Bello a sapersi – La morte misteriosa di Giovanni Pico

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Maurizio Bonzagni

Maurizio Bonzagni

Chimico, nato a Mirandola nel 1958, ha lavorato a lungo come responsabile vendite presso una multinazionale di materie plastiche ma è soprattutto un appassionato di storia locale di cui è da anni un attento lettore. Dopo aver arricchito la propria biblioteca di numerosi testi su Mirandola e la Bassa Modenese e raggiunta recentemente la pensione ha iniziato la collaborazione con Al Barnardon per condividere e contribuire a divulgare la splendida storia delle nostre terre, spesso sconosciuta o ignorata da molti dei suoi stessi abitanti.

Adorazione dei Magi

La misteriosa morte di Giovanni Pico

Giovanni Pico Opera Omnia

Giovanni Pico Opera Omnia

Scuola di Atene

Scuola di Atene

La misteriosa morte di Giovanni Pico

Nel 1494 Giovanni Pico muore improvvisamente a Firenze dopo due settimane di agonia.

E’ il 17 novembre, lo stesso giorno in cui il Re di Francia Carlo VIII di Valois entra in città diretto alla conquista del regno di Napoli con un poderoso esercito al suo seguito. Difensore del Pico anche in passato contro Papa Innocenzo VIII saputo delle condizioni del Pico il Valois invia due medici del suo seguito a visitarlo quando ormai però il suo destino è già segnato.

Alberto Pio, Signore di Carpi e figlio della sorella del Pico, lo assiste sul letto di morte, l’altro nipote prediletto Gianfrancesco Pico, figlio ed erede del Signore di Mirandola e fratello di Giovanni, Galeotto, non arriverà in tempo a confortarlo, per un giorno troppo tardi.

Lunetta di Palazzo Vecchio

Lunetta di Palazzo Vecchio

Miracolo del Calice

Miracolo del Calice

Tomba di Giovanni Pico

Tomba di Giovanni Pico

Aveva solo 31 anni. Ma era già la Fenice degli Ingegni per tutte le corti europee.

Il sospetto di un avvelenamento è forte per la morte così repentina di un giovane in buona salute, leggendo anche i particolari della sua agonia descritti dallo stesso nipote Gianfrancesco: fu preso da una insidiosissima febbre, che penetrò negli umori e nei visceri del suo corpo così furiosamente da dispregiare ogni genere usato di medicamenti.

La discesa in Italia di Carlo VIII decretò la fine dei Medici a Firenze. Piero, figlio ma non all’altezza del padre  Lorenzo il Magnifico, si inchina al potente invasore assecondando ogni sua richiesta, compresa la pretesa di centoventimila fiorini d’oro per contribuire alla sua impresa militare. Atteggiamento che porterà ad una rivolta popolare a Firenze capeggiata  dal Savonarola, da sempre ostile ai Medici ma fino ad allora frenato dal prestigio del Magnifico, morto due anni prima.

Negli anni successivi che vedono il monaco al potere della città molti cittadini che parteggiavano per il ritorno di Piero De Medici furono arrestati e alcuni di loro decapitati. Fra questi Cristoforo di Casalmaggiore che con suo fratello Martino era un fido servitore di Giovanni Pico.

Forse nel disperato tentativo di evitare la decapitazione, che invece puntualmente avvenne, Cristoforo confessò sotto tortura di aver avvelenato il suo padrone per entrare in possesso di un ricco lascito contenuto nel suo testamento.  Il documento, che ci è giunto per intero, in effetti contiene alcune postille aggiunte dal Pico il giorno prima della sua morte in cui è contenuta una ricca donazione di bestiame a Martino, fratello di Cristoforo e amministratore del Pico.

Due fratelli al suo servizio, Cristoforo come segretario personale e Martino procuratore e amministratore, che già in precedenza avevano dato prova di aver gestito in modo poco trasparente il patrimonio del loro padrone, come lascia intendere un passo della vita del Pico scritta dal nipote Gianfrancesco.

Purtroppo non ci è dato di sapere di più. L’episodio della confessione di Cristoforo ci è giunto solo dalle pagine dei Diari del veneziano Marino Sanudo, una preziosa opera di cinquantotto volumi in cui  descrive minuziosamente gli avvenimenti di cui ebbe notizia nell’arco della sua vita.

