Era una notte buia e tempestosa….

Commenti disabilitati su Era una notte buia e tempestosa…. Mirandola raccontata da Vanni Chierici

Il periodo più buio nella storia della Mirandola fu senza ombra di dubbio il regno di Galeotto II, tra il 1533 ed il 1550; ne è prova l’abnorme consumo in quegli anni di torce e candele.

Era il tempo in cui la politica italiana era fatta di tradimenti, repentini voltagabbana, agguati con spade e pugnali ed un uso sfrenato di veleni, le pietanze coi funghi erano croce e delizia; va detto che anche il resto d’Europa non si discostava molto da tali usanze.

La famiglia Pico faceva purtroppo largo uso di tali “modus operandi”, sia coi nemici esterni che con i propri familiari. Essa però si distinse, vien quasi da dire si elevò, come massimo esempio negativo e fu appunto Galeotto II a raggiungere l’apice delle nefandezze. Infatti, divenuto il Signore della Mirandola grazie ad un assassinio, fu l’unico colpevole di un delitto politico ad essere processato e condannato a morte dall’imperatore Carlo V. Ah, gli venne anche tolto il feudo che fu assegnato al figlio primogenito della vittima, Giantommaso che si salvò perchè assente dalla città. Tutto questo però non valse a nulla, e qui le analogie con l’oggi si evidenziano chiaramente, semplicemente perchè Galeotto non se ne dette per inteso. Anzi, al governatore di Milano, che venne mandato da Carlo per arrestarlo alla testa di un esercito di 6000 soldati, fu sufficiente offrire una borsa contenente 5000 ducati d’oro per fargli fare un indecoroso dietrofront; oggi si usano delle semplici buste da lettera. Ma cosa era successo di così grave da far andare su tutte le furie l’imperatore?

Premessa. Nel 1512 papa Giulio II aveva riportato alla Mirandola Gianfrancesco II Pico, il legittimo Signore della città, dopo che ne era stato cacciato da Francesca Trivulzio, vedova del fratello Ludovico e madre di Galeotto II. La Francesca però non si era arresa ed era andata a piangere dall’allora imperatore Massimiliano. Questi, già un po’ sclerotico di suo, per essere lasciato in pace nominò un giudice che studiò il caso per poi giungere alla salomonica conclusione che a Gianfrancesco II sarebbe toccata la Mirandola e a Galeotto II, nipote di Gianfrancesco, la Concordia.

Gianfrancesco II Pico

Gianfrancesco II Pico

Parte del castello costruita da Gianfrancesco II Pico

Parte del castello costruita da Gianfrancesco II Pico

Carlo V

Carlo V

Fino alla notte del 15 ottobre 1533, pur non mancando vari tentativi di tipo militare da entrambe le parti per riunificare lo staterello, la decisione del giudice rimase l’unica soluzione possibile. Quella disgraziata notte però,

dopo vari tentativi falliti, Galeotto si decide ad agire. Alla guida di quaranta suoi uomini ed alcuni traditori mirandolesi, riescono ad attraversare il fossato con una barca di fortuna. A mezzo di una fune si arrampicano sulle mura, a piccoli gruppi, uccidendo silenziosamente alcune guardie assonnate. Riescono poi ad entrare nel castello e si dirigono verso le stanze di Gianfrancesco. A questo punto il silenzio non è più necessario e penetrano nella stanza da letto di sua Signoria sfondandone la porta. Gianfrancesco che ha già capito tutto è inginocchiato davanti ad un crocifisso intento a pregare. Ciò non lo salva ed una serie di pugnalate inferte da uno degli sgherri di Galeotto pone fine alle sue pene terrene.

Il figlio secondogenito Alberto sentito il trambusto si arma tosto di una spada ma viene trafitto senza pietà. A cose ormai avvenute arriva anche Galeotto che ammirando la scena se ne compiace.

Il rumore della battaglia, alcune guardie seppur tardivamente hanno tentato inutilmente di contrastare l’efferato disegno, ha svegliato la popolazione che si riversa in piazza e si dirige al castello per opporsi agli assassini, ma è ormai troppo tardi.

Al vociare e urlìo della gente, Galeotto si affaccia al balcone del castello e avvisa la popolazione che tutto è compiuto e che lui è ora il nuovo Signore della Mirandola. A riprova di ciò mostra come un trofeo Paolo, il figlio minore di Gianfrancesco, che è costretto a confermare le parole del sinistro cugino. I mirandolesi, visto che tutto era ormai finito, si arrendono all’evidenza dei fatti e due giorni dopo giurano fedeltà al nuovo Signore in una cerimonia tenuta nella chiesa di S. Francesco. A quel tempo il delitto pagava. Oggi invece …

Vanni Chierici

Fonti storiche:

Giuseppe Morselli (Mirandola, 30 secoli di cronaca). Fabrizio Ferri (Mirandola il regno dei Pico).

Abate Girolamo Tiraboschi (Notizie biografiche in continuazione della biblioteca modonese. Tomo III).

I commenti sono chiusi.