Bosco della Saliceta – La sua storia

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1022/1450 – Storia controversa tra proprietari clericali.

Ai tempi di Carlo magno il Bosco iniziò ad essere oggetto di controversie tra il vescovo di Modena e l’abate di Nonantola. La proprietà passò prima al vescovo di Modena, poi ai monaci Nonantolani e ad una successione di famiglie che presero in gestione il terreno. Notevoli le migliorie e le opere di bonifica del terreno: si prosciugarono zone infestate dalle acque stagnanti, furono realizzati canali e scoli, la cui traccia di alcuni esiste ancora adesso, si riorganizzò il sistema agricolo con l’introduzione della piantata. ‘L’ambiente naturale perse il suo aspetto rude e primitivo mantenendo però intatta la propria imponenza e maestà’. [Torelli e Turco, 1980, p. 23] Nel bosco erano liberi di accedere e cacciare (cinghiali e caprioli) anche i cittadini. Di questa bellezza si iniziarono ad interessare i Duchi d’Este, spinti anche dalle enormi sussistenze che tale bosco garantiva.

1451/1849 – Una riserva di caccia del Ducato D’Este.

Il Ducato D’Este provvide a:

– Istituire all’interno della tenuta una riserva di caccia.

Al fine di cacciare selvaggina di passo e di avere punti di osservazione si realizzarono le così dette ‘plinghe’ ossia delle piattaforme in legno posizionate sui rami più grandi di alberi di rovere. La più conosciuta era posizionata alla Rotonda in un angolo della quadra Feltre (oggi si dovrebbe vedere il grosso ceppo di quella grossa rovere, a fianco della quale fu costruita una colonnina con l’immagine della Madonna;

– Effettuare un taglio del bosco sistematico.

Le piante venivano abbattute in un ciclo di 32 anni, per cui ogni anno si liberava circa mezza quadra. Il legname veniva trasportato, mediante carri alla legnaia di Camposanto di Solara (nei pressi del fiume Panaro) dove si provvedeva a caricarla su barconi per essere trasportata a Modena e Ferrara. A seguito del taglio le piante venivano lasciate crescere liberamente, in modo spontaneo. Dopo circa sette anni si effettuava un taglio di pulizia (si tagliavano le piante di sottobosco formate da: spino bianco, rovi, rampicanti, rose selvatiche, ecc…). Qualche tempo dopo si eseguiva il ‘potaticcio’ consistente nel diradamento delle nuove piante cresciute sui vecchi ceppi.

– Limitare l’uso comune delle aree boscate.

La tenuta venne suddivisa in 16 quadre di egual superficie, o circa, disponendo la costruzione di tre strade nord-sud e tre est-ovest.

– Risistemò i vari scoli e soprattutto la fossa del Bosco (posta a nord e sul lato ovest del perimetro del bosco) e facilitò la navigazione tra interno ed esterno del bosco ai fini del trasporto della legna. Infatti la legna proveniente dal bosco.

