Ponte Motta – Frazione di Cavezzo

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Ci sembra giusto ricordare le nostre frazioni, un tempo ricche di storia e, sempre più spesso, dimenticate e trascurate.

Motta di Cavezzo

Frazione del comune di Cavezzo, da cui dista 6 chilometri circa. Si trova a poca distanza dal corso del fiume Secchia, in mezzo alla campagna. E’ l’antica MOTTA DE AZZOLINIS, indicata anche come Mot­ta delle Ville inferiori di Modena.

Per la prima volta è nominata in una carta nonantolana del 1351.

Della chiesa di Motta, che oggi è intitolata a S. Ma­ria ad Nives, parla il Tiraboschi nel I volume della sua Storia di Nonantola, chiamandola semplicemente S. Maria della Motta e ricordando che si trattava di una semplice cappella, menzionata nella carta su indicata come Capella Mottae de Azolinis. Venne poi elevata alla dignità di parrocchia sul principio del ‘500. Vi era uni­ta una chiesa di S. Giovanni Battista, nominata nelle antiche collazioni.

La chiesa parrocchiale, risalente, secondo i documen­ti, al secolo XIII, e rifatta nel Cinquecento e nell’Ot­tocento, ha una facciata caratterizzata da otto lesene (quattro nella parte superiore e altrettante in quella in­feriore) e da un interessante e vistoso timpano triango­lare, sormontato da tre cuspidi; l’interno, vasto e ar­monioso, è a navata unica, con due cappelle per lato: ognuna è ornata di ancone e paliotti: vi hanno lavorato noti scagliolisti carpigiani del Seicento: Annibaie Grif­foni, Giovan Marco Barzelli (autore di un paliotto in scagliola policroma), Gaspare Griffoni, al quale si de­vono due bei paliotti, ma il suo capolavoro è un grande «ciborio» a forma di tempio ottogonale a nicchie e cu­pola. Ricco è il patrimonio di arredi e suppellettili sa­cre.

Di notevole importanza, a Motta, è un complesso agricolo risalente al Settecento, sorto accanto ad un edificio padronale, che era residenza estiva dei Molza (oggi è la «Azienda fiorita di Durazzo»), Ricordiamo ancora la Casa Motta, oggi Casa Fratelli Galavotti, per un originale e «sinuoso frontone centrale di matrice ba­rocca, studiato per mascherare e ingentilire il corpo centrale della casa» (Antonella Manicardi).

Dei vari oratori, non dimentichiamo quello di S. Giuseppe, in via di Sotto, per la sapiente distribuzione di alcune parti architettoniche, come «due piccole aper­ture polilobate d’impronta settecentesca».

Tratto da: Enciclopedia Modenese

Autori: Giancarlo Silingardi – Alberto Barbieri

Il Segno dei Gabrielli Editori

Anno: 1999

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