1998 – Ricomincio da zero – La mia trasferta asiatica

Commenti disabilitati su 1998 – Ricomincio da zero – La mia trasferta asiatica Storia dei presidi chirurgici Mirandolesi

Come nei fenomeni sismici rilevanti (la scossa di novembre era stata enorme), avrei dovuto attendermi nel 1998 una serie di scosse successive, e avrei dovuto agire con maggiore prudenza, cosa che non feci, anche perché con ogni probabilità era iniziata in me una vera crisi di rigetto e una necessità di cambiare “aria”.

Dati i miei trascorsi di scopritore e rassodatore di mercati difficili, se non impervi, da parte del nuovo capo del marketing  e vendite Claudio Simmi, venne formulata l’idea – che non trovò ostacoli a nessun livello – di affidarmi i mercati asiatici.

Avrei raccolto l’eredità di Hak Tam, cino-californiano, che per anni aveva venduto nell’area, ma  focalizzandosi prevalentemente sulle HLM di Stoeckert, e dimenticandosi spesso di altri prodotti .

A capo dell’area asiatico-australiana era stato collocato Kelly Scott, che riportava  direttamente a Simmi,  mantenendo la residenza a Newport Beach, presso Irvine.

Scott era un californiano purosangue, amante delle spider Alfaromeo e della dolce vita sulla West Coast, che si era trovato a dover saltare e galleggiare tra innumerevoli riorganizzazioni e cambi di timone (valvole Pfizer, Sorin Usa ecc.), e aveva chiuso il 1997 a capo della Sorin UK.

1998 india

1998 riunione vendite a pechino

Mauro Mantovani

Mauro Mantovani

Di fatto, se io, che comunque riportavo sulla carta a lui, e a lui dovevo far capo per le mie spese e altre formalità amministrative, dovevo occuparmi dell’area asiatica, a lui restavano due miserabili viaggi all’anno in Australia, perché quel continente-paese offriva un mercato estremamente piccolo e poco remunerativo.

Lo hub dell’area asiatica era l’ufficio di Singapore, popolato di solerti cinesi, il simpatico  tecnico funambolo Larry Yip, esperto di elettronica, di macchine cuore polmone e di come intrattenere clienti e colleghi nell’area singaporiana, e la ex-nurse Siew Fong , esperta nel funzionamento di disposables complessi, come ossigenatori, cateteri ecc.

Entrambi erano indispensabili per la parte più tecnica delle vendite, e a me restava il lavoro più strettamente commerciale, con distributori, clienti importanti e così via.

Nell’era Virando era sparita la doppia area commerciale in contrapposizione, Dideco/Stoeckert versus Sorin , e avevo a disposizione l’intera gamma di prodotti.

Nel corso dell’anno, e dei miei frequenti e lunghi viaggi e soggiorni, divenne sempre più evidente che Scott e i cinesi avrebbero sempre di più costretto il sottoscritto nell’angolo del subcontinente indiano (vedremo più avanti i motivi), poiché Scott stesso, supportato dalla Fong , voleva occuparsi in prima persona del mercato cinese.

Dove Simmi sbagliò fu nel comportarsi in modo infido e insincero nei miei confronti, promettendomi qualcosa che poi non poteva (o non voleva, o non aveva l’intelligenza di) mantenere.

Questa situazione risuona un po’ per i miei pazienti lettori come la copia di quella che mi vedeva nei balcani e nell’area mediterranea alcuni anni prima, dove sulla carta avevo tutto il territorio, ma nella realtà dovevo procurarmi il pane in quattro specifici paesi.

E qui pure si trattava di quattro paesi, India, Pakistan, Sri Lanka e Bangladesh, paesi terribili, nei quali vengono sbattuti i managers più riottosi e infedeli, una specie di purgatorio in anticipo, in conto di peccati commerciali ancora da compiere.