Com’era il bosco: ‘Era un intreccio formato dalle piante più diverse ed i cespi degli alberi, cresciuti su unico zoccolo o grosso ceppo, formavano un grande ombrello. I rampicanti, come la vitalba e le edere di più famiglie, formavano figure inestricabili avvolte agli alberi, grandi macchie di verde in estate e nodose liane d’inverno. La verde vitalità dell’edera d’inverno, assumeva un contrasto evidente e marcato con le fronde spoglie e sibilanti ai freddi venti del nord. Le piante del sottobosco, come lo spino bianco, i rovi o le rose selvatiche, creavano intrecci assai difficoltosi da superare. In qualche radura, specialmente nei primi anni dopo il taglio ciclico, crescevano fieno ed altre erbe, favorite dall’irradiamento del sole non ostacolato dalle piante ancora basse: d’estate, queste erbe, si seccavano, dando così l’impressione di una savana africana. Lungo i canali interni, i fossati e i rigagnoli, come nei piccoli stagni che si formavano qua e là, crescevano, rigogliosi, dei canneti, delle paviere (sala palustre) ed altre specie, in cui nidificavano anatre selvatiche, pernici, ed altri animali. Lo strato verdastro che si formava sulle acque stagnanti (il cosiddetto “letto delle rane”), come le miriadi di insetti, i fiori spontanei e sconosciuti, con i loro colori così vivi e sgargianti o così delicati e tenui, la luce del sole che filtrava a fatica, a volte con prorompente forza e vitalità fra le chiome verdi degli alberi, gli intensi odori profusi nell’aria da questa varia e composita vegetazione, davano la gioia di una atavica sensazione di bellezza e di un antico quanto profondo senso vitale. […] Le fitte nebbie autunnali, le pesanti rugiade, le bianche brinate, la secca galaverna attecchita su ogni arbusto, su ogni pianta, fino all’ultimo ramoscello, creava un’atmosfera irreale, quasi di disagio, a chi in quell’ambiente doveva lavorare, come se la natura volesse ammonire coloro che la dissanguavano asportandone le parti vitali. [Torelli e Turco, 1980, p. 30]

Schema 1 – Elementi paesistici storici significativi 1451/1849

Schema 1 – Elementi paesistici storici significativi 1451/1849

1849/1909 – Primi saccheggi e ripopolamenti

1834: inizia la sperimentazione della coltura del riso, poi abbandonata progressivamente nel 1890

1849: primi saccheggi di selvaggina e di legna da parte della popolazione che viveva in condizioni di estrema povertà. Questi eventi furono tanto forti da costringere ad un ripopolamento di fagiani, caprioli e cervi da parte del ducato prelevandoli da altri territori.

1861: il re visita il bosco in occasione di una battuta di caccia e ne rimane profondamente colpito. Al posto di farne una riserva però da disposizioni per prelevare la fauna da caccia (cervi, caprioli, daini) ed accompagnarli in altri territori per il ripopolamento.

1870/1875: dal ritrovamento di un dipinto, e dalla necessità di custodirlo, fu realizzato a seguito di una prima costruzione temporanea, l’oratorio della Madonna del Bosco.

Schema 2 - Elementi storici paesistici

Schema 2 – Elementi storici paesistici 1849/1909

1909/1940 – Dalla fine del ducato d’Este al periodo fascista

A seguito di ripetuti passaggi nel 1909, con aggiudicazione d’asta, la proprietà passa al conte di Carrobbio che riorganizza la tenuta secondo metodi di gestione moderni:

– Vengono sistemati i capannoni e costruita una segheria;

– Acquistate le prime macchine per l’aratura;

– Si dispese la costruzione per un trasporto su binari di rotaie interne al bosco per facilitare il trasporto della legna fino al Politeama;

– Furono prese a salario una serie di lavoratori che svolgevano le mansioni anche più faticose, come per esempio quelle dedite alla guardia dei fagiani che nel periodo della semina badavano ad allontanarli dai campi e nel periodo dell’allevamento dei fagiani dovevano provvedere a procurare loro formiche rosse.

– L’allevamento dei fagiani (che poi erano immessi nel bosco) era posto al limite sud della quadra della Barchessa.

– Si assistè però ad una mancanza di manutenzione dei canali di scolo delle acque piovane con conseguenti allagamenti dell’area a Bosco.

