Teatro Nuovo di Mirandola – Le origini

Commenti (1) Racconti

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La storia del Teatro Nuovo di Mirandola parte da una data: 1903.

A tale data corrisponde infatti la chiusura del vecchio teatro Greco Corbelli sito nel castello, chiuso dal prefetto Tamburini per ragioni di pubblica sicurezza.

Quindi nel 1904, sul treno cosiddetto della “Marianina” nacque l’idea, tra i viaggiatori, della costruzione di un nuovo teatro.

L’idea, da subito, si rivelò alquanto complessa per la sua realizzazione pratica e per motiva­zioni prettamente economiche. A tal fine venne costituita una Commissione allo scopo di concretizzare quelle che erano le idee originarie.

Ne fecero parte il cavalier Alfredo Molinari, l’avvocato Confucio Basaglia, il dottor Antonio Rebucci e il signor Gustavo Magnanini.

Questa Commissione si mise ben presto al lavoro grazie anche alla cooperazione del Segre­tario Capo del Comune Silvio Zanoli, che fece in modo di avere l’appoggio della Giunta e della Cassa di Risparmio, nonché l’adesione di un gran numero di privati cittadini. Risulta importante ricordare che la prima denominazione del nostro teatro fu “Sociale” proprio perché venne costituita una società ad hoc per la costruzione e la gestione del nuovo im­mobile.

Il terreno su cui costruire, 1500 mq, venne ceduto dal Comune al prezzo di due lire al mq e il Comune stesso acqiustò due palchi.

Il progetto fu affidato all’ingegnere Lorenzo Coliva di Bologna nei primi mesi del 1904, lo stesso che restaurò anche due teatri di Bologna: il Corso e il Duse.

Il primo progetto, presentato nel febbraio 1904, si rivelò molto più modesto di quello che poi avrebbe avuto esecuzione.

Dato il grande interesse che si manifestò in molti cittadini di acquistare palchi, venne pre­sentato ai soci un nuovo progetto, con un aumento del numero dei palchi da 38 a 65, con una spesa preventivata di 130.000 lire.

Nel mese di Marzo venne nominata la Commissione Esecutrice nelle persone di Alfre­do Molinari, Confucio Basaglia, Carlo Castellini, Giovanni Paltrinieri, Gustavo Silingar- di, Gino Zanoli e Alfredo Zibordi; venne nominato Segretario contabile il sign. Lodovico Franciosi, Ragioniere Capo del Comune.

Si tratta di un Teatro concepito nel clima di espansione del movimento socialista, agli albori di un nuovo secolo carico di entusiasmi ed aspettative, ben illustrati dagli stilemi dell’epoca floreale, di cui però non si trova particolare traccia nell’edificio, a conferma del clima cultu­rale sostanzialmente conservatore della comunità locale.

In stile eclettico tardo ottocentesco, enfatizzato da vistosi intenti di monumentalità, l’edifi­cio del teatro di Mirandola presenta nella facciata un portico sorretto da pilastri con capitelli corinzi, al quale corrisponde al primo piano una grande terrazza e due corpi laterali avanza­ti, che replicano il modello del teatro Storchi di Modena. La teoria di finestre, molto alte al primo piano, più piccole e definite al secondo, continua nelle fiancate.

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La Commissione aveva pensato a un nuovo edificio: si voleva in sostanza un teatro che desse lustro e notorietà a Mirandola anche nei paesi vicini.

L’opera della Commissione Esecutrice si attivò ben presto ed iniziarono i lavori sotto la di­rezione dello stesso Coliva, coadiuvato dall’ing. Alberto Vìschi di Mirandola e dall’assistente Ugo Vìgnoli di Bologna.

Il giorno 4 Aprile 1904 ebbero inizio i lavori che furono sempre caratterizzati da grande fervore, e ciò consentì la costruzione dell’edificio in un vero e proprio tempo record.

I problemi però si susseguirono, fino a che si arrivò a convocare una nuova assemblea, per­ché la Commissione si trovò costretta ad eccedere sul preventivo rispetto a quanto riteneva necessario. Il nuovo costo fu portato a 200.000 lire, non senza screzi, se solo si pensa che la Commissione ipotizzò pure di dimettersi, in segno di protesta.

Non mancarono purtroppo durante tale febbrile costruzione gli infortuni, probabilmente cagionati proprio da tale fretta ed impellenza.

Uno di essi si rivelò addirittura mortale: lo sfortunato protagonista fu il settantenne fab­bro-meccanico Antonio Pellacani, che, non si sa bene per quale motivo, cadde dal piano in cemento del primo ordine di palchi nel vano che serve di passaggio tra l’atrio e la platea e sebbene l’altezza fosse minima ed i soccorsi arrivarono immediati, purtroppo non riprese più i sensi.

Altri due infortuni capitarono al manuale Giovanni Manfredini che cadde da uguale altezza e si ruppe una gamba e al garzone Alessandro Boccafoli che, saltellando per divertimento sul ponte innalzato dai pittori, cadde addirittura da un’altezza di 14 metri sul fondo della platea, scampando miracolosamente alla morte, che tutti i presenti credevano avvenuta sul colpo. La primavera e l’estate del 1905 videro un gran lavorìo nel teatro. L’inaugurazione infatti era stata fissata per il giorno 15 Settembre con la grandiosa opera-ballo “Gioconda” del maestro Amilcare Ponchielli.

Il lavoro, anche se affrettato, riuscì conforme alle buone regole dell’arte. Difatti in comples­so la costruzione tanto per la sua solidità che per la modernità dei servizi di scena, di sicu­rezza, di igiene e non da ultimo per la sonorità della sala, venne apprezzata unanimemente da esperti e non.

Un accenno importante va fatto alle pitture del mirandolese Bastiglia che, assieme al mi­lanese Sartarini, provvide a decorare con fregi e figure la volta della sala e con medaglioni i parapetti dei palchi. Dipinse anche il sipario principale, che rappresenta Giovanni Pico che discute una sua tesi davanti alla corte di Lorenzo de’ Medici nel giardino dei Boboli à Firenze.

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Giulio Paltrineri

Leggi anche: L’inaugurazione del Teatro Nuovo di Mirandola

Tratto da: I Cento Anni del Teatro Nuovo di Mirandola 1905 – 2005

A cura di Paolo Ziroldi – Comune di Mirandola

Grafiche “Il Dado”

Coordinamento Editoriale: Paolo Mattioli

Anno: 2005

Le immagini sono state gentilmente concesse dal collezionista mirandolese Roberto Neri

One Response to Teatro Nuovo di Mirandola – Le origini

  1. libero montagna says:

    Confrontare i tempi di esecuzione,con quelli attuali per qualunque opera.la struttura portante della copertura era decisamente innovativa,tanto che non implose con il terremoto.L’illuminazione era fornita da un gruppo elettrogeno,anche in questo aspetto siamo in una realtà,per i tempi ,di fronte ad una tecnologia decisamente innovativa.Un aspetto, non secondario ,era che le maestranze e chi presiedeva i lavori erano muratori non improvvisati,come è la nostra realtà.

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