Dopo laboriose trattative con Scott & Co. arrivammo ad un compromesso: io avrei rinunciato al mio promesso titolo di “Director of Sales – Asia” e su un biglietto da visita per  impressionare i clienti avremmo  scritto “Sales Manager”, su un altro, ad uso interno aziendale , avremmo puntigliosamente specificati le  linee di prodotto sulle quali avrei potuto lavorare  e i quattro paesi.

Poichè ero stato escluso dalla cardiostimolazione, feci notare a Scott che il distributore indiano non avrebbe tollerato di avere in Sorin un secondo interlocutore per i pacemakers, e perciò, previo un breve training da effettuare con i miei colleghi di Saluggia, avrei potuto occuparmene io.

Kelly Scott era lontano e non ero sicuro che i messaggi gli riuscissero chiari, ma comunque abbozzò.

La mia esperienza balcanica, oddio, mi giovò, anche perché i problemi – ingigantiti – erano pur sempre i medesimi:

-soldi zero

-problemi sanitari enormi

-diffidenze ed incomprensioni

-difficoltà logistiche e di movimento.

Ci fu un primo passaggio di consegne a Singapore all’inizio di febbraio, in pieno carnevale cinese (si dovrebbe leggere in modo simbolico?), presente tutto lo staff cinese, il sottoscritto, Scott e Virando (la cui collocazione in Italia era più che incerta).

Passai alcuni giorni a leggermi corrispondenza, fatturati, previsioni , a collezionare indirizzi di clienti e distributori, ad intervistare i nostri solerti collaboratori cinesi.

A Mirandola avevo comunque mantenuto un comodo ufficio, contiguo all’Export Dept di Nicoletti e Scarpaccio, scendendo di un piano (la cosa mi aveva ricordato il racconto di Buzzati), anche se i miei soggiorni italiani forse avrebbero dovuto più concentrarsi su Saluggia, con tutti i problemi connessi, (spedizioni e pagamenti in primis), presso la responsabile del customer service , la Sig.ra Vilma Bocca, dato che la situazione mirandolese era molto più tranquilla, e poteva essere tenuta sotto controllo anche da lontano.

All’inizio di febbraio compii un primo giro di ricognizione in India, cominciai dal nord, da Delhi, dove due distributori vendevano i nostri ossigenatori (J. Mitra e la Sisco), e uno aveva successo con la macchina cuore polmone di Stoeckert (Sisco). Per il momento ogni altro nostro prodotto era qui sconosciuto.

I due personaggi coinvolti erano rispettivamente Rajiv Mahajan e K.Natesh. Conobbi lì anche uno dei fratelli Bajaj (proprietari della Sisco), Dilip. Con loro non mi fu possibile visitare nessun centro, parlare con un chirurgo o un perfusionista. Dopo un rapido scambio di idee su consegne, pagamenti e prodotti in cantiere, mi trovavo murato nel mio albergo gigantesco, dal quale non era possibile andare da nessuna parte.

Oddio, io ci avevo provato il primo giorno, era uno dei miei grandi piaceri camminare per città sconosciute, ma fui letteralmente circondato da bambini e adulti che volevano vendermi qualcosa, o semplicemente mi chiedevano del denaro, per cui capii che era meglio ritirarsi nella quiete della hall dell’albergo.

Trovai una situazione molto diversa nella metropoli finanziaria e commerciale per eccellenza, Bombay,(o come è  ora richiesto dire :Mumbay). Il nostro distributore , la Steranco, era uno spin-off di una media industria farmaceutica a conduzione familiare, la Medley Pharmaceuticals e vendeva , oltre agli ossigenatori, anche le remunerative valvole cardiache meccaniche della Sorin.

I miei contatti dal primo momento furono con Sarosh Khatib, managing director, figlio del proprietario della ditta farmaceutica, e con l’ebullliente Mr Tamheed Ali, vicepresident marketing  e  vendite.

[1]

Quest’ultimo , Bombayano puro sangue , mussulmano maritato ad una cattolica –succede solo in questa cosmopolita città-, nutriva la legittima ambizione di mettere in piedi una Dideco-Sorin India, con la mia collaborazione. Ho usato l’aggettivo “legittima” perché aziende nostre concorrenti, con analogo giro d’affari  avevano deciso in modo analogo e con buoni risultati e spese fortemente ridotte. Va da sé che sia la Sorin in generale che Kelly Scott erano fortemente contrari all’idea.