Schema 3 – Elementi paesistici storici significativi 1909 - 1940

Schema 3 – Elementi paesistici storici significativi 1909 – 1940

1930 – Periodo fascista –

Furono avviati una serie di lavori di sistemazione di canali, scoli (in particolare dello scolo della Vallicella) e strade. Fu scavato il nuovo alveo del Fiumicello e costruito uno sbarramento in cemento armato, tra Pratograsso e Corte Casino. ‘D’estate, quando le paratie erano chiuse ed il Fiumicello pieno, quel luogo era mèta di parecchi giovani che approfittavano della nitidezza dell’acqua, allora di certo non sporca ed inquinata, per farne l’uso di una vera e propria piscina. In autunno, poi, quando lo sbarramento veniva aperto, era un accorrere, da tutti i comuni vicini, di persone che, sfruttando l’acqua particolarmente bassa, setacciavano in lungo e in largo il letto del canale per prendere con le mani quel pesce che per mesi era cresciuto indisturbato’. [Torelli e Turco, 1980, p. 53]

– Furono realizzate una serie di opere rivolte alla trasformazione di prodotti provenienti da bosco: nei pressi del Politeama fu costruita una carbonaia; all’esterno del bosco (ai Granai ed alla Risaia) erano state costruite due grandi aie selciate in pietra che servivano all’essicazione del granoturco, legumi ed erbe officinali raccolte nel bosco e vendute a case farmaceutiche.

– All’esterno diffusa era la coltura della melonia (coltura poi ripresa a seguito del disboscamento). – Portoni di ingresso, posti al suo limite meridionale ed occidentale, formati da grossi cancelli in ferro sostenuti da pilastri in muratura. Il portone delle Chiaviche (n. 12 nello schema grafico 3) fu chiamato così perché lì vicino si distribuivano le acque del Bosco mediante paratie e chiaviche, appunto.

1940/2000 – La distruzione del Bosco della Saliceta

Maggio 1943: i tedeschi adibiscono il bosco a deposito di munizioni e lungo le carreggiate costruiscono recinti a protezione. All’interno del bosco furono costruite delle baracche per i servizi mensa dei militari, mentre le truppe furono alloggiate nei granai ed il Comando nella Corte Casino. Per scopi difensivi fu scavata e sistemata la fossa Sparato ed il cavo Dogaro, facendo cumuli di terra per impedire l’accesso a carri armati. Tutto questo lavoro fu continuamente sabotato dai partigiani e ben presto (anche a causa degli attacchi e di scoppi di munizioni) fece sì che i tedeschi iniziarono ad utilizzare il bosco ai fini addestramento di ufficiali e sottufficiali.

Gennaio 1945: il bosco fu ripetutamente bombardato con lo scopo di allontanare i tedeschi. Con l’arrivo delle truppe alleate i partigiani si impossessarono del bosco che divenne luogo per i rifornimenti (venivano lanciati segnali luminosi lungo via del Bosco). Per un periodo di tempo il bosco fu destinato a deposito di residui bellici; successivamente si provvide a bonificare i terreni interni dove i tedeschi avevano sepolto le bombe. Le opere di manutenzione ebbero come conseguenza il disboscamento di alcune aree, includendo piante giovani (di 12 anni). Fu ricostruita la casa della Barchessa Vecchia adattata a deposito quello Nuova, ordinate le strade più dissestate e riparate le infrastrutture interne al bosco.

1947/1948: Nel giro di pochi anni la produttività del bosco scese a livelli insostenibili.

Per questo si iniziò a pensare ad un disboscamento totale per convertire il terreno a fini produttivi. L’idea del disboscamento nasce da impellente bisogno di lavoro e dall’improrogabile necessità di procurarsi di che sfamare la famiglia in un contesto storico ben preciso. Inoltre il bosco della Saliceta non era percepito da parte delle popolazione per il valore ambientale e naturale che avrebbe potuto avere nel futuro, ancora lontana era l’ecologia e la preoccupazione per gli aspetti ambientali. Certamente esso era amato e faceva parte della cultura locale, ma era distante alla popolazione per ciò che rappresentava e ciò che era venuto rappresentando, come simbolo di potere agrario.

