia e Fattori di Cavezzo. Altri terreni, su questo lato del bosco, vennero acquistati mediante permuta da vari proprietari, al fine di impiantarvi le risaie di cui si è già trattato in questa medesima rivista.

A ovest del Bosco, la proprietà ducale si estese, attraverso vari atti di acquisto stipulati tra il 1826 e il 1837, fin oltre le Strade del Bosco e Campana, provenienti da Villafranca, e comprendeva i poderi Melara di Sotto e Melara di Sopra, il fondo Palazzetto, il fondo Bosca, il fondo Tosatta e il fondo Zanfrognina.

A settentrione del Bosco, l’acquisto di terreni da numerosi particolari (ricordo qui i conti Riccini, i Campi e i marchesi Montecuccoli) portò il confine della tenuta Bosco fin contro la Strada di Malcantone e la Via Lavacchi. Nei pressi di San Felice, inoltre, il Duca comprò i terreni dei cosid­detti Boschetti, che furono poi riuniti alla possessione Campa, anch’essa di proprietà della Camera Ducale.

Con l’Unità d’Italia i beni della Camera Ducale passarono al demanio dello Stato Italiano. Così il Bosco della Saliceta e la Tenuta Bosco divenne­ro di proprietà demaniale. Poco dopo il 1860 bosco e tenuta vennero affit­tati al piemontese ing. Pelopida Ferreri, che li tenne in gestione fino al 15 dicembre 1873, quando, mediante asta pubblica, furono venduti ai genovesi Giovanni Picone e Francesco Cervetto. Sulle pagine de Il Panaro, gior­nale modenese dell’epoca, apparve la seguente notizia: «Ieri lunedì 15 di­cembre 1873 è avvenuto l’esperimento definitivo di vendita della Tenuta di S. Felice per conto della Società dei Beni Demaniali. Molti erano i concor­renti e la gara è stata vivace, giacché da L. 540 mila si è andato ad 840 mila, prezzo di delibera. L’acquirente è il sig. Picone Giovanni Agostino di Ge­nova rappresentato dal procuratore Vaicalvi». Il Picone in seguito si ri­tirò ed il suo ex-socio Francesco Cervetto cercò di sfruttare con razionalità la vasta tenuta del bosco, avviando la chiusura delle risaie (a sud del Bo­sco), la costruzione di nuovi fabbricati colonici e la ristrutturazione dei sin­goli poderi.

Alla morte del Cervetto il bosco e la tenuta furono ereditati dal sig. Giuseppe Rivara fu Michele, parente del Cervetto; questi, nel 1903, li cedette all’avv. Giovanni Cipollini di Genova, che continuò nel programma di ammodernamento dei fabbricati colonici. Gli scarsi risultati economici ottenuti indussero però il Cipollini a cedere, a sua volta, l’intera proprietà al sig. Vittorio Sacerdoti conte di Carrobio che, secondo voci correnti di quel periodo, avrebbe sborsato la somma di un milione e mezzo di Lire, sbaragliando la concorrenza di un gruppo di facoltosi proprietari di San Felice che si erano uniti in società per tentare l’acquisto della tenuta.

  1. Il castello di Massa Fìnalese.

Nel 1899-1900 circa Vittorio Sacerdoti conte di Carrobio fece costruire nella sua tenuta di Massa Finalese, in località Carrobio (alla quale si riferi­sce il titolo nobiliare), un castello la cui architettura si ispira ad un altro analogo castello posseduto da un suo parente in Germania. La residenza dei Carrobio non è da confondersi pertanto con il vecchio castrum di Massa, che fu distrutto dai Pico nella prima metà del secolo XIV.

Il conte circondò il castello con un vasto parco, del quale resta tuttora un piccolo lembo. L’ingresso al complesso residenziale era di fronte alla chiesa parrocchiale di Massa Finalese, dove iniziava il lungo e ampio viale di accesso al castello: quello che la gente designava come la «provana del Conte».

Tra i numerosi festeggiamenti allestiti nel castello voglio menzionare quello del 31 maggio 1935. In occasione del terzo centenario della morte del poeta Alessandro Tassoni, venne a Modena il principe Umberto di Sa­voia, che fu ospite dei conti di Carrobio nella loro residenza di Massa, ove per l’occasione si diede un memorabile ricevimento, ancora vivo nella me­moria di qualche anziano massese.

Ora il castello e quel che resta del parco sono di proprietà privata, mentre una parte del viale è stata acquistata dal comune di Finale Emilia, che l’ha adibita a giardino pubblico. Autore : Renzo Torelli – “I Quaderni della Bassa Modenese”- Anno I – N° 1 – 1987

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