La ditta era situata nel quartiere di Andheri, il quartiere degli aeroporti e di molti hotels internazionali, e la prima volta che arrivai a Bombay mi illusi che Andheri fosse tutta la città, tanto il gigantismo di questa metropoli era lontano dalla mia concezione europea.

I loro uffici erano lisi e diroccati (questa era comunque una impressione comunissima in India, alla quale presto ci si abituava) , ma si doveva passar sopra queste inezie, dato che le loro ambizioni e volontà di fare erano grandissime e compensavano ampiamente la scarsità di mezzi materiali. Dovetti solamente combattere con il ghiaccio della loro aria condizionata, che comunque inaffiavo di ottimo caffè e tè bollenti durante le lunghe ore passate a discutere vendite e progetti.

Ricevetti molte e dettagliate informazioni sulla situazione indiana e sulle varie possibilità  di mercato.

Ovviamente l’ ambizione di Steranco li portava a far di tutto per convincermi a fare piazza pulita degli altri distributori Dideco in India e ad affidare a loro il business nella sua totalità.

Era una situazione simile a quella jugoslava di anni prima, con la volitiva Velebit a giocare ad asso piglia tutto.

Io ovviamente presi tempo anche perché questa era una prima presa di contatto e compii la mia terza e ultima perlustrazione a Madras, nel sud tropicale ,ricca di vegetazione.

Qui era la sede centrale della Sisco, con cui avevo avuto contatti a Delhi, e qui conobbi l’intero clan Bajaj, i proprietari della ditta, famiglia fuggita dal Pakistan nel momento della spartizione della vecchia India coloniale.

I loro uffici assomigliavano ad un gigantesco alveare, con tanti minuscoli cubicoli di dickensiana memoria, con omini arrampicati in ogni angolo possibile, a consultare enormi faldoni o a  scrivere su fogli polverosi. Anche qui come alla Steranco non ci si doveva lasciar impressionare dal business look indiano : la famiglia Bajaj  godeva di ottimi rapporti con gli ospedali e faceva ottimi affari. Avevano trovato nella macchina cuore polmone della Stoeckert il loro cavallo di battaglia vincente, e riuscivano a garantire un servizio post-vendita di livello accettabile.

Il contatto più sconvolgente fu comunque il distributore locale delle valvole Sorin .  La Bio Implants Ltd, come era pomposamente denominata altro non era che  un solo uomo, Mr Chellam. Sulla cinquantina, eleganza britannica, capelli tinti di nero (gli indiani odiano incanutire), aveva per anni goduto della fiducia dei vari Virando e Magistris[2], che non si erano mai chiesti se questo individuo poteva rappresentare la risposta ad un mercato potenzialmente molto grande ed in crescita sostenuta . Chellam per anni aveva sfruttato il disinteresse e la lontananza della casa madre, vendendo qualche valvola , prevalentemente giocando sul prezzo competitivo.

Il nostro primo incontro fu comunque un puro scambio di cortesie.

Sì, perché ,dopo aver incontrato i vari distributori sovra citati  in un viaggio capillare, li avrei tutti riincontrati entro breve al Congresso annuale della Società di Cardiochirurgia Indiana , che quell’anno si teneva nella città gioiello di Jaipur. L’occasione era d’oro per vedere i vari players all’opera.

A Jaipur alloggiavo in un vecchio e principesco palazzo, e mi ingozzavo di arachidi fresche e di birra (che insieme alla cipolla cruda mi permisero di sopravvivere in un paese che purtroppo presentava un elevato livello di  pericolosità alimentare).