Se si vuole escludere la morte per malattia e accettare per vera la confessione del Cristoforo, più accreditata è però  l’idea che lui agisse come sicario dietro mandato di Piero de Medici o di Papa Alessandro VI Borgia. Il Savonarola era infatti molto temuto da entrambi, dal primo perché osteggiava il dominio dei Medici con grande seguito e dal secondo per il fervore del monaco contro le dissolutezze della chiesa romana, tesi che di li a poco verranno poi riprese da Martin Lutero. Il legame che univa il giovane umanista di grande fama al Savonarola accreditava fortemente l’autorevolezza del monaco contestatore tra il popolo di Firenze e tra le corti d’Europa. Entrambi quindi, il Medici e il Papa, avevano forti ragioni nel volere la morte del Pico e il veleno era lo strumento più usato a quel tempo, ben noto nella storia dei Borgia.

Tuttavia anche una morte per malaria o sifilide può essere presa in considerazione, vista anche la diffusione epidemica di quest’ultima malattia in quegli anni a Firenze e in tutta Italia, ulteriormente propagata proprio dall’esercito francese di Carlo VIII che attraversò tutta la penisola fino a Napoli. Non a caso tutt’ora chiamato mal francese e in Francia mal napoletano.

L’ipotesi di una malattia contagiosa come causa della morte è inoltre avvalorata dalla morte del Poliziano, suo amico fraterno e con lui sepolto nel convento di San Marco a Firenze, morto solo due mesi prima mostrando gli stessi sintomi e decorso del male del Pico. Considerando l’omosessualità del Poliziano e i sospetti per tale natura dello stesso Pico.

Allo scopo di ricercare la verità il 26 luglio 2007 alla presenza di storici e antropologi furono aperte le tombe dei due filosofi per procedere ad una analisi scientifica dei loro resti, unitamente a quelli del Benivieni, che alla sua morte, avvenuta molti anni dopo, volle essere sepolto all’interno della stessa cassa del tanto amato Pico.

Il rapporto dettagliato delle analisi eseguite è stato pubblicato dal Centro Internazionale Giovanni Pico della Mirandola.

Un esame accurato delle ossa non ha rivelato nessuno dei segni tipici lasciati dalla sifilide anche se forme acute e fulminanti, come quella che potrebbe aver colpito i due filosofi, possono non lasciare tracce. L’ipotesi continua quindi a non poter essere esclusa.

Campioni dei resti sono poi stati analizzati alla ricerca di sostanze tossiche a conferma di un possibile avvelenamento. Purtroppo anche in questo caso non abbiamo avuto una risposta definitiva, pur avendo infatti riscontrato un contenuto di arsenico decisamente superiore alla norma, anche per quei tempi, non si può escludere che questo derivi da medicamenti a loro somministrati, allora di largo uso per diverse pratiche tra cui appunto anche la cura per la sifilide.

La causa della morte di Giovanni Pico è quindi destinata molto probabilmente a rimanere un mistero per sempre, avvolta come è oggi da teorie e sospetti che ci fanno solo rammaricare per una giovane morte che ha privato il mondo di un ingegno che chissà quale impulso avrebbe potuto dare alla nostra storia se avesse proseguito la sua troppo breve vita.

  1. ADREOLLI, G. GRUPPIONI, Peripateticus Miles. Vita, fattezze e morte di Giovanni Pico della Mirandola, Centro Internazionale di Cultura Giovanni Pico della Mirandola, Finale Emilia 2009.
  2. GARIN, Giovanni Pico della Mirandola, Conferenza per il quinto centenario della nascita di Giovanni Pico, Parma 1963.
  3. JACOBELLI, Pico della mirandola. prefazione di Eugenio Garin, Milano 1986.
  4. POLETTI, Del modo tenuto da Cristoforo e Martino Casalmaggiore nel sopprimere Giovanni Pico delle Mirandola, Mirandola 1987.

Liberamente tratto dal libro di Maurizio Bonzagni:

“Mirandola e la Bassa Modenese – Storia di una capitale dall’Alto Medioevo a Città di Provincia”

Edizioni: Al Barnardon

Il libro è in vendita nelle edicole e librerie di Mirandola.

€ 15.00

COVER_Mirandola e la bassa modenese (1)

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