Novembre – L’Estate di San Martino

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Novembre

La festività di San Martino cade l’11 di novembre e una volta nelle scuole si faceva vacanza perché era il compleanno del re Vit­torio Emanuele III, anche se era difficile pensare che la cosa fosse da festeggiare.

Comunque l’antica tradizione vuole che attorno a San Martino sia sorta qualche leggenda. In primo luogo è noto a tutti che in questo periodo si verifica la cosiddetta “estate di San Martino”, vale a dire alcuni giorni insolitamente tiepidi rispetto al normale. Purtroppo non è sempre vero, è anche capitato che in questi giorni nevicasse, ma è anche vero che negli ultimi decenni il clima autunnale è meno freddo che in passato. Lo ha dimostrato, ad esempio, il novembre del 2002 e ancora di più, secondo le sta­tistiche, il novembre del 1977, che vide la temperatura in Emilia salire fino ai 26 gradi centigradi.

Ma chi era San Martino? Martino era un cristiano vissuto dal 315 circa al 397. Era di origine orientale e arrivò in Occidente come soldato nelle fila di uno dei tanti eserciti imperiali del tempo e sol­tanto intorno all’anno 360, in Francia, fu ordinato sacerdote da Sant’Ilario di Poitiers. Celebre nei secoli fu la sua figura di tauma­turgo, che ha dominato l’agiografia e la pittura del Medio Evo, so­prattutto grazie al famoso tema del mantello diviso con un povero mendicante, che secondo la leggenda celava Gesù Cristo. Di qui il racconto del cattivo tempo che si trasformò in tiepide giornate. Martino fu anche il primo santo non martire venerato dalla Chiesa, l’apostolo delle Gallie per avere diffuso il Vangelo nelle città e nei villaggi della Francia, in qualità di vescovo di Tours. Anzi, fu lui il primo vescovo ad introdurre la vita monastica oltre le Alpi. La leg­genda, come è noto, spiega che dopo avere diviso il suo mantello con il povero mendicante in una giornata di grande freddo, il cielo improvvisamente si aprì e apparve un tiepido sole, dando così vita all’estate di San Martino che, sempre secondo la leggenda, dura tre giorni, dal 10 al 12 novembre.

Dalle nostre parti, le nonnette, prudentemente sedute accanto al camino, hanno sempre raccontato che in questi tre giorni (e un pochino, che fa rima con San Martino) il triste e piovoso autunno concede agli uomini un po’ di meritata tregua donando loro anco­ra un pò” di tepore, proprio come fece il buon San Martino. Il qua­le, a somiglianza di San Michele, ha sempre goduto di una specia­le venerazione dalle nostre parti, vedi la presenza di paesi a lui dedicati, come San Martino in Spino, San Martino Carano e San Martino Secchia, che è persino diviso a metà, un po’ sulla destra del fiume Secchia, in comune di San Prospero e metà sulla sinistra del fiume, in comune di Carpi.

Senza contare le diverse chiese e i molti altari. Questo si deve forse al fatto che San Martino fu sempre un accanito avversario delle varie eresie del suo tempo, soprattutto quella degli Ariani. Non va dimenticato che nei secoli bui del primo Medio Evo San Martino rappresentava un po’ l’ortodossia cattolica, mentre i Lon­gobardi erano “tifosi” di San Michele ma anche sostenitori dell’ere­sia predicata da Ario.

A titolo di pura curiosità, non supportata da alcun riferimento logico, qualche persona credeva che le lumache, avvertendo il cal­duccio di San Martino, si esponessero di frequente ai tiepidi raggi del sole, mettendo fuori i loro piccoli cornetti, per cui era più faci­le catturarle, metterle a “purgarsi” nella crusca per poi essere divo­rate dagli appassionati. Di qui sarebbe nata la filastrocca che dice: “Lumaga lumaghen, salta fora tri curnen, un par me, un par te e un par la veccia ad San Marten”. Non dovrebbe esserci bisogno di traduzione.

Sempre per il giorno di San Martino, il vecchio e saggio “Barnardon” ricorda, con un breve sintetico proverbio, che il vino ha già finito di fermentare nei tini ed è arrivata l’ora di assaggiarlo. Dice infatti il proverbio che “par San Marten, verra la botta e tasta al ven”, cioè apri la botte e assaggia il vino. Su una storia come questa, i francesi, che sono molto astuti, hanno inventato il “deblocage” del loro vino novello. Da noi, nello stesso tempo, è ancora tradizione, oltre all’assaggio del vino nuovo, procedere al rito di arrostire le caldarroste, da consumarsi appunto con il vino novello.

Ma in questo periodo non è certamente sgradita la presenza di quel capolavoro che è il “gnocco sotto la brace”, una vigorosa composizione di farina bianca e strutto impastati assieme, per essere poi messa a cuocere (con oppure senza la presenza dei cic­cioli) sotto le braci fumanti del camino.

Da ricordare che il 25 novembre si festeggia Santa Caterina da Siena, patrona d’Italia ma anche del paese di Santa Caterina, nei pressi di Concordia. Ma, dato che comincia davvero a fare freddo, per questo giorno vale il vecchio proverbio che dice: “Par Santa Caterina, o nev o brina”. Cioè , si può scegliere fra la neve o la brina.

Per concludere il lungo discorso sul mese di novembre, va det­to che il 30 di questo mese si festeggia Sant’Andrea, il quale era uno degli apostoli, tra l’altro fratello di San Pietro; predicò la nuo­va religione cristiana (si era ancora nel primo secolo) in Asia Mi­nore, in Scizia e in Grecia, dove, nella città di Patrasso, subì il mar­tirio, crocefisso su una croce ad X, detta appunto croce di Sant’An­drea. È il patrono della Russia e anche della Scozia, la cui bandie­ra porta ancora la croce ad X. Nella “bassa” è ricordato soprattutto perché dal giorno della sua festività poteva cominciare un tempo la tradizionale macellazione casalinga del maiale, di cui si parlerà diffusamente nel prossimo mese di dicembre. Diceva infatti un vecchio proverbio mirandolese che “Par Sant’Andrea, ciappa al porch par la sea, ma st’a n’al pol ciappar, lassl’andar fin a Nadal”. Traduzione: “Per Sant’Andrea prendi il maiale per le setole, ma se non lo puoi prendere, lascialo andare fino a Natale”. Comunque, il destino del povero maiale era già segnato, la sua condanna a mor­te già passata in giudicato. Il freddo dei giorni che ancora ci sepa­rano dal Natale vedrà la definizione del rito crudele ma nello stes­so tempo festoso della macellazione del suino e della conseguente “pcarìa”.

Nel frattempo la luce del giorno, sempre stando alle enunciazio­ni del vecchio “Barnardon”, diminuisce di un’ora e 10 minuti, fa­cendo del mese di novembre il più “buio” dell’anno. È proprio ve­ro che novembre è un mese un po’ triste e una volta capitava rara­mente che due giovani si sposassero in quel mese, tranne casi di urgente necessità. In compenso si apprezzavano di più le gioie del focolare, inteso proprio come camino.

Tratto da: Antiche tradizioni mirandolane

Autore: Giuseppe Morselli

Edizioni Bozzoli

Anno: 2007

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