Ancora una volta la Steranco nelle vesti di Tamheed Alì si dimostrò all’altezza della situazione:

ebbi la possibilità di entrare in contatto con chirurghi del settore, Tamheed ci teneva a mostrare l’abbondanza di relazioni della sua ditta, mi presentò anche alcuni dei suoi collaboratori. Come in tutti i paesi che ho conosciuto anche lì almeno parte dei venditori di valvole erano donne: c’era una relazione diretta tra cardiochirurgo uomo e venditrice donna ( senza pensar male).

Di ritorno a Singapore avevo un quadro più chiaro della situazione : bisognava dare gas alla Steranco, senza però creare problemi alla Sisco. Il povero Chellam non entrava nei miei futuri progetti.

Ovviamente relazionai Kelly riguardo a tutto, situazione presente e progetti futuri e gli indicai chiaramente quali erano i cavalli favoriti sui quali puntare nella complicata corsa indiana, Steranco per una vastissima gamma di prodotti e in tutto il paese, Sisco invece per le macchine cuore-polmone, data la loro presenza ed esperienza. Questo non escludeva la possibilità di unire le due forze in affari mirati, visto che anche Sisco nutriva ambizioni rilevanti.

Non so quanto il povero Kelly recepisse della situazione vivendo lungo le coste della California, ma almeno per qualche mese mi diede spazio e carta bianca: io ero stato sempre molto chiaro sulla mia necessità di avere autonomia e spazi decisionali.

Subito dopo l’India passai ad occuparmi del Pakistan: secondo l’equazione matematica classica questo paese insieme a Sri Lanka e Bangladesh rappresentavano il 20 percento del business del subcontinente., mentre l’India era il restante 80 percento.

Il contrasto con l’India era naturalmente enorme, sia per la pesante impronta islamica presente ovunque che per una non celata tensione tipica del Pakistan a non voler essere considerato il parente povero dell’India. L’occidentale qui è guardato male e meglio fa a starsene chiuso in hotel, inoltre c’è un display continuo di polizia e forze armate di ogni tipo che rende abbastanza inquietante l’idea di andarsene a zonzo.

Fortunatamente , come nel caso indiano, il nostro distributore principale, la società Vari-eq , era costituita di personaggi molto validi e onnipresenti sul mercato. Entrai in contatto con loro presso i loro uffici di Karachi (la megalopoli era anche il centro più rilevante di business non solo per la miriade di ospedali e cliniche private, ma anche per la prestigiosa presenza del Centro Ospedaliero dell’Aga Khan, obiettivo di tutte le ditte che volevano fare business in Pakistan).

Il manager di Vari-eq, il dott. Omar Iqbal , riuscì in breve a darmi un quadro preciso della situazione, non rosea, ma anche non del tutto negativa: il business classico era caratterizzato da tempi lunghi dei pagamenti, a prezzi ridotti all’osso e altre piacevolezze del genere, tipiche di tanti paesi consimili.

Lui non mi fece mistero anche di un progetto di fabbricare i circuiti CEC[3] in Pakistan, collaborando con noi: questo era anche un deja-vu per me, che mi ricordava progetti simili nell’Est Europa, e dando per scontata la totale inadeguatezza , nonché disinteresse, della Sorin per una collaborazione di questo tipo, pensai che comunque Vari-eq avrebbe potuto trovare in ambito mirandolese un adeguato interesse in players minori.

Da Karachi ci trasferimmo a Lahore, dove loro avevano la loro sede, città del nord, di impronta britannica quanto mai, e di seguito alla capitale , Islamabad. Ovviamente ,data la proibizione delle bevande alcoliche per i pachistani, le riunioni di lavoro a base di birra a fiumi venivano organizzate nella mia stanza presso un lussuoso hotel di Lahore.

In generale , il business qui  era soddisfacente.

In Karachi ebbi anche l’opportunità di incontrare il Sig.Hanif, della Hemo Karachi, al quale non pareva vero di poter parlare con qualcuno della Dideco: il mercato, monopolio Baxter, dei separatori cellulari era fiorente, lui aveva ottimi contatti con tutte le blood banks grandi e piccole e era estremamente motivato ad iniziare a fare affari con noi, sulla base solita: avremmo dovuto mandare a lui uno dei nostri sfortunati separatori cellulari in conto sospeso (ovviamente si parlava della macchina della prima generazione chiamata Vivacell, poiché il nuovo Excel non era idoneo, e noi  avevamo almeno tre Vivacell che giacevano a Mirandola inutilizzati), lui avrebbe cominciato subito ad acquistare i kits monouso, e avremmo dato inizio ad una pesante azione di concorrenza nei confronti della Baxter. Unica spesa aggiuntiva nostra, uno dei nostri product specialists (Saggini, nel caso) avrebbe dovuto recarsi a Karachi per addestrare il Sig. Hanif , persona modesta, ma volitiva e ben organizzata, con una vaga somiglianza a Renato Rascel.

Il progetto, ricalcato su tanti progetti simili ( i miei in Polonia, quelli misteriosi tessuti dal buon Bassoli in URSS, dove però le macchine non vennero  mai più pagate) iniziò ed ebbe , per quanto ne so, un successo iniziale, lanciando  brividi lungo la spina dorsale di Baxter, che si vedeva attaccata in una delle sue aree protette

Non so che fine abbia fatto Hanif e la macchina, quando io me ne sono andato alla fine dell’anno

Mentre il mercato produceva adrenalina, sfortunatamente in ambito Cardiotech le cose diventavano sempre più ingarbugliate (nota:uso il termine Cardiotech anche se essa in teoria non esisteva più, esisteva Sorin e basta).

Dato che avevamo collaborato decentemente in passato , io mi ero illuso di trovare in Simmi un orecchio più vicino e attento alle problematiche di cui io mi occupavo.

Gli mandai spesso delle comunicazioni interne molto propositive, per far avanzare la riorganizzazione dell’area. Con lui esordivo di solito in questo modo:

“Non ti avrei contattato se avessi trovato in altra sede un interlocutore disposto a discutere con cognizione di causa”, dal momento che la pochezza di Kelly diventava ogni giorno più evidente.

Proposi a Claudio Simmi (dopo aver ingoiato l’idea di non poter operare in Far East tout court come era stato deciso e concordato con lui all’inizio) di allargare le mie competenze commerciali alla cardiostimolazione ed alla nuova linea di cateteri per PTCA, dal momento che , in particolare per la Steranco , era incomprensibile non poter trattare con me anche riguardo a questi prodotti.

Se proprio la cosa fosse stata inattuabile gli richiedevo almeno di assegnarmi delle competenze complete almeno per la linea Blood, che era stata completamente abbandonata a sé stessa.

Le mie sollecitazioni a Simmi durarono tutta la parte centrale dell’anno, venivano da lui tiepidamente accolte, per poi  essere sconfessate nei fatti.

La realtà era che anche lui era vittima del boicottaggio strisciante di Saluggia : a Saluggia non avevano mai digerito Cardiotech, Chierici ecc. prima, e tanto meno digerivano la riorganizzazione effettuata da un Garibaldi sul punto di ritirarsi, e fatta in funzione del suo pupillo Claudio Simmi.

A Saluggia tutto serviva come elemento di disturbo: persino il povero Chellam di Madras fu usato in opposizione al sottoscritto, sì, perché quando l’indiano si vide sempre più minacciato dall’azione promozionale aggressiva della Steranco andò (metaforicamente) a piangere sulla spalla dei vari saluggiani Virando, Magistris, i quali contattarono Kelly , il quale mi strigliò dicendo che io non avevo il potere per gestire i distributori in quel modo.

Il comportamento di Kelly nei miei confronti divenne sempre più “oppositivo” e sempre meno propositivo. Raggiunse il massimo durante la riunione con i distributori asiatici, che si tenne a Pechino in luglio, dove lui andava facendo in particolare a Tamheed Alì e a Bajaj discorsi del tipo :”avete bisogno di sconti o prezzi speciali? Chiedete a me. Avete dei problemi? Rivolgetevi a me.”, di fatto scavalcandomi completamente.

[4]

Andò promettendo anche cose che poi non potè mantenere, giocandosi così la faccia: ad onor del vero gli indiani in particolare erano persone di mondo, e capirono immediatamente la situazione, per cui sul piano operativo nulla cambiò.

In agosto scrissi l’ennesima comunicazione a Simmi , spiegandogli che le cose così non potevano funzionare, descrissi il comportamento di Kelly alla riunione di Pechino,  e inoltre gli suggerii (ma ammesso che ne fosse convinto, avrebbe mai avuto il potere di farlo?) di spostare l’area del subcontinente indiano dalle grinfie di Kelly alle competenze di Nicoletti, che già supervisionava il Middle East, con il quale ci si intendeva benissimo e con il quale si viveva sotto lo stesso tetto Dideco.

Trovai anche il tempo di farcire i miei soggiorni indiani con un viaggio in Bangladesh, paese molto interessante, ma martoriato da una grande povertà, e in Sri Lanka, dove potevamo contare su un fidato e professionale agente di nome Reginald James, nome britannico, ma ceylonese purosangue. In quest’ultimo paese l’assistenza sanitaria era un tantino meglio di quanto avevo trovato negli altri paesi, e c’era molta volontà di migliorare.

Un altro capitolo a sé lo dedicai alla attività promozionale da svolgere in Italia. I nostri distributori mi inviavano spesso e volentieri i loro clienti più importanti, tutti chirurghi valvolari, i quali erano interessati a visitare il nostro paese e ad entrare in contatto con i nostro chirurghi più rilevanti.

Vari-eq mi spedì un cardiochirurgo militare, il quale poveretto viaggiava con la moglie, evidentemente affetta da turbe psicotiche: nei tre giorni che fummo insieme, in quel di Saluggia (visita d’obbligo al sito di fabbricazione delle valvole cardiache), a Milano e Roma ella non aprì mai bocca , racchiusa in un suo mondo impenetrabile.

In seguito invece Steranco mi inviò un giovane ed ambizioso cardiochirurgo di Ahmedabad, sempre con la moglie, con il quale viaggiammo proficuamente da Saluggia-Torino a Bologna, a Roma e Chieti.

Chieti era la sede attuale del Prof. Calafiore, il nostro simpatico e validissimo consulente e consigliere, esperto chirurgo che faceva miracoli con le nuove tecniche di chirurgia non invasiva ed inoltre aveva a lungo soggiornato in India, dove aveva lavorato in molti ospedali a scopo puramente caritatevole.

Fu la volta di un secondo cliente Steranco , il quale però  si comportò in modo disdicevole : costui, a cui era stato consegnato denaro contante per coprire certe spese alberghiere, si involò nel viaggio aereo tra Torino e Roma, e non ho più saputo nulla di lui in seguito: Steranco stessa non riuscì a mettergli le grinfie addosso.

La nostra vecchia esperienza con ospiti provenienti da parti “difficili” del mondo ci allertava, ma ahimè spesso non a sufficienza.

Al meeting annuale EACTS a Bruxelles uno dei fratelli Bajaj (Vivek in questo caso) , presente al nostro stand dato il grande interesse di Sisco a rafforzare i contatti con la Stoeckert, rappresentata lì da Mr Rohlf Kohlscheen, il vivace e cooperativo  marketing manager, si fece rubare la borsa alla Gare du Nord, dove aveva tutti i suoi beni. Ovviamente ciò rovinò la mia permanenza a Bruxelles, poiché dovetti impiegare tutto il tempo ad aiutarlo a rifare documenti, ottenere un prestito di danaro dal restio Kelly ecc.

Lasciai comunque Bruxelles con il boss della Steranco, Sharosh Khatib e la moglie, e un giovane cardiochirurgo indiano sempre con consorte. Il nostro viaggio in auto si rivelò rilassante e divertente: facemmo sosta a Chamonix per poi passare in Italia dove il Grand Tour aveva la solita regia (Saluggia, Dideco ecc.).Khatib era il tipico esempio di quella borghesia indiana molto aperta al mondo ,che dovrebbe permettere all’India di crescere.