1° Disboscamento: quadra Zenaroli

L’idea fu quella di istituire una cooperativa per lo sradicamento ed il taglio del bosco preservando una quadra di 100 biolche per futura memoria. Questa strategia necessitava di tempo per essere attuata e nel frattempo si susseguirono una serie di incursioni nel bosco. Dalla CISL-Unione Provinciale del Lavoro nasce l’idea di trasformare tutti in mezzadri, creando sui terreni del bosco dei piccoli proprietari.

1950: si susseguirono una serie di cambiamenti nella composizione della cooperativa dovuto a rimostranze, fino a giungere a scontri con la polizia, da parte dei braccianti esclusi dall’assegnazione dei lotti, con conseguenti invasioni del bosco ed abbattimenti selvaggi. Nasce la cooperativa Braccianti del Bosco della Saliceta. Si dà il via al disboscamento ed i terreni liberi vennero arati profondamente. I costi parziali del disboscamento furono ripagati dalla vendita delle Roveri presenti in ogni quadra (circa 60/80 per ogni quadra). Viene, inoltre, realizzata una stalla sociale.

1963: a causa di dissidi interni la cooperativa si sciolse.

Schema 4 – Elementi paesistici significativi alla distruzione del Bosco della Saliceta

Schema 4 – Elementi paesistici significativi alla distruzione del Bosco della Saliceta

2000 – Primi rimboschimenti

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Fonti bibliografiche.

Database topografico Regione Emilia Romagna: Carta Storica IGM 1853; Database topografico Regione Emilia Romagna: Immagini Aerofotografiche ORTOFOTO AGEA 2014; http://geoportale.regione.emilia-romagna.it/it/services/servizi-OGC/servizio-di-consultazione TORELLI R., TURCO A., 1980, Il bosco della Saliceta. Cronache e immagini, a cura di Biblioteche comunali di Camposanto, Cavezzo, Medolla, San Prospero. Prima indagine sulle pubblicazioni a tema ‘Bosco Saliceta’ BERNINI G., GUERZONI A (a cura di). 2014, La cooperativa Bosco della Saliceta e la Cisl di Camposanto, Modena: Cisl Modena FRIGIERI D.. 1987, Il bosco della Saliceta: storia di ieri e di oggi. Come ricordo quel bosco e la nostra campagna. (presentazione di Vilmo Cappi), San Felice sul Panaro: Litotre GORRIERI E. (a cura di). 1957, Piccola proprietà e cooperazione agricola: l’esperimento della cooperativa Bosco della Saliceta, Modena: Unione sindacale provinciale CISL: Cooperativa Bosco della Saliceta MANFREDINI F. (tesi di laurea; rel.: Fanny Guarino Cappello). 1974-1975, Un intervento anticipatore della riforma agraria: il bosco della Saliceta a Camposanto di Modena, Urbino: Università degli studi [Si trova a MODENA CENTRO CULTURALE F.L. FERRERI] BOSCHI V., VICINI C., (tesi di laurea), I terreni del comprensorio dell’ex-bosco della Saliceta nel comune di Camposanto, Modena [Si trova a MODENA Accademia naz. di Scienze Lettere Arti – BOLOGNA Biblioteca dell’Accademia nazionale dell’Agricoltura] Testo a stampa (antico), 1799, Notificazione. A preservare il bosco della Saliceta da que’ danneggiamenti, che, malgrado le provvidenze, e proclami in altri tempi pubblicati, vengono non di rado inseriti al bosco medesimo, … [Si trova a MODENA – Biblioteca Estense Universitaria] FESTANTI LEONARDO (tesi di laurea in Architettura, relatori Armando Barp, Matelda Reho). 1996, Il Bosco della Saliceta, una presenza paesaggistico-ambientale che sopravvive alla sua stessa fisicita: ricerca delle tracce del passato e analisi delle possibilità di ripristino [Si trova a MODENA Centro Culturale F.L. Ferrari] PUCCI L.. 1996, Poveri e mannaie: l’assalto al bosco della Saliceta (San Felice), 1796-1798 [Si trova a BOLOGNA, Biblioteca Archiginnasio]

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