Parla Mirandolese l’Università di Bologna nel Quattrocento

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E stato sostenuto a più riprese e con argomentazioni convincenti che il Quattrocento si può considerare uno dei secoli decisivi del­la storia di Mirandola.

Senza fare necessariamente riferimento a Giovanni Pico, che frequentò l’Ateneo bolognese per circa un anno, basta pensare allo sviluppo urbanistico, che proprio in questo secolo trasforma l’antico borgo rurale in una città rinascimentale, al rafforzarsi della signoria, che si impone ormai all’attenzione eu­ropea, consolidando i rapporti con le più importanti casate padane del tempo, il notevole incremento che conobbero in quel periodo l’ allevamento ovino e la produzione di lane smerciate in varie città dell’ Italia settentrionale. Si potrebbe continuare con ulteriori rag­guagli, ma forse è più opportuno sottolineare un aspetto che non e mai stato messo in adeguata luce dagli studiosi. Mi riferisco alla presenza consistente e qualificata di vari nobili mirandolesii alla vita e perfino alla gestione dello Studio Bolognese. Nell’anno 1486-1487 fu vicedirettore degli artisti e dei medici il magister Rogerius de la Mirandula; medesima qualifica ebbe nel 1488-89 il nobile mirando­lese Barnaba del Fante; l’anno successivo Ludovico Pedoca fu eletto rettore di entrambe le università, carica che gli fu rinnovata nel 1490-91.

Per intendere correttamente i dati appena esposti va precisato che quella di Bologna era nata come università degli scolari, per cui la carica rettorale all’inizio fu esercitata all’interno dei vari gruppi studenteschi; solo a partire dei primi decenni del Duecento i rettori furono eletti dalle Università dei giuristi (Ultramontani e Città-montani) e poco dopo anche dall’Università degli artisti (Filosofia e Medicina).

Tornando ai mirandolesi e alle ragioni della loro qualificata presen­za a Bologna nel Quattrocento, va precisato che Mirandola, come tutte le piccole signorie del tempo, aveva bisogno, proprio a motivo della crescita urbana, politica ed economica, di persone preparate nell’arte del governo e della burocrazia. Non si stupisce pertanto che vari giovani delle famiglie nobili venissero inviati nell’antico glorioso studio bolognese ad apprendervi soprattutto il diritto, la grammatica, la retorica: discipline utilissime nel governo dello stato.

I Del Fante ad esempio erano una famiglia di tradizione podestari­le, tant’è che Adovardo aveva ricoperto la Podestà del Comune ben tre volte nel corso del Quattrocento: nel 1421, nel 1440 e nel 1442. Dell’altro canto, proprio nel periodo in cui fu vicerettore Barnaba del Fante, era lettore di medicina a Bologna un altro del Fante, il medico Odoardo, che tenne lezione dal 1486 al 1488.

Non parliamo poi della potente famiglia dei Pedoca, che faceva parte del vasto gruppo parentale, da cui provenivano gli stessi Pico. Anche la scelta di Bologna aveva le sue motivazioni, perché i legami tra i Pico e i Bentivoglio, signori allora di Bologna, si erano conso­lidati dopo che Costanza, figlia di Sante Bentivoglio, era andata in sposa nel 1473 ad Antonio Maria Pico, conte della Concordia.

Anche attraverso la formazione universitaria si creò così una clas­se dirigente professionalmente preparata, che nel giro di qualche secolo elaborò le regole della convivenza civile, riuscendo perfino a produrre alcuni testi speculativi di prim’ordine, purtroppo non ancora adeguatamente studiati: tra essi si possono ricordare il trat­tato sull’incremento della proprietà fondiaria di Achille Personali, pubblicato a Venezia nel 1573, e il trattato sull’acquisto e la locazio­ne di Orazio Possidoni, stampato a Bologna nel 1659.

Tratto da – Acquerelli mirandolesi – tracce di vita quotidiana nelle terre dei Pico. – 2012

Autore – Bruno Andreolli

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