Naturalmente questi viaggi richiedevano un grande lavoro preparatorio in Italia, e,come al solito, mentre la collaborazione del marketing a Mirandola era impeccabile, a Saluggia era uno strazio.

Non dovrei dimenticarmi che si era resa disponibile, e fu utilizzata a supporto tecnico  delle vendite nel Far East nel campo valvolare, Anita Schechter, personaggio misterioso che era stato paracadutato a Saluggia un paio di anni prima, e si era occupata con Virando di vendite nel bacino mediterraneo.

Ovviamente Kelly voleva utilizzarla prevalentemente in Cina, e dovetti brigare non poco per portarla in India , per esempio ad una riunione della forza di vendita di Steranco, alla quale partecipò anche il Sig. Beretta, che intervenne a supporto delle vendite nel settore cardiostimolazione.

Steranco amava colpire la nostra attenzione con un elevato standard di trattenimento: ci alloggiava spesso in un confortevole Holiday Resort sul mare, coronava i vari meeting con intrattenimenti vari, organizzava esclusive cene al Mumbay Golf Club ecc..

Ho anche il dubbio che qualche volta abbia esagerato  (pur al fine buono di impressionarci favorevolmente) , per esempio riempiendo le riunioni di training anche di rappresentanti di farmaceutici della loro casa madre, che non avevano la più pallida idea di quello che avrebbero dovuto discutere coi clienti. In realtà non correvamo nessun rischio: i veri venditori/venditrici erano un gruppetto ristretto e ben preparato.

L’autunno comunque non migliorò la situazione: lentamente mi resi conto che  i silenzi di Simmi si potevano leggere come l’imbarazzo di una persona cosciente di un piano orchestrato in anticipo a mio sfavore.

Il piano era stato orchestrato mesi prima  e prevedeva l’”incentivo all’esodo”(nome biblico di una leggina di Prodi) per i manager più anziani, che avrebbe portato ad una considerevole riduzione di costi: io ero ovviamente nella lista.

I risultati delle vendite, anche prendendo in considerazione tutti i cambiamenti avvenuti nell’area, non erano malvagi e le previsioni per il futuro erano buone sia nel settore cardiopolmonare che in quello cardiovascolare, ma sia la casa madre Snia che la Sorin avevano iniziato una campagna  per liberarsi di “vecchi” , ingombranti manager del passato. Io e il mio vecchio compagnone, Leonardo Bigi, fummo le prime vittime.

Nel mio caso, il compito di liquidarmi fu ovviamente riservato a Kelly Scott, che iniziò a martellarmi con e-mail strampalate, cariche delle accuse più assurde,(arrivò ad accusarmi di fare il mio interesse , e non quello dell’azienda, accusa comicissima se la si rapporta a tutta la storia del biomedicale mirandolese) . In definitiva mi accusava di “lavorare” , e raggiunse il culmine in un penoso colloquio avvenuto in uno dei tanti hotel che circondano l’aeroporto di Heathrow , nel mese di novembre.

Io andai al colloquio già consapevole di quanto mi aspettava, e il povero Kelly si arrampicò sugli specchi per dimostrarmi che non avevo fatto questo e quello, e che l’azienda voleva divorziare dal sottoscritto.

Salutai la Dideco prima del Natale 1998. Dopo pochi mesi la scure cadde sullo stesso Kelly, e dopo qualche mese anche Simmi, ritiratosi il suo padrino Garibaldi per limiti di età, fu mandato a quel paese.

Sorin era vittoriosa, solo i piemontesi si erano salvati, con qualche  eccezione mirandolese (Panzani, l’amministratore Benatti) .

Vallana, partendo da una posizione favorita, era risultato vincitore, e le nostre facili previsioni del dicembre 1991 si erano avverate completamente.

Per me si chiudeva un percorso iniziato tra il serio e il faceto più di trent’anni prima, carico di soddisfazioni di ogni tipo, e ricco di stimoli.

Solo Rohlf Kohlscheen e Andrea Menghini si commiatarono dal sottoscritto, ringraziandolo per la collaborazione:non male vero? Due è meglio di zero.

Quanto a Mirandola, apparentemente “tertium non datur”,l’evoluzione futura, dopo la dialisi e la cardiochirurgia, non fa sperare in  un nuovo “quantum leap” per far ridecollare l’intero territorio.

Ci aveva provato Chierici in Dideco,  proiettando – con profusione di mezzi – le antenne in tutte le direzioni, ma il suo sforzo era stato senza frutti: aveva messo gli occhi su un sistema innovativo per la produzione di “colla chirurgica”, ma si era scontrato con l’opposizione di Sorin.

Ancora prima una Dideco priva di pastoie avrebbe potuto far partire una gigantesca attività addizionale nel settore della raccolta automatizzata del plasma da donatore (ad occhio e croce c’era spazio per una realtà industriale di duecento persone e vari milioni di euro di fatturato).

Sorin stessa aveva valutato l’opportunità di lanciare sul mercato una apparecchiatura che applicando una serie di fori sulla parte esterna del muscolo cardiaco provvedeva alla sua rivascolarizzazione, senza operazioni chirurgiche, ma ciò si era rivelato un flop anche per la assoluta inesperienza di Sorin nel gestire apparecchiature complesse: forse se questa iniziativa fosse stata affidata alla Dideco avrebbe avuto risultati diversi.

A proposito, il mio predecessore sui mercati asiatici, Hak Tam , da sempre fissato sulle macchine più che sui disposables, era finito a operare per conto di ditte americane che proponevano  queste avveniristiche apparecchiature.

Le società presenti al momento nel comprensorio  sono sempre più puri centri di produzione; sul fondo di  una struttura a scalini ci sono laboratori di asssemblaggio e subcontractors , ma i colossi hanno il cervello e il portafoglio altrove.

Veronesi si  è ritirato in una attività modesta di cui non conosco i risvolti, Gianni Bellini ha riprovato  il colpaccio alleandosi con   la prestigiosa  Medtronic,(auguri!), e l’aiuto del valido Andrea Menghini  , nella perfusione degli arti,  puntando l’attenzione su una tecnologia innovativa .

Baxter si è ritirata dalla mischia e ha chiuso la Miramed.

45.DE PROFUNDIS

Nel primo trimestre del  2005 Sorin ha liquidato in Dideco il glorioso, storico, reparto dei separatori cellulari, e licenziato tredici dipendenti, cioè quanto restava di un coraggioso tentativo, mai coronato da successo.

Post Scriptum:

20 E 29 MAGGIO 2012 : UN TERRIBILE TERREMOTO HA COLPITO MIRANDOLA E DINTORNI, CON GRANDI DISTRUZIONI ANCHE NEL BIOMEDICALE: MAURO MANTOVANI E’ DECEDUTO MENTRE CERCAVA DI FAR RIPARTIRE LA SUA NUOVA DITTA, TRAVOLTO DAL CROLLO DEL CAPANNONE.

Io e lui avevamo lavorato con buona collaborazione in quel di Miramed; Mauro era una persona estremamente disponibile e aveva consolidato la presenza dei prodotti Miramed sul mercato italiano.

Il settore si riprenderà certamente, ma il terremoto può essere preso come un triste simbolo della fine di una epoca?


[1] Io con Mr Khatib, T.Ali e  alcune venditrici della Steranco in una riunione di vendite a Mumbay (Bombay)

[2] Magistris aveva ricoperto varie posizioni commerciali in Italia prima ,per la Bellco, e poi all’estero per la Sorin

[3] L’insieme di tubatismi  monouso che collegano l’ossigenatore alla macchina cuore-polmone

[4] Riunione vendite di Pechino: foto inferiore:  Kelly Scott, Anita Schechter, foto centrale ,, Siew Fong col sottoscritto, foto in alto: tecnico cinese sconosciuto, Mr Kohlscheen, Larry Yip e il sottoscritto

5) Mauro Mantovani

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