25 Gennaio “San Paolo dei “Segni”- Le previsioni del tempo

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La conversione di San Paolo di Tarso

Conversione-di-San-Paolo

SAN PAOLO DEI “SEGNI”

Nella giornata del 25 gennaio la Chiesa cattolica festeggia la Conversione di San Paolo, il giovane pagano miracolato sulla via di Damasco e poi divenuto una pietra miliare della fede cristiana, che è anche il patrono di Concordia.

Ma nella “Bassa” questa gior­nata ha sempre assunto un tono magico, misterioso e profetico, perché nella nostra terra questo è il giorno di “San Paolo dei Se­gni , come del resto tutto il mese di gennaio era un periodo di “se­gni”, il tempo in cui gli agricoltori traevano gli auspici per la sta­gione a venire. Probabilmente c’è ancora nella “Bassa” un piccolo sbiadito ricordo della cultura celtica, la lontana eredità di un popo­lo che credeva ai “segni”, al fuoco e a tante altre cose arcane. Sta di fatto che c’è sempre stato (e certamente c’è ancora) qualcuno che crede a certi segnali, come manifestazione di qualche entità superiore.

È vero che il Capodanno, l’Epifania e il giorno della Conversio­ne di San Paolo segnano comunque l’inizio di un nuovo ciclo an­nuale e quindi nel passato erano giorni “studiati” con una grande attenzione dal popolo contadino che, in mancanza di meglio, non esitava a rischiare previsioni sui raccolti, sul tempo, persino sui fu­turi prezzi dei cereali e del bestiame, nonché sulla salute dei fami­liari. Anche perché, nel mese di gennaio, per i contadini non c’era molto da fare e i lavori erano praticamente limitati alla pulizia e al­la manutenzione dei fossi, all’estirpazione di qualche pianta cagio­nevole di salute e a poche altre faccende, oltre naturalmente ai la­vori nelle stalle. Anche perché la potatura, già iniziata nell’ultimo periodo dell’anno trascorso, era praticamente interrotta per il fred­do e il gelo. Come detto, l’unico grosso impegno quotidiano era quello della stalla, che andava pulita con cura, mentre le bestie do­vevano essere “governate” almeno tre volte al giorno, con il dupli­ce impegno quotidiano della mungitura.

Ed era appunto nelle stalle, oppure accanto al focolare domesti­co, che restava il tempo per concedersi a qualche modesta ed em­pirica previsione, qualcosa che era a metà strada fra le previsioni vere e proprie e la superstizione. Comunque il giorno principale da dedicare a queste previsioni riguardanti il “meteo” (come di­remmo oggi), la salute e gli affari era il 25 di gennaio, il giorno di San Paolo dei Segni. Erano diversi i modi di interpretare (o forse divinare) il futuro: uno dei più conosciuti di questi metodi consi­steva nel prendere dodici mezzi gusci di noce e di abbinarli ai mesi dell’anno, dopo averci messo dentro alcuni grani di sale grosso.

I gusci venivano tenuti per una notte intera sul davanzale esterno di una finestra rivolta a nord e al mattino seguente si controllava lo stato del sale: se si era ben sciolto a causa dell’umidità, il guscio che lo conteneva corrispondeva ad un mese piuttosto piovoso, in ogni caso assai umido; se viceversa il sale non si scioglieva e re­stava compatto era segno che quel mese doveva essere piuttosto secco, molto scarso di piogge.

Essendo San Paolo notoriamente prodigo di “segni”, non man­cavano coloro che in quel fatidico 25 gennaio sapevano prevedere in altri modi ciò che sarebbe accaduto per il tempo e soprattutto per i raccolti. Le tecniche erano varie: nell’arco dell’intera giornata del 25 gennaio era necessario osservare le condizioni meteorolo­giche nelle varie ore del giorno e abbinarle, in maniera diversa da luogo a luogo, ai vari mesi (o alle stagioni) a venire. Se, ad esem­pio, nella mattinata pioveva, la primavera prometteva di essere piovosa, ma se verso mezzogiorno il tempo volgeva al bello l’esta­te sarebbe stata essenzialmente asciutta e via dicendo con le altre parti del giorno. Fermo restando il detto “Znar sutt, granar grass” e cioè “gennaio secco, granaio pieno”.

Perché, sembra quasi superfluo dirlo, la situazione del tempo nella giornata del 25 gennaio influiva anche sui raccolti, almeno così si credeva nella nostra “Bassa”: di solito il tempo chiaro, cioè sereno prometteva un raccolto piuttosto abbondante, mentre il tempo “scuro”, cioè nuvoloso o piovoso, lasciava prevedere un an­no di carestia o comunque di raccolti agricoli piuttosto scarsi. In particolare il “raccolto” per eccellenza era quello del frumento e c’era una sorta di gara o di competizione di chi “faceva più fru­mento per una biolca”.

Un’altra superstizione riguardante questo magico giorno era de­dicata alle bisce, ai piccoli rettili che un tempo non mancavano nei campi. Anche se una tradizione forse molto più antica affermava che la pelle della biscia portava fortuna, se nella notte del 25 gen­naio la temperatura scendeva sotto lo zero, per tutto l’anno non si sarebbero visti rettili lungo i fossi e nelle campagne e la cosa era positiva, poiché questi piccoli e innocui rettili non erano molto graditi agli agricoltori che se li vedevano sgusciare fra i raccolti. Per spiegare questa strana credenza che, come vedremo, avrà una sua piccola appendice nella giornata del 25 marzo (giorno dell’An­nunciazione), si raccontava che un tempo i rettili riuscissero anche a volare e che fu San Paolo, dopo essere stato morso da un rettile nell’isola di Malta, senza però subirne nefaste conseguenze, a con­dannarli a strisciare in eterno per terra. Per questo motivo, in se­gno di disprezzo, si diceva che le serpi uscissero con il capo fuori dal terreno, quando il suolo gelava, restando inevitabilmente ucci­se dal freddo. Insomma, per il giorno di San Paolo dei “Segni”, po­tevano accadere cose molto strane. Anche se la cosa più strana re­lativa a questo giorno era l’assurda leggenda, riportata dal mirandolese padre Francesco Ignazio Papotti (1670-1752) nei suoi “An­nali della Mirandola”, secondo la quale San Paolo era stato visto predicare la religione cristiana sulle rive del Secchia, dando così origine ad un piccolo paese chiamato Concordia.

Tratto da: Antiche Tradizioni Mirandolane

Autore Giuseppe Morselli

Edizioni Bozzoli

Anno 